mercoledì 9 dicembre 2009

Esercizio di fotografia: spezzatino con patate

La ricetta di oggi è un vero classico, sono certa che ognuno di voi l’abbia già preparata mille volte e abbia la propria versione dello spezzatino con le patate. In merito esistono diverse scuole di pensiero, divise essenzialmente in due correnti principali: quelli che “ci vuole il pomodoro” e quelli che “deve essere bianco”; e poi c’è chi usa vino bianco, chi vino rosso, chi non mette l’aglio..insomma a ciascuno il suo spezzatino.
Io ho scelto la ricetta che vedrete tra poco, tratta da questo sito di ricette garantite come tradizionali toscane; non mi intendo abbastanza di cucina toscana da potervelo confermare, ma posso dirvi che lo spezzatino era buono e le indicazioni di preparazione, benché semplici, assolutamente perfette.

Lo pubblico più che altro perchè, quando l’ho cucinato, ho deciso di cimentarmi in una specie di esercizio di fotografia, consistente nel rendere attraente la foto di una pietanza decisamente poco fotogenica, quale può essere uno spezzatino con il sugo! Che ne dite, ci sono riuscita? E per voi? Quali sono i piatti più difficili da fotografare?

spezzatino_s

Ingredienti (per 4 persone): 

800 g di polpa di vitello* a cubetti
500 g di pomodori pelati
2 spicchi d’aglio
1 carota
1 cipolla
1 costa di sedano
2 rametti di rosmarino fresco
1 bicchiere di vino rosso
brodo di carne q.b. (non so la dose, mezzo litro dovrebbe bastare, forse è anche troppo)*
olio, sale pepe
4 patate medie

* Paoletta suggerisce di usare manzo o vitellone (la parte del muscolo); io non posso che fidarmi, perchè di tagli di carne non me ne intendo, aggiungo solo che io ODIO la carne piena di nervature, quindi la scelta del taglio, che rimetto al mio macellaio di fiducia, è determinata dalla necessità che sia priva di nervetti!
** ho etichettato questa ricetta come gluten free; è evidente che per assicurarvi che sia tale, dovete preparare il brodo in casa, o sceglierne uno pronto che sia garantito come senza glutine.

Preparazione

Tritate finemente la carota, la cipolla ed il sedano. Mettete in un tegame (preferibilmente di coccio, altrimenti sceglietene uno dal fondo spesso) 4 cucchiai di olio insieme al trito di odori, al rosmarino e agli spicchi d’aglio. Fate soffriggere il tutto per un paio di minuti, quindi unite la carne. Rosolatela, girandola spesso, per almeno cinque minuti, fino a che risulterà ben dorata da tutti i lati. Bagnate con il vino rosso (di buona qualità, mi raccomando,e non troppo acidulo possibilmente; io ho usato del Pinot nero). Quando il vino sarà evaporato, aggiungete i pomorori pelati, salate e pepate. Appena avrà raggiunto il bollore, riducete la fiamma al minimo, coprite il recipiente e fate cuocere lentamente per circa un’ora e mezzo, bagnando con del brodo caldo se lo spezzatino dovesse asciugarsi troppo. Tenete conto che, quando unirete le patate, dovrete avere liquido sufficiente nella pentola per farle cuocere ben bene.
Trascorso il tempo indicato, aggiungete le patate pelate e tagliate a cubetti, e fate cuocere il tutto per un’altra mezz’ora. Lo spezzatino sarà pronto quando la carne risulterà tenerissima e le patate saranno morbide ma non ancora sfatte.
Servite accompagato con del buon pane casereccio. Io ho utilizzato uno stupendo pane nero di Castelvetrano (nel link trovate un  sito interamente dedicato a questo speciale prodotto, che ve ne racconterà la storia, la composizione e molto altro), famoso da queste parti per i suoi inconfondibili profumi e la sua rustica consistenza.

Si tratta di un pane preparato con una miscela di farina di grano duro siciliano, macinata in mulini a pietra naturale e farina della rara e preziosa "Tumminìa" (un grano raro e particolarissimo, altrove inesistente, particolarmente duro e a ciclo breve, detto anche "grano marzuolo". Caratteristica principale di questo prodotto sono le cariossidi scure e cristalline, dal sapore leggermente dolce e ricco degli aromi tipici di terre illuminate da un caldo sole per 12 mesi l'anno). I panificatori del paese lavorano questa miscela con acqua, sale di Trapani e lievito naturale (lu crescenti), ottenendo un pane compatto, con profumi ben evidenti e del tutto particolari, capace di conservarsi e addirittura migliorare col passare dei giorni. La cottura avviene ancora in forni tradizionali a pietra naturale, riscaldati con fronde di ulivo provenienti dalla potatura dell'ottimo e celeberrimo "cultivar" locale, la "Nocellara del Belice".

Una volta cotta, la forma della pagnotta, la "vastedda",o cuddura dalla forma particolare a zampa di bue (peri di voi), risulta tra il circolare e l'ovale, del peso solitamente di 1 Kg. (ma anche 500 e 1500 g.), con un diametro variabile dai 20 ai 30 cm. circa, altezza di 8 - 10 cm. e con la superficie di colore scuro come il caffè, parzialmente ricoperta da semi di sesamo. L'interno è di color scuro, con mollica morbida dal sapore dolce, molto gustoso, con profumi intensi e un leggero aroma di tostato. Da un pò di tempo grazie all'interessamento di Slow Food, che ne ha fatto uno dei cento e più presidi da salvare e tutelare, oltre che ad alcuni panificatori i quali si sono prodigati attraverso campagne di sensibilizzazione e degustazione varie presso fiere e mercati nazionali e internazionali, “il pane nero di Castelvetrano” è uscito dai confini della sua terra d’origine, per farsi conoscere anche altrove (ad esempio, al Salone del Gusto di Torino e a Vinitaly).

N.B. Giusto per non appropriarmi di conoscenze non del tutto mie, vi segnalo che tutte le info che vi ho dato, le trovate sul sito di cui vi ho parlato sopra, e precisamente in questa pagina.

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domenica 8 novembre 2009

Ricotta e pere

La torta ricotta l’ho assaggiata ad Amalfi (in una pasticceria, purtroppo, un tantino “turistica”) durante i tre fugaci giorni di vacanza che siamo riusciti a concederci quest’estate, e confesso che non mi aveva convinto. Decisamente troppo dolce. Le pere si sentivano appena, dovevi più che altro immaginarle, e il guscio era una sorta di frolla non troppo croccante. Nel complesso, il giudizio rasentava a stento la sufficienza. Se fossi riuscita a preparare per tempo un itinerario di viaggio (siamo partiti all’improvviso, senza prenotare nulla e senza sapere bene cosa visitare) sarei certo andata ad assaggiare la celeberrima versione di De Riso a Minori (il caso, per fortuna, mi ha condotta almeno alla deliziosa Pasticceria Pansa, in Piazza Duomo, dove mi sono goduta una colazione da principessa, con posate d’argento, servizio impeccabile e una sfogliatella -anzi, una “riccia” mi pare si dica- d’una bontà impareggiabile! Ma questa è un’altra storia…).

Ma allora non ne avevo nemmeno mai sentito parlare (lo so, sono piuttosto disinformata come food blogger!), sapevo solo quel che mi aveva detto il cameriere del bar, cioè che si trattava di un dolce tipico della costiera amalfitana, e che, personalmente, non mi aveva convinto. L’abbinamento, però, mi intrigava parecchio, così mi ripromisi di farne una mia versione alla prima occasione utile.

Domenica scorsa, pensando ad un dolce che potesse piacere alla mia famiglia, sono approdata, quasi per caso, a questa torta. Volevo un dolce elegante, ma di facile realizzazione (lunga, magari, ma facile); avevo in mente le pere, inizialmente con il cioccolato, ma non trovavo una torta che mi soddisfacesse o che non avessi già fatto in precedenza. Poi ho pensato alla ricotta e mi è venuta in mente la torta di Amalfi. Cercando una ricetta da cui partire, come al solito, ne ho trovate decine (Cookaround, Gennarino, La Ciliegina sulla Torta..solo per citare quelle che ho aperto), anche molto diverse tra loro, e ho scoperto che si trattava di un dolce molto famoso. Escluse immediatamente le versioni con la meringa, francese mi pare, e la “massa giapponese” (ma cosa è??? Ho proprio tanto da imparare ancora!), così come quelle con la frolla, ho preso la ricetta di Tuki e poi l’ho modificata un po’, cercando di creare una mia versione della “ricotta e pere”. Eccola qui.

ricotta e pere_s

Ingredienti: 

Per la pasta biscuit

75 g di farina 00
10 g di farina di mandorle
15 g di cacao amaro in polvere di ottima qualità 
3 uova
2 tuorli (tre uova intere sono sufficienti)
100 g di zucchero
50 g di burro fuso
1 pizzico di sale

Per la farcia alla ricotta

500 g di ricotta di pecora freschissima
200 g di panna fresca
160 g di zucchero
1 baccello di vaniglia

Per la bagna

100 g di acqua
50 g di zucchero
50 g di grappa (non avendo a disposizione il distillato di pere)

Per la farcia alle pere

2 pere medie sode ma dolci (dovrete ottenere circa 400 g di polpa)
50 g di zucchero
10 g di grappa
1 limone
2 cucchiaini di amido di mais

Per decorare

mezza pera
sciroppo di zucchero
zucchero a velo

Preparazione:

Mettete la ricotta a sgocciolare in un colapasta e iniziate a preparare la pasta biscotto. Preriscaldate il forno a 190°-200°. Montate con la planetaria o le fruste elettriche le uova (la mia ricetta ne prevede 3 intere più due tuorli, ma l’ho fatta spesso anche con sole tre uova intere e viene benissimo) con lo zucchero per almeno dieci minuti, fino ad ottenere una massa estremamente gonfia e densa. Sollevando le fruste, il composto dovrà “scrivere”, ossia depositarsi sulla superficie in “nastri” che tarderanno ad affondare. Setacciate insieme la farina, il cacao e la farina di mandorle, quindi aggiungetele lentamente e molto delicatamente alle uova montate. Unite infine il burro, in precedenza sciolto su fuoco bassissimo e raffreddato. Stendete con una spatola l’impasto su due placche ricoperte di carta forno oppure in due teglie da 22 cm di diametro (insomma, per farla breve, dovrete ottenere 2 dischi da 22 cm di diametro) e cuocete in forno già caldo per circa 8 minuti. Non perdete d’occhio il forno, la pasta non deve assolutamente diventare croccante. Se avete usate come me le placche, ricavate dalla pasta 2 dischi da 22 cm di diametro.

Preparate la crema di ricotta. Montate la panna ben soda in una ciotola fredda. Adesso, con la planetaria, o con una frusta elettrica a nastro, montate per circa 5 minuti la ricotta con lo zucchero ed i semi del baccello di vaniglia. Unitevi la panna, amalgamando delicatamente dal basso verso l’alto. Mettete la crema in una ciotola, copritela con pellicola e mettetela in frigo mentre preparate la bagna e la farcia alle pere.

Lavate, sbucciate le pere e riducetele a dadini piuttosto piccoli. Mettetele in una padella antiaderente con lo zucchero, la scorza ed il succo del limone. Fatele saltare su fuoco medio per circa 5-10 minuti. Quando saranno morbide ma non sfatte, aggiungete l’amido di mais, mescolando con un cucchaio di legno e cuocete per altri tre minuti. Dovrete ottenere un composto piuttosto denso, quindi, se occorre, aggiungete un altro pizzico di amido di mais. Unite, infine, la grappa e togliete dal fuoco. Trasferitele in un piatto fondo o in una ciotola e fatele raffreddare.

Preparate la bagna. Mettete in un pentolino l’acqua e lo zucchero, portate a bollore e fate bollire per trenta secondi circa. Fate raffreddare. Quando sarà quasi fredda, unite la grappa.

Adesso montate il dolce. Prendete un cerchio da pasticceria e adagiatelo sul piatto da portata. Rivestitelo di carta forno o di acetato. Disponete sul fondo uno dei dischi di pasta bisquit e spennellatelo con la bagna. Riempite con metà della farcia alla ricotta, quindi unite le pere e coprite con la restante crema di ricotta livellandola bene. Spruzzate con la bagna uno dei lati del secondo disco di pasta bisquit, quindi adagiatelo sulla crema, poggiandovi il lato bagnato. Premete leggermente. Mettete la torta in frigo per almeno quattro ore.

Per la decorazione, sciroppate una pera cuocendola in uno sciroppo di acqua, zucchero e limone (ho fatto ad occhio, non so le dosi) per circa dieci minuti.

Al momendo di servire il dolce, spolverizzatelo con abbondante zucchero a velo (il mio era quasi finito ed, infatti, sui bordi lo strato non è così spesso come avrei voluto), eliminate il cerchio da pasticceria e la carta forno e decorate con la pera sciroppata.

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sabato 31 ottobre 2009

Ancora una pasta di Filippo La Mantia

Il post che vedrete tra poco l’ho scritto verso la fine di giugno, prima che iniziasse la mia blog-crisi. Quando l’ho scritto ero particolarmente entusiasta di questa ricetta e non vedevo l’ora di condividerla con voi. Poi varie vicende mi hanno allontanata dal blog e questa ricetta si era persa nel mio archivio. Oggi l’ho ritrovata per caso (mentre cercavo di decidere cosa preparare domani a pranzo alla mia famiglia, cercando appunto qualcosa di sfizioso ma non troppo elaborato) e ho deciso di pubblicarla così come l’avevo scritta mesi fa. Spero che l’entusiasmo che la pervade sia di buon auspicio per la mia futura attività di food blogger e, più in generale, per tutto il resto.
Lasciatemi soltanto ripetere quanto vi sono grata per tutti gli affettuosi commenti che avete lasciato in questi giorni.

Lo so, mi sono fissata. Ma che ci volete fare. Noi food-bloggers siamo fatti così. Ci fissiamo. Per uno chef, per una ricetta, per un aggeggino di cui non possiamo fare a meno…insomma andiamo a manie più o meno prolungate.

E i primi piatti di (o liberamente ispirati da) Filippo La Mantia sono diventati la mia nuova ossessione. In più, le sue ricette mi permettono sempre di stupire con un minimo sforzo.

Tornando alla ricetta. Che il limone e l’arancia nella pasta stessero benissimo, lo avevamo capito già con il pesto di agrumi. Che a me i capperi (anzi per la precisione capperetti) di Pantelleria piacciano un po’ ovunque mi pare che fosse abbastanza chiaro. Lo stesso vale per i pistacchi di Bronte. Che io debba mettere sempre il mio zampino nelle ricette dello chef l’avevate pure notato.

Non vi stupirà, dunque, sapere che questa ricetta mi abbia conquistato a prima vista; né che io abbia deciso di aggiungervi un mio tocco personale in corso d’opera; nè, infine, che sia balzata nella mia personale top ten delle paste estive al primo assaggio.

Di conseguenza, eccovi l’ennesima pasta siciliana che più siciliana non si può, che coniuga alcuni dei migliori sapori di questa terra (pistacchi di Bronte, arance, capperi di Pantelleria):  spaghetti con capperi, pistacchi e pangrattato”.

pasta_pistacchi_lamantia_s

Ingredienti:

200 g di spaghetti
una manciata (50 g circa) di capperi di Pantelleria sotto sale
100 g di pistacchi sgusciati, pelati e tritati
100 g di pinoli (decisamente meno direi)
3 cucchiai colmi di pangrattato
1 arancia
1 limone
50 g di passolina (uva passa, il tipo piccolo e scuro)
4 acciughe sott’olio
un pezzetto di peperoncino secco

Preparazione:

Anche questa è un primo che si prepara in dieci minuti, giusto il tempo di cuocere la pasta.

Tostate in un padellino antiaderente i pinoli finchè non saranno dorati e sprigioneranno il loro peculiare profumo; mi raccomando, sorvegliateli attentamente al fine di non bruciarli. Metteteli da parte e nello stesso padellino (mica è obbligatorio, è solo per sporcare meno utensili possibile!) tostate il pangrattato con un filo d’olio d’oliva, mescolandolo continuamente.

Cuocete la pasta in abbondante acqua bollente salata. Nel frattempo, in una padella versate un filo d’olio d’oliva, scaldatelo su fuoco basso e scioglieteci le acciughe; unite i capperi sciacquati molto velocemente per eliminare il sale in eccesso, i pinoli e l’uvetta. Fate saltare un paio di minuti, quindi aggiungete la granella di pistacchi, la scorza degli agrumi e parte del loro succo; se necessario aggiungete un po’ d’acqua di cottura della pasta. Dovrete ottenere un condimento piuttosto cremoso. Non fate cuocere a lungo dopo aver aggiunto gli agrumi, giusto qualche istante, poi spegnete il fuoco e coprite la padella  per tenere in caldo.

Scolate la pasta al dente (conservate un po’ d’acqua di cottura) e mettetela nella padella con il condimento, unite, se occorre, dell’acqua di cottura e fate saltare per qualche minuto. Cospargete con il pangrattato tostato e servite immediatamente.

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venerdì 23 ottobre 2009

Tatin di pomodorini

Questo è uno dei piatti che ho preparato l’altra settimana e che ho replicato il giorno dopo la cena per poterlo fotografare.
I primi giorni dopo aver pubblicato la ricetta sono stati favolosi, ero piena di euforia, i vostri commenti mi riempivano di gioia. Purtroppo quello stato d’animo non è durato a lungo, l’ispirazione è di nuovo sparita, guardo le foto che ho pubblicato e mi sembra che le abbia fatte un’altra persona! Uff… E se, per avventura, mi capita di cucinare qualcosa (dopo essermi intristita ammirando i vostri blog, che mi sembrano tutti bellissimi, prolifici ed originali…), non mi va di fotografare, non corro più a preparare il set e a regolare la macchina fotografica… Insomma, la mia crisi, anzi la mia blog-crisi, prosegue.
Ma io non demordo ed infatti eccomi qui a pubblicare questa ricetta, e a cucinare una torta (vista da Adrenalina) che, forse, riuscirò ad immortalare. Perchè io amo questo blog e amo cucinare e non permetterò ad un brutto periodo di allontanarmi da una mia passione e di mandare a monte tutto il lavoro di due anni (si, perchè nel frattempo mi è sfuggito il secondo comple-blog…)!

Ma torniamo alla tatin. E’ una ricetta semplice e geniale, me ne sono innamorata subito! L’ho vista da  Lenny esattamente qui e poi mi sono ricordata di avere il libro da cui è tratta (Al pomodoro, Luxury Books). Io ho modificato la ricetta sia rispetto all’originale, sia rispetto a quella di Lenny. Devo confessare che la sua è decisamente più bella e fotogenica della mia, ma a livello di gusto, pur non avendo assaggiato la sua, credo di preferire la mia versione, che, prevedendo una cottura separata dei pomodorini, li rende deliziosi e quasi caramellati…come i pomodorini confit che tutti voi conoscerete, con l’unico inconveniente di alterarne il colore naturale. Ma andiamo alla ricetta.

tatin_s

Ingredienti:

per la pasta brisè

200 g di farina
100 g di burro
un cucchiaino di sale
4 cucchiai di acqua freddissima

per il ripieno

400 g (circa) di pomodorini
50 g di provola dolce tagliata sottilissima

olio, sale, pepe e origano

Preparazione:

Preparate la pasta. Mettete in una ciotola (o nell’impastatrice) la farina setacciata, il sale ed il burro freddo tagliato a cubetti. Lavorate con la punta delle dita, strofinando il pollice con indice e medio con un movimento analogo a quello che si compie per mimare “i soldi”, fino ad ottenere un composto bricioloso (in alternativa, azionate l’impastatrice, velocità 1, frusta a k per il Ken). A questo punto, aggiungete l’acqua ghiacciata un cucchiaio alla volta e lavorate fino ad ottenere una pasta soda. La quantità d’acqua può variare, ma non esagerate, dovete usarne appena il necessario per far compattare l’impasto. Avvolgete la pasta nella pellicola e ponetela in frigorifero per due ore.

Nel frattempo, preriscaldate il forno a 160°. Lavate bene i pomodorini e tagliateli a metà. Disponeteli uno accanto all’altro in una teglia da crostata ricoperta di carta forno, ponendo la parte bombata verso il basso (dovrete in pratica vedere la parte con i semini). Spennellateli con un’emulsione di olio, sale, pepe ed origano o timo (o basilico, se vi aggrada) e metteteli in forno a 160° per un’ora. Trascorso questo tempo, settate il forno in modalità ventilata e fate cuocere per altri 10-15 minuti, controllandoli spesso per evitare che si brucino o si scuriscano troppo.

Sfornateli e lasciateli raffreddare senza toglierli dalla teglia.

Tagliate il formaggio a fettine sottilissime e disponetele sopra i pomodorini.

Accendete adesso il forno a 200°. Stendete la pasta in un disco sufficientemente grande da ricoprire la teglia sbordando un po’ fuori. Bucherellatela con i rebbi di una forchetta, quindi adagiatela sopra i pomodorini ormai tiepidi e coperti dalle fette di formaggio; “rimboccate” la pasta in eccesso verso sotto, cioè verso il fondo della teglia. Adesso premete molto leggermente con le dita la pasta, per farla aderire un po’ al ripieno sottostante, quindi bucherellatela ancora facendo estrema attenzione a non romperla.

Infornatela per circa dieci minuti, poi portate il forno in modalità ventilata e cuocete ancora per cinque-dieci minuti. La pasta dovrà apparire croccante e dorata.

Lasciatela intiepidire, poi capovolgetela su un piatto da portata e staccate con estrema delicatezza la carta forno (il formaggio tenderà a restarvi attaccato, aiutatevi eventualmente a staccarlo con una spatola). Cospargete con un’ultima spolverata di origano.

Servite tiepida o fredda.

La pasta viene meravigliosamente croccante e leggermente sfogliata…non so se dipende dalla cottura, ma è la prima volta che una pasta brisè mi riesce così bene!

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domenica 11 ottobre 2009

The show must go on…?

Ieri ho cucinato. Ho cucinato davvero, per la prima volta da mesi. Ho radunato pochi, cari, amici e ho preparato per loro qualcosa di speciale. Beh, magari nemmeno tanto speciale, ma qualcosa di nuovo per me, qualcosa di mai provato prima. E ho messo dei nuovi piatti e una bella tovaglia ricamata. E ho passato tutto un pomeriggio ai fornelli. Felice. E abbiamo brindato per questo.

Alla fine non ho fotografato nulla, non ne avevo voglia, non ero sicura di voler condividere con voi quella cena, non ero sicura di voler tornare alla mia “vita da blogger”, ed in ogni caso, mi sembrava fosse tutto già visto, già provato, già pubblicato. Non abbastanza importante insomma.

E invece forse lo era. Perchè oggi ho di nuovo addosso il mio grembiule (di Minnie, regalo di mia cognata S.) e sto cucinando. Uno dei piatti di ieri, perchè mi è venuta voglia di fotografarlo, e chi se ne importa se lo avete già visto. E dei biscotti. Questi ultimi solo per me, però, perchè li ho già pubblicati, anzi sono tra i primi biscotti che abbia pubblicato.

Significa che tornerò a curare il mio blog? Non lo so. Ma significa, di certo, che si è mosso qualcosa dentro di me. Che sono tornata a dedicarmi a qualcosa che amo. Che ho di nuovo voglia di cucinare per me, per il mio amore, per i miei amici. E questo è bene.

Io associo la cucina alla felicità, in un duplice senso. Perchè cucinare mi rende felice, ma anche perchè devo essere felice PER cucinare, felice DI cucinare. Certo, mettere “le mani in pasta” può avere anche un effetto catartico, può aiutarmi a scacciare un malumore passeggero. Ma se l’inquietudine che mi affligge ha radici profonde, allora cucinare non basta, e neppure mi interessa. O almeno, ultimamente è andata così.

Quindi oggi festeggio questo ritorno ai fornelli, sperando che sia un nuovo inizio.

E festeggio proponendovi una vecchia ricetta, rimasta nel mio archivio per mesi, in attesa.

Un tortino di alici, patate e pomodori. La ricetta è di Giallozafferano.

tortino_alici_patate_pomodori_s

Ingredienti:

Le dosi non sono proprio precise, dopo tanto tempo non ricordo più le quantità, perciò mi rifaccio a quelle della ricetta originale.

20 alici o sarde freschissime
300 g (o 500?) di patate
500 g di pomodori ramati maturi ma sodi
olio, sale, pepe
origano
4 cucchiai colmi di pangrattato (non presente nella ricetta originale)

Preparazione:

Che strano…quasi non ricordo più come si descrive una ricetta, una preparazione…spero mi perdonerete se non sarò chiara come al solito!

Lavate le patate, mettetele in un tegame pieno di acqua fredda con un paio di cucchiai di sale grosso e fatele bollire per circa  20 minuti; le patate dovranno essere cotte ma ancora sode, per poterle affettare senza che si spappolino. Nel frattempo lavate e pulite le alici. Togliete la testa, apritele lungo il ventre, eliminate la lisca centrale senza dividerle a metà e tamponatele con un po’ di carta assorbente.

Scolate le patate e lasciatele intiepidire, quindi sbucciatele (la ricetta originale lasciava la buccia, io ho preferito toglierla) e tagliatele a fette spesse circa mezzo centimetro. Tagliate allo stesso modo anche i pomodori e lasciateli scolare per un po’ in modo da eliminare il liquido in eccesso.

Tostate il pangrattato con un filo d’olio in un padellino antiaderente. Deve essere dorato ma morbido, non secco.

Preriscaldate il forno a 180°. Prendete una pirofila rettangolare o 4 piccole pirofile individuali (il che vi consentirà una più elegante presentazione) ed ungete il fondo con un filo d’olio d’oliva.

Componete il tortino, partendo con uno strato di patate, seguito da  uno di alici, con la pelle rivolta verso l’alto, ed uno di pomodori; cospargete il tutto con un po’ di pangrattato, salate, aggiungete un filo d’olio, una spolverata di origano e proseguite con un altro strato, mettendo gli ingredienti nello stesso ordine. Terminate con i pomodori, che cospargerete con il resto del pangrattato.

Infornate il tortino per circa 30-40 minuti. Sfornatelo, lasciatelo intiepidire e servitelo. Può fungere da antipasto per 4 persone, oppure da piatto unico per due, accompagnato con una fresca insalata mista.

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sabato 18 luglio 2009

La mia focaccia quasi pugliese

In principio fu la focaccia pugliese di Paoletta. L’avevo adocchiata da settimane ed aspettavo l’occasione giusta per prepararla. Una domenica, finalmente, avendo tutto il pomeriggio libero, mi vien voglia di mettermi ad impastare e prendo la ricetta. Orrore! Non ho abbastanza farina 0! E neppure tanta farina 00 da poterle miscelare al 50%.

Che fare? Decido di provare a prepararla ugualmente, pur sapendo di rischiare, dato che ogni tipo di farina ha una diversa capacità di assorbimento.

Nella mia cucina ci saranno stati trenta gradi…va bene che i lievitati amano il tepore, ma in quel caso era davvero troppo! Insomma, diciamo che la situazione non prometteva bene…mi aspettavo un fallimento completo. Ma sapete com’è…quando uno si mette in testa una cosa non c’è verso di cambiare idea.

Quindi, ho preparato tutti gli ingredienti, cambiando le farine utilizzate e la loro proporzione. I liquidi li ho messi in un boccale graduato, in modo da poterli aggiungere poco per volta e sapere alla fine quanti ne avessi utilizzati esattamente. Per il procedimento, invece, mi sono affidata completamente alla ricetta di Paoletta.

Ho Cominciato ad impastare e…beh il resto lo leggerete nella preparazione. Intanto, vi mostro com’è venuta!

focaccia_chiara_s

Poiché ero particolarmente orgogliosa del risultato, ho fatto un sacco di foto! Eccone un’altra della focaccia dopo la cottura, mentre in fondo alla ricetta troverete una foto scattata prima di infornarla, in cui si vedono bene le bolle!

focaccia_2_s 

Ingredienti:

300 g di farina 0
250 g di farina 00
150 g di semola di grano duro
400-450 g di acqua (circa)
50 g di olio extravergine di oliva
18 g di sale
15 g di lievito di birra fresco
1 cucchiaino di miele
2 cucchiai colmi di fiocchi di patate
fiordisale (o sale grosso)
pomodorini di pachino
rosmarino fresco (o origano)

Preparazione:

Intiepidite un po’ dell’acqua presa dal totale e sciglieteci il lievito insieme al cucchiaino di miele. Lasciate riposare qualche minuto, mentre preparate gli altri ingredienti.

Mescolate le farine tra loro. Prelevate qualche cucchiaiata e tenetela da parte. Mettete le farine (tranne le cucchiaiate messe da parte) e i fiocchi di patate nella ciotola dell’impastatrice, mettete anche il sale, badando che non venga a contatto con il lievito. Aggiungete il lievito sciolto nell’acqua ed avviate la macchina a bassa velocità; lavorate aggiungendo gradualmente la restante acqua, considerando che l’impasto deve risultare piuttosto idratato. Quando l’impasto avrà preso forma e sarà già un po’ elastico, unite l’olio, seguito dalla farina che avevate tenuto da parte, aggiunta poco per volta. Lavorate molto a lungo, aumentando la velocità e poi riducendola nuovamente, finchè l’impasto sarà lucido e, tirandolo, apparirà molto elastico (ossia, sarà “incordato”).

Nel mio caso, dato il gran caldo, dopo circa un quarto d’ora la pasta dentro la ciotola del Ken mi sembrava decisamente troppo “accaldata”, continuava ad essere parecchio appiccicosa e temevo che fosse un cattivo segno, però non volevo aggiungere altra farina, così ho deciso di continuare la lavorazione a mano…idea non felicissima, perchè è un’impasto decisamente morbido! L’ho rovesciata sulla spianatoia appena spolverata di semola e ho ripreso a lavorarla energicamente, con le mani ben infarinate, tirandola, torcendola e sbattendola fino a completa incordatura.

Dopo la lavorazione, mettete la pasta a lievitare dentro una grande ciotola coperta di pellicola, in un luogo tiepido e riparato da correnti d’aria (di solito la metto nel forno con la luce accesa, ma dato il caldo straordinario che favceva, l’ho semplicemente lasciata in un angolo della cucina). Attendete che l’impasto sia quasi triplicato. In estate basterà circa un’ora e mezza.

Rovesciate l’impasto sulla spianatoia infarinata e fate le pieghe del primo tipo come illustrato nel post di Paoletta.

Lasciate lievitare l’impasto ancora una trentina di minuti, coperto da un panno umido. Trascorso questo tempo, predente l’impasto con le mani ben unte di olio e stendetelo, senza schiacciarlo troppo e senza bucare le bolle d’aria che si saranno formate, in una teglia rettangolare grande (o due rotonde), preferibilmente di ferro. Affondate i pomodorini tagliati a metà nella pasta, cospargete di sale grosso (io ho usato del fiordisale) e di rametti di rosmarino fresco (lo preferisco all’origano della ricetta tradizionale), ungetela ancora di olio, massaggiandola con le mani, e lasciate lievitare ancora 20 minuti circa.

Nel frattempo preriscaldate il forno a 250°. Infornate per circa 20 minuti, o fino a completa doratura. Nel mio forno stentava a diventare ben croccante, specie nella parte inferiore, quindi dopo quindici minuti ho azionato la modalità ventilata, abbassando la temperatura a 190°-200° e cotto per altri dieci minuti.

Credo che alla fine la mia focaccia sia risultata meno idratata e più “rustica” di quella di Paoletta, a causa della maggior quantità di semola, ma è lievitata in modo straordinario, era estremamente soffice dentro e croccante fuori e poi….beh, direi che le bolle che si vedono significhino che è riuscita bene, no?

Ecco la mia focaccia prima di essere infornata, con messa a fuoco della bolla!

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venerdì 3 luglio 2009

W l’Italia! Ovvero la piadina tricolore con pesto genovese per UTDZ

Adesso non siate pignoli, lo so che la mia piadina non è proprio tricolore, perchè il verde del pesto si intravede appena e in primo piano campeggia una melanzana scura che rovina il mio tricolore edibile…la melanzana non voleva saperne di stare nascosta all’interno e, di contro, non riuscivo a mettere il pesto in primo piano senza “sporcare” gli altri ingredienti, rovinando irrimediabilmente la foto!

Ma torniamo alla ricetta.

Sandra, la padrona di casa di Un Tocco di Zenzero, ha lanciato, con il patrocinio del Sig. Rossi (avrete sentito parlare di Palatifini), un divertentissimo contest estivo, intitolato “Più pesto per tutti!” (vedte il bannerino nella barra laterale), avente come tema ricette che utilizzassero il pesto genovese tradizionale in modi insoliti.

Già da qualche giorno stavo pensando di preparare una ricetta che coniugasse insieme sapori provenienti da diverse zone di Italia, un piatto estivo e goloso che potesse esaltare i tanti gioielli gastronomici che la nostra terra ci offre. L’idea lanciata da Sandra, di utilizzare il pesto genovese in modo insolito si sposava perfettamente con il mio intento e quindi ho deciso di aggiungere alla lista degli ingredienti della mia ricetta il pesto genovese tradizionale (qui da Fiordisale potete trovare la ricetta originale depositata presso la Camera di Commercio di Genova!).

Questo è il risultato. Una piadina romagnola, farcita con melanzane fritte siciliane, mozzarella di bufala campana DOP, pomodori cuore di bue (siciliani anche quelli nel mio caso, ma in realtà originari della Liguria e coltivati anche in Toscana, Sardegna e Sicilia), e pesto genovese tradizionale. Che dire se non…W l’Italia??

Piadina_s

Ingredienti (per 4-5 piadine):

250 g di farina 00 (ne ho dovuta aggiungere un po’)
120 g di acqua tiepida
1 cucchiaino di lievito per torte salate
40 g di strutto
1 cucchiaio di olio e.v.o.
mezzo cucchiaino di sale
mezzo cucchiaino di miele

1 mozzarella di bufala campana DOP
1 melanzana nera
1 o 2 pomodori “cuore di bue”
4 cucchiai di pesto genovese tradizionale (
qui la ricetta)
qualche fogliolina di basilico fresco per decorare

Preparazione:

Preparate prima tutti i condimenti, perchè le piadine si fanno davvero in pochissimi minuti!

Tagliate a fette sottili la melanzana nel senso della lunghezza (dopo averla ben lavata, c’è bisogno di dirlo???), senza sbucciarla. Salatela leggermente e lasciatela a scolare in un colapasta per una ventina di minuti. Trascorso questo tempo, stendete le fette sopra un canovaccio o sopra della carta da cucina, per asciugarle, quindi friggetele in abbondante olio ben caldo. Scolate le fette dall’olio in eccesso e lasciatele raffreddare.

Tagliate la mozzarella a fette regolari. Fate lo stesso con i pomodori, eliminando i semi in eccesso (io li ho anche parzialmente spellati – e non è stato facile – per problemi di intolleranza alle fibre, ma ve lo sconsiglio…), quindi lasciate scolare anche questi per un po’.

Preparate le piadine. Mescolate la farina con il sale, unite il cucchiaino di lievito, il miele e l’olio, quindi aggiungete poco per volta l’acqua. Quando il composto sarà quasi compatto, unite lo strutto e lavorate fino ad ottenere una pasta omogenea, morbida ma soda allo stesso tempo. Se usate un’impastatrice, ci metterete un paio di minuti, a mano forse un po’ di più.

Dividete la pasta in 4 o 5 parti uguali e sendetele con il mattarello fino ad uno spessore di 3-4 millimetri. Scaldate una padella antiaderente o, nel mio caso, una crêpière breton, e cuocete la piadina un paio di minuti per lato, bucherellando le bolle che si formeranno con i rebbi di una forchetta.

Farcite le piadine mettendo al centro una fetta di melanzana, adagiandovi sopra un paio di fette di mozzarella, poi altrettante di pomodoro, in modo che occupino interamente uno dei diametri della vostra piadina (nel mio caso quello verticale), e terminando con una cucchiaiata di pesto, che potete spalmare sulla piadina o far scivolare sopra il pomodoro. Piegate uno dei lati liberi della piadina verso il centro e sovrapponete l’altro, ottenendo una specie di “panino”.

Sulla farcitura della piadina ho avuto dei dubbi: non conoscendo la piadina tradizionale, non sapevo come dovesse essere piegata, se a metà (a forma di mezzaluna in pratica), oppure in tre parti. Io l’ho piegata in tre. Ho sbagliato???

La ricetta di piadine l’ho trovata grazie ad Adrenalina, che tempo fa aveva preparato le piadine (con un’altra ricetta) facendoci scoprire quanto fossero facili e veloci. Avevo provato la sua ricetta, ma non mi aveva convinta del tutto, le piade raffreddando assumevano una consistenza troppo “biscottata”, così mi sono messa a cercare qui e là, ne ho provate altre due e alla fine ho scovato questa qui, che trovo ottima (pur ignorando la consistenza ideale delle vere piadine…quindi non so quanto valga la mia opinione!).

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lunedì 22 giugno 2009

Pasta con pomodorini secchi, mandorle, menta e origano (di Filippo La Mantia)

Come vi avevo anticipato nel post sul cous cous al pesto di agrumi, sono tornata ad attingere al bellissimo sito dello chef Filippo La Mantia, le cui ricette così semplici eppure particolari mi hanno definitivamente conquistata.

Stavolta, poi, avevo un motivo in più per sperimentare una delle sue ricette. Dovete, infatti, sapere che lo Chef La Mantia, avendo notato la mia foto e la mia versione della sua ricetta sul famigerato aggregatore (“rotto”) del quale parlavamo qualche giorno fa (qui), ha lasciato un commento complimentandosi per la realizzazione.
Potete figurarvi il mio disappunto quando ho realizzato che lui non poteva sapere che fossi io l’autrice di quella foto e di quella preparazione! E, tuttavia, potete ben comprendere quanto sia stata orgogliosa di ricevere (sia pur inconsapevolmente) i suoi complimenti! Così non ho resistito e gli ho chiarito la questione con una mail, alla quale lo chef ha gentilmente risposto, esortandomi a continuare ad utilizzare ed interpretare liberamente le sue ricette (grazie Maestro!!).

Ed io non me lo sono fatta ripetere due volte!! Anche perché trovo che i suoi primi siano così facili e veloci da realizzare, così ricchi dei sapori e dei profumi della nostra Sicilia, così tradizionali eppure sorprendenti, da essere perfetti per ogni occasione, dal pranzo veloce alla cenetta tra amici.

Con una pasta come questa, ad esempio, con pochissima fatica riuscirete a sorprendere i vostri ospiti!

pasta_la_mantia2s

Questa volta mi sono attenuta alla ricetta dello chef, tranne per un particolare: ho sostituito il caciocavallo ragusano con della semplice “mollica atturrata” (leggasi pangrattato tostato). Pensavo che avrebbe legato insieme tutti gli ingredienti esaltandone il sapore, ragalando al piatto un gusto più morbido e meno aggressivo di quello che avrebbe avuto se avessi usato il ragusano. E non mi sbagliavo.
D’altro canto, il pangrattato tostato (o “mollica atturrata”) è un ingrediente fortemente radicato nella nostra tradizione gastronomica, utilizzato spesso anche dallo stesso Filippo La Mantia (aspettate di vedere la mia/sua prossima pasta!).

A voi suggerisco di provare entrambe le versioni. Anzi, che ne dite, poi, di farmi sapere quale preferite?

Ingredienti (per 2 persone di buon appetito):

200 g di “reginelle” (linguine, nella proposta dello chef)
10 pomodorini secchi sott’olio (i miei giunti direttamente da Pantelleria)
50 g di mandorle spellate
un mazzetto di menta fresca
il succo e la scorza di un limone
una generosa presa di origano
3 cucchiai colmi di pangrattato
(caciocavallo ragusano, secondo la ricetta originale)
olio, sale e pepe

Preparazione:

Lo chef suggeriva di tritare tutti gli ingredienti e metterli in una casseruola con un filo di olio buono. Io ho preferito creare una sorta di “pesto”.

Tagliate a pezzetti i pomodorini secchi. Lavate la menta e pestatela nel mortaio (potete anche usare un frullatore…) insieme a due terzi delle mandorle e ad un filo d’olio extravergine di oliva che aggiungerete man mano. Quando il composto inizierà a diventare omogeneo, unite la scorza ed il succo del limone e un paio di cucchiai dell’acqua di cottura della pasta (che, frattanto, avrete cominciato a cuocere in acqua bollente salata!). Otterrete una salsina piuttosto densa e profumata di menta. Tritate grossolanamente le restanti mandorle. In un padellino antiaderente, mettete il pangrattato con un filo d’olio e tostatelo su fiamma bassa, mescolando continuamente con un cucchiaio di legno, finchè assumerà un colore oro scuro.

Un paio di minuti prima del termine della cottura della pasta (che scolerete al dente), ponete sul fuoco una capace padella, versatevi un po’ d’olio, i pomodori secchi, le mandorle a pezzetti, una presa di origano e la salsina di menta, mandorle e limone. Rosolate brevemente e regolate di sale e pepe. Scolate la pasta e saltatela nella padella con il condimento. Spegnete la fiamma ed unite il pangrattato tostato e, a piacere, un altro po’ di succo di limone. Servite immediatamente.

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domenica 14 giugno 2009

Torta allo yogurt

Due posts a distanza di pochissimi giorni…incredibile eh? So che avevo appena pubblicato la millefoglie al cioccolato, e magari molti di voi non l’hanno ancora vista, ma avevo troppa voglia di pubblicare questa ricetta!

Vi ricordate la torta allo yogurt della C…., la celebre marca di preparati per torte “in scatola”? Io l’avevo sempre guardata con un certo desiderio, ma in casa mia non sono mai entrati dolci preconfezionati quindi non l’avevo mai assaggiata. E, a dirla tutta, sono terribilmente intollerante allo yogurt…ma questa è un’altra storia!

Dicevo, avevo sempre ammirato quella pubblicità e guardavo quella torta così fresca e colorata morendo dalla voglia di assaggiarla.

Stranamente, non avevo mai pensato di farmela da me…finchè non ho ricevuto, credo fosse venerdì, la newsletter di Giallozafferano con questa ricetta! Appena l’ho letta ho deciso di provarla, sono scappata al supermercato, ho comprato gli ingredienti che mi mancavano e mi sono precipitata a casa per mettermi all’opera. E’ davvero facile e divertente da preparare, non richiede l’uso del forno ed è anche buonissima!

Vi scrivo la mia versione della ricetta, ho apportato un paio di modifiche, ma proprio delle piccolezze. Se vi interessa l’originale la trovate sul sito Giallozafferano.

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Ingredienti:

Per la base

200 g di biscotti secchi (tipo Oro Saiwa)
20 g di corn flakes (anche di più se volete, conferiscono croccantezza alla base)
150 g di burro fuso
2 cucchiai di zucchero di canna

Per la crema

400 ml di yogurt bianco dolce (4 vasetti)
100 gr di philadelphia (aggiunta mia, in alternativa usate solo 500 ml di yogurt)
250 ml di panna fresca

4 cucchiai di latte
6 g (3 fogli) di colla di pesce

Per la copertura di fragole

100 ml di acqua 
6 g (3 fogli) di colla di pesce
500 g di fragoloni
2 cucchiai di succo di limone
90 g di zucchero

Per decorare

fragoline di bosco (o frutti di bosco)
qualche foglia di menta

Preparazione:

Mettete i biscotti e nel robot da cucina ed iniziate a sbriciolarli. Prima che siano del tutto ridotti in polvere unite i corn flakes ed azionate di nuovo l’apparecchio fino ad ottenere una polvere non troppo fine. Versatela in una ciotola ed unitevi lo zucchero di canna ed il burro fuso, amalgamando bene con un cucchiaio in modo che il burro si incorpori alla polvere di biscotti.

Imburrate una tortiera apribile e rivestitela di carta forno, mettendone un disco sul fondo e due strisce lungo i bordi. Versate il composto di biscotti nella tortiera e livellatelo con il dorso di un cucchiaio, facendo movimenti rotatori. Mettete la tortiera in frigo per una mezz’ora.

Nel frattempo, preparate la crema di yogurt. Prendete tre fogli di gelatina (o colla di pesce) ed immergeteli in una ciotolina piena di acqua fredda. Quando la gelatina avrà perso il suo aspetto vitreo e sarà morbida sotto le mani, scaldate il latte in un pentolino, ma fate ben attenzione a non farlo bollire perchè l’eccessivo calore rovinerebbe la gelatina. Scaldato il latte (ci vorranno pochi istanti essendo appena 4 cucchiai), togliete il pentolino dal fuoco, strizzate la gelatina ed unitela al latte caldo mescolando vigorosamente (meglio con una frusta) per farla sciogliere bene e non fare formare grumi. Adesso montate la panna finchè sarà ben soda. In un’altra ciotola, mescolate il philadelphia con lo yogurt, servendovi di una frusta a mano. Abbiate cura di mescolare molto, per far amalgamare bene il formaggio, che risultà più consistente dello yogurt. Unite al composto la panna montata, mescolando delicatamente per non smontarla, ed infine la colla di pesce precedentemente sciolta nel latte ed ormai tiepida (se la fate raffreddare troppo risulterà difficile amalgamarla bene al composto perchè sarà diventata troppo consistente).

Prendete la tortiera dal frigo e versate la crema sulla base di biscotto, livellandola bene e rimettete la tortiera in frigo per almeno due ore.

E mi raccomando, non abbiate fretta perchè se la crema non si rapprende, quando verserete la gelatina di fragole, questa, invece di posarvisi sopra, la bucherà rovinando l’aspetto della vostra torta!

Preparate la gelatina di fragole. Lavate i fragoloni e privateli del picciolo verde. Mettetele nel frullatore (o robot da cucina) con il succo di limone e 30 g di zucchero (meglio se usate lo zefiro). Frullate fino ad ottenere una crema liscia che, se vorrete, potrete passare al setaccio per eliminare i semini (io non l’ho fatto).

Ammollate come prima gli altri 3 fogli di colla di pesce in acqua fredda per dieci minuti circa. In un pentolino, versate i 100 ml di acqua e i restanti 60 g di zucchero. Ponete sul fuoco e fate sciogliere lo zucchero formando uno sciroppo. Anche in questo caso, fate molta attenzione a non farlo bollire. Se dovesse diventare troppo caldo, attendete che si raffreddi prima di unirvi la gelatina. Togliete il pentolino dal fuoco, strizzate la colla di pesce ed unitela allo sciroppo mescolando bene per farla sciogliere. Lasciate raffreddare lo sciroppo (in questo caso, essendovi più liquido, la gelatina non farà addensare eccessivamente il composto mentre si raffredda).

Infine, mescolate lo sciroppo con la salsa di fragole. Prendete la torta dal frigo ed accertatevi che la crema di yogurt sia diventata compatta. Se lo è, versatevi sopra, con molta delicatezza, la salsa di fragole. Rimettete lo stampo in frigo (lo so, sembra che ci voglia un sacco di tempo a preparare questo dolce, ma vi assicuro che i vari passaggi vi prenderanno pochi  minuti, l’unica scocciatura sono i tempi di raffreddamento!).

Al momento di servire la torta, aprite la cerniera e togliete delicatamente l’anello, quindi, aiutandovi con la carta forno, fate scivolare la torta sul piatto da portata e decoratela con qualche fragolina di bosco ed alcune foglie di menta.

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venerdì 12 giugno 2009

Millefoglie al cioccolato

AGGIORNAMENTO: mi hanno segnalato (per l’ennesima volta, e finalmente mi sono decisa ad andare a vedere…) un sito che COPIA INTEGRALMENTE IL MIO BLOG, affermando per giunta, del tutto falsamente, che “tutti gli articoli sono linkati ai loro originali”!! Hanno preso tutte le mie ricette, compresa questa, che avevo appena pubblicato. Il sito è “commenti-cibo” e i loro presunti link alla fonte, invece di rinviare all’autore degli articoli, cioè, almeno per quel che mi riguarda, al mio sito, Brodo di Giuggiole (http://moscerino.blogspot.com/), rinviano a se stessi!!

AGGIORNAMENTO 2: l'amministratore del sito Commenti-cibo ha risposto alle mie segnalazioni, ed ha già provveduto a rimuovere tutti i miei contenuti dal sito. Inoltre, per correttezza vi riferisco che secondo lo stesso amminsitratore, il mancato funzionamento dei link alla fonte era dovuto ad un malfunzionamento del sistema....

Adesso torniamo alla Millefoglie al cioccolato, ovvero….”la diplomatica africana”! Tranquilli…non sono impazzita. Solo che quando ho servito questo dolce è nata una discussione piuttosto insolita che ha condotto a dargli questo nome. E’ andata più o meno così.

Qualche tempo fa ho deciso di fare, per la prima volta, la pasta sfoglia in casa, per accontentare mio marito che aveva preso a ripetere, come un disco incantato: "mi fai la millefoglie, mi fai la millefoglie, mi fai la millefoglie"? “Al cioccolato magari, come quella che abbiamo mangiato a Parigi”!

Io tentavo di farlo smettere, osservando che ogni volta che lui mi aveva chiesto di preparargli un dolce assaggiato in pasticceria, era rimasto sempre più o meno deluso, perchè il risultato casalingo è inevitabilmente diverso dall’originale.
Tutto inutile. Non la smetteva.

E così, ho deciso di fare la pasta sfoglia in casa e con quella una millefoglie al cioccolato (ricetta di Sebastien Gaudard) vista in una raccolta di ricette al cioccolato ed analoga a quella assaggiata l’anno scorso a Parigi.

L'ho servita durante una cena con degli amici (un dolce così mica potevamo mangiarlo tutto noi!)ed uno ha detto: “Ah, hai fatto...come si chiama quel dolce con la pasta sfoglia?....Ah si, la diplomatica”. “Ma guarda che la vera diplomatica non ha la crema al cioccolato”, osserva mio marito. E l’altro, imperturbabile: “Va beh questa è una diplomatica...di colore! Anzi, una diplomatica africana!!!!”. E fu così che la mia millefoglie al cioccolato si trasformò in una “diplomatica africana”!

millefoglie copia

Ingredienti:

per la pasta sfoglia (ricetta tratta da Il Talismano della Felicità)

250 g di farina 00
5 cucchiai d’acqua
1 pizzico di sale

250 g di burro per sfogliare

per la crema al cioccolato e la composizione del dolce (ricetta di Sebastien Gaudard)

100 g di cioccolato fondente al 70%
375 ml di latte
1/2 stecca di vaniglia bourbon
75 g di zucchero semolato
5 tuorli
4 cucchiai rasi di amido di mais
40 g di burro
80 g di panna fresca (la ricetta prevedeva doppia panna)

50 g di zucchero semolato
40 g di zucchero a velo

Preparazione

Ovviamente, si comincia dalla pasta sfoglia. Ora, dovete sapere che ho rimandato la pubblicazione di questo post per settimane, perchè volevo spiegare per benino la preparazione della pasta sfoglia. Poi, come avrete notato, ho smesso di occuparmi del blog. Oggi, per la prima volta da settimane, ho deciso di cucinare qualcosa (che, forse, vedrete a breve) e di pubblicare una ricetta del mio archivio, ma non me la sento proprio di perdermi in una profusione di dettagli sulla preparazione della pasta sfoglia, perciò non me ne vogliate se vi rimando a questo utilissimo video passo passo che spiega il procedimento assai meglio di quanto potrei fare io! Uniche avvertenze: il video è in inglese, ma non vi preoccupate, si capiscono tutti i passaggi anche se non si conosce la lingua; inoltre, le dosi che io ho usato sono diverse, perchè ho voluto affidarmi ad una ricetta collaudata, quella del celeberrimo Talismano della Felicità di Ada Boni, regalatomi poco tempo fa dalla mia collega P.

La differenza più evidente tra le ricette, a mio parere, è l’assenza nella mia ricetta del burro nel “détrempe” (ossia nel primo impasto, all’interno del quale, si racchiude il burro), che porta ad un impasto leggermente più consistente e meno elastico da lavorare rispetto a quello che vedete nel video; in compenso però, la mia sfoglia in cottura si è sfogliata moooolto più della loro, è diventata altissima!

Terminata la preparazione della sfoglia, passate alla fase successiva. Stendete la pasta sfoglia molto molto sottile, fino ad uno spessore di 2 mm (io l’ho fatto a mano e non è stato facile, potreste forse provare ad usare una sfogliatrice per la pasta fresca, quella per fare le lasagne per intenderci). Lasciate la pasta intera in un unica sfoglia, o tagliatela in tre strisce di circa 24 x 8 cm. Se non la tagliate adesso, lo farete una volta cotta, ma vi avverto che non è facilissimo!
Coprite una placca con un foglio di carta forno e inumiditelo con un pennello. Adagiatevi sopra la pasta sfoglia e riponetela in frigo per un’oretta.

Preriscaldate il forno a 220°. Cospargete la pasta con i 50 g di zucchero semolato ed infornate la pasta, abbassando il forno a 200°, per una decina di minuti o fino a doratura. Togliete la placca dal forno e, facendo attenzione a non bruciarvi e a non rompere la pasta sfoglia, capovolgete quest’ultima in modo che la parte che prima stava sopra vada a contatto con la teglia. Spolverizzate la pasta sfoglia con 40 g di zucchero a velo e infornate nuovamente per altri dieci minuti circa, per portare a cottura la sfoglia e far caramellare lo zucchero a velo. Ponete a raffreddare in un luogo ben asciutto.

Preparate la crema. Sminuzzate il cioccolato. Fate scaldare il latte con mezza stecca di vaniglia, opportunamente divis a metà e grattata per estrarre i semi. Mescolate i 75 g di zucchero semolato con i tuorli d’uovo, sbattendo con una frusta. Unite l’amido di mais. Incorporate gradatamente il latte continuando a mescolare. Mettete sul fuoco e portate ad ebollizione mescolando continuamente. Spegnete il fuoco ed unite i pezzetti di cioccolato, mescolando fino a farli sciogliere. Lasciate intiepidire la crema, quindi unitevi il burro a dadini, mescolando delicatamente. Infine, montate la panna fino a renderla soffice e leggera, poi incorporatela delicatamente alla crema al cioccolato.

Assemblaggio. Se non lo avete fatto prima di cuocerla, ricavate dalla pasta sfoglia tre strisce rettangolari 24 x 8 cm, utilizzando un coltellino affilato. Conservate le briciole che si formeranno e sminuzzate i ritagli di sfoglia. Spalmate metà della crema sul primo rettangolo, coprite con il secondo, aggiungete la restante crema ed infine terminate con il terzo rettangolo di sfoglia. Tagliate con delicatezza 6 porzioni di circa 4 cm di larghezza ciascuna, utilizzando un coltello seghettato. Ricoprite i bordi delle millefoglie con le briciole caramellate. Spolverizzate di zucchero a velo e servite.

Se dovete conservare il dolce in frigo, abbiate cura di chiuderlo in un contenitore ermetico, perchè in frigo la sfoglia perde fragranza. L’ideale è comporre il dolce poco prima di servirlo.

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domenica 26 aprile 2009

Mezzelune al cocco con pistacchi

Ve l’avevo detto no, che avevo già pronta un’altra ricetta di biscotti con cocco e pistacchi? So che avevo appena pubblicato i biscotti “kersalemos”, ma ho deciso di pubblicare un po’ più spesso del solito, sperando di farmi tornare la voglia di cucinare…chissà, magari funziona!

Anzi, sempre nel tentativo di solleticare il mio estro culinario, ho appena scongelato quattro albumi avanzati da una torta che ho preparato in settimana e adesso devo necessariamente trovare un’idea per utilizzarli se non voglio buttarli via! Quindi, vi lascio velocemente la ricetta e torno a sfogliare i miei libri di cucina.

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Ingredienti:

200 g di farina 00
60 g di burro
20 g di cocco secco a scaglie
50 g di zucchero a velo
1 uovo e un tuorlo
100 g di zucchero semolato
150-200 g di pistacchi tritati finemente

Preparazione:

Mettete nel mixer o nella planetaria, la farina, il cocco, lo zucchero a velo, il burro a pezzetti e lavorate velocemente fino ad ottenere un composto bricioloso; unite l’uovo e il tuorlo e impastate fino ad ottenere una pasta liscia. Avvolgetela nella pellicola e fatela riposare in frigo un paio d’ore.

Dividete la pasta in palline grandi come una noce, rotolatele sul piano di lavoro fino a formare un “salsicciotto” spesso come un grosso dito ed arrotondatene le estremità, ottenendo una mezzaluna. Rotolate la mezzaluna nello zucchero semolato e poi nei pistacchi, quindi disponetela nella placca da forno rivestita di carta forno. Continuate fino ad esaurimento della pasta. Mettete la placca con i biscotti nel frigo per un’altra mezz’ora (serve a far mantenere la forma ai biscotti…). Nel frattempo, preriscaldate il forno a 190°. Infornate la placca per 15-20 minuti o fino a quando le mezzelune saranno consistenti e leggermente dorate ai bordi. Lasciatele raffreddare sulla piastra.

Se non gradite il cocco, potete tranquillamente ometterlo, oppure potete sostituirlo con della farina di mandorle, che si sposa altrettanto bene con i pistacchi.

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giovedì 23 aprile 2009

Biscotti “kersalemos” con cocco e pistacchi

Qualche settimana fa, in occasione di un viaggio a Roma per lavoro, una certa super mamma iper-energica mi ha accompagnato in una fugace incursione da Peroni, una sorta di mecca per gli appassionati di cucina, in cui trovare ogni specie di gadget curioso, utile o divertente, tra cui la più grande selezione di stampi della Silikomart che abbia mai visto concentrata in un solo negozio! Un drammatico problema di chili di troppo…del mio bagaglio a mano (che credevate!!!), unito ad un improvviso rigurgito di morigeratezza, mi hanno indotta ad arginare l’impulso di far razzia di strumenti di dubbia necessità, limitandomi ad acquistare lo stampino per fare questi biscotti, che ormai tutte conoscerete e che io desideravo da tempo.

Tornata a Palermo, la voglia di dedicarmi al blog o anche semplicemente alla cucina mi hanno abbandonata, sicché lo stampino è rimasto in uno stipetto per molto tempo, finchè non ho deciso di preparare questi biscotti, per eliminare un’esagerata scorta di granella di pistacchi (acquistata in una sera di improvvisa necessità, con l’intento di preparare una torta gluten free ai pistacchi, che alla fine è stata sostituita da una alle nocciole!) che languiva da troppo tempo nella mia dispensa. L’idea mi è venuta guardando questi biscotti qui, preparati a Natale da Alex. Io li ho modificati secondo le mie necessità, ho aggiunto il cocco, ridotto il burro, aumentato la farina e….insomma, questo è quel che ne è venuto fuori.

Ancora non so se questo sia un ritorno definitivo al blog, ma diciamo che mi mancavate e volevo assicurarvi che non sono sparita del tutto e che ogni tanto trovo il tempo di fare una veloce incursione (il più delle volte silenziosa) nei vostri siti.

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Ingredienti:

170 g di farina 00
100 g di pistacchi tritati finemente
150 di zucchero
50 g di cocco secco grattugiato
180 g di burro
1 uovo
mezzo baccello di vaniglia
un pizzico di scorza di limone grattugiata
un pizzico di sale

Preparazione:

Molto facile, niente più che una frolla con qualche ingrediente diverso dal solito. Nella planetaria o nel mixer mettete la farina, lo zucchero, i semini della vaniglia, i pistacchi, il cocco, la scorza di limone ed il sale. Al centro unite il burro freddo a cubetti. Avviate l’apparecchio per qualche secondo, fino ad ottenere un composto un po’ bricioloso, quindi unite l’uovo e lavorate fino ad ottenere una pasta soda. Avvolgetela nella pellicola e ponetela in frigo almeno due ore (perchè l’impasto è molto burroso e lo stampino con le lettere, per funzionare al meglio, ha bisogno di una pasta ben soda).

Preriscaldate il forno a 190-200°. Stendete l’impasto piuttosto spesso, diciamo un centimetro (nei biscotti più sottili, che avevo preparato inizialmente, la scritta tende a scomparire in cottura) e ritagliate i biscotti con l’apposito stampino, disponendoli, man mano, su una placca coperta di carta forno. Impastate i ritagli molto velocemente, stendete nuovamente la pasta e ritagliate altri biscotti fino ad esaurimento della pasta e facendo attenzione a non scaldare troppo l’impasto. Cuocete per circa 12 minuti.

Forse vi chiederete come mai i miei biscotti non sembrino affatto “verdini” nonostante la quantità di pistacchio con cui sono preparati…me lo sono chiesto anche io e non so darvi una risposta precisa. DI certo il cocco, essendo bianco e molto voluminoso ha smorzato il verde dei pistacchi; inoltre, l’utilizzo di uno sfondo verde brillante ha ulteriormente “mascherato” la colorazione verdina dei biscotti. Comunque, verdi o no, sono deliziosi, molto croccanti e profumati, e l’accostamento cocco e pistacchi mi è proprio piaciuto, secondo me merita di essere provato.

Anzi, per la verità, ho già un’altra ricetta da proporvi con questi ingredienti…chissà, magari la vedrete presto! Intanto vi lascio un’altra foto in versione un po’…..vintage!

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domenica 5 aprile 2009

Stella al cioccolato grattugiato

Questa è una delle torte della mia infanzia…o meglio della mia adolescenza, atteso che da bambina la cioccolata mi era proibita! Comunque sia, appena l’ho scoperta è diventata una delle mie preferite, nonchè una delle prime torte che ho imparato a preparare per fare bella figura a scuola o alle feste con gli amichetti. Avrete capito che la ricetta ce l’ho da un bel po’ di tempo…infatti proviene da un vecchissimo ricettario della Bertolini, del quale forse vi ho già parlato.

Questa volta, tanto per variare un po’, l’ho fatta a forma di stella grazie ad uno dei meravigliosi stampi della Silikomart (si tratta di una stella ad otto punte da 26 cm di diametro, dotata del comodissimo safe ring di cui vi ho parlato nel post sul cake salato).

La torta è molto semplice, con un contenuto moderato di uova e burro, come si usava una volta; è cioccolatosa ma non troppo, perfetta per la colazione, se la servite così com’è, semplicemente spolverata con zucchero a velo. Ma si presta anche ad essere trasformata in qualcosa di più sofisticato, basta spalmarla di panna montata e ricoprirla di riccioli di cioccolata fondente, magari dopo averla riempita con una farcia golosa. Insomma, provatela, vi conquisterà.

Per un risultato migliore secondo me è bene utilizzare del buon cioccolato fondente almeno al 70%, oppure qualcosa di veramente speciale come un cioccolato Valrhona.

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Qualcuno magari avrà notato che sto trascurando il blog in questo periodo; il mio ed i vostri. Non so perchè, sarà l’arrivo della primavera, sinceramente mi sento sempre stanchissima e quando finisco di lavorare non vedo l’ora di sbrigare le faccende e mettermi a dormire….non mi restano energie sufficienti nè per cucinare nè per passare ore al pc. E di gironzolare per i vostri siti mentre sono a lavoro per adesso non se ne parla, il lavoro è un delirio ultimamente…e la mia cronica carenza di energie non mi aiuta di certo! Insomma, che dire? Mi mancate tutti, mi manca la cucina, mi manca il rito delle foto, la scelta del set, la composizione dello scatto…spero di tornare a dedicarmici quanto prima.

Ingredienti

300 g di farina 00
150 g di zucchero semolato
100 g di burro
100 g di cioccolato fondente al 70% o più
3 uova
1 bicchiere di latte
1 bustina di lievito
1 pizzico di sale

Preparazione

Preriscaldate il forno a 180-190°. Grattugiate il cioccolato. Intendo dire proprio grattugiatelo, con la grattugia, non tritatelo con il coltello. Per questa operazione è necessario che il cioccolato e la grattugia siano ben freddi, specie adesso che la temperatura si sta alzando nelle nostre case. 

A proposito di grattugia…io trovo comodissima  la Nana della Pylones…è una grattugia a forma di cono, che sta in piedi da sè, così non devo tenerla in equilibrio, ben affilata e molto comoda. Da quando ce l’ho non ne uso altre! Non so se conoscete questa marca di prodotti, io li adoro! Li ho scoperti a New York e ritrovati poi a Parigi….sono oggetti di uso quotidiano di svariati tipi, dall’imbuto alla grattugia, dallo scolapiatti al campanello per la bici, passando per le forbici, gli ombrelli e ogni altra cosa vi possa venire in mente, e hanno un design assolutamente unico…sono coloratissimi, originali e divertenti! E funzionali anche…il che non guasta!

Dunque, dove ero rimasta? Ah si….al cioccolato grattugiato. Sbattete a lungo i tuorli con lo zucchero, fino a renderli chiari e densi. Fondete il burro su fiamma dolce, ed aggiungetelo alle uova ancora tiepido. Unite poi il cioccolato grattugiato, quindi aggiungete il latte, alternandolo con la farina, cui avrete mescolato un pizzico di sale. Montate gli albumi a neve fermissima ed aggiungeteli al composto mescolando delicatamente, dal basso verso l’alto.Infine, unite il lievito setacciato. Versate nello stampo (se non ne usate uno in silicone, abbiate cura di imburrarlo e spolverizzarlo di zucchero) ed infornate per circa 30-40 minuti. Fate sempre la prova stecchino.

Una piccola nota, più che altro per me: pur essendo in silicone, lo stampo è estremamente resistente al calore, tanto che dopo mezz’ora la torta, pur sembrando quasi cotta in superficie, risultava ancora molto umida all’interno (il che mi accade, a volte, con le pirofile in porcellana…non mi era mai successo con il silicone!). E’ stato sufficiente spostarla nel ripiano inferiore del forno e coprire la superficie con un foglio di alluminio per non farla scurire. La prossima volta, la collocherò fin dal principio in un ripiano più basso del forno!

Sfornate, lasciate raffreddare e poi sformatela. Servite spolverata di zucchero a velo, cacao o guarnita come vi ho suggerito prima.

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domenica 15 marzo 2009

Fondente al cioccolato e fragoline di bosco

Questa ricetta è la mia libera reinterpretazione di una delle più amate ricette di un maestro della patisserie francese, Pierre Hermè. Parlo del suo celeberrimo fondente al cioccolato e lamponi, realizzato di recente, tra l'altro, da Kja.

L’abbinamento cioccolato è lamponi è un classico. I frutti di bosco con il loro profumo ed il loro gusto leggermente acidulo stemperano la ricchezza del cuore di cioccolato fondente creando un connubio perfetto. Da tempo desideravo realizzare un dolce con questi ingredienti, ma qui da noi i lamponi freschi sono una rarità, così non ne avevo mai avuto l’occasione.

La scorsa domenica, mentre passeggiavo attraverso il mercato del Capo, nella mia Palermo, sono stata investita da un’ondata di inebriante profumo. Mi ci sono voluti alcuni istanti perché la mia mente intuisse l'’origine di quel profumo, e non tanto perchè fosse difficilmente riconoscibile, quanto, piuttosto, perchè era assolutamente…inatteso. Chi, infatti, potrebbe aspettarsi di trovare in un mercato “popolare” un’intera distesa di fragoline di bosco alla fine di febbraio! E non le solite fragoline insipide dal colore vivido ma del tutto prive di profumo. No, si trattava di fragoline dal profumo inebriante, “selvatico”, opulento, quasi carnale, come solo il profumo delle fragoline mature può essere. 
Ho deciso di non interrogarmi troppo a lungo sull’origine di questo strano fenomeno (coltivazione in serra? Un orto privato dalle proprietà straordinarie? Importazione da paesi lontani, a dispetto della scritta “Fragoline di Ribera” che campeggiava sopra le vaschette?) e ne ho acquistate immediatamente due vaschette, perchè nell’attimo stesso in cui la mia mente ha identificato l’origine di quel soave profumo, ha anche immaginato di accostarle al cioccolato in questo fantastico dolce!

E adesso che l’ho provato vi garantisco che non si rimpiange affatto l’assenza dei più blasonati lamponi, anzi, l’abbinamento con le fragoline è, a mio parere, senz’altro migliore!
 

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Rispetto alla ricetta di Kja, ho variato il procedimento, ispirandomi ai consigli dati da Pinella in un questo post.

Ingredienti (per uno stampo da 20 cm)

250 g di cioccolato fondente (io ho usato un fondente al 75% di cacao)
250 g di burro
220 g di zucchero
4 uova
70 di farina 00
150 di fragoline

per decorare

zucchero a velo
fragoline (circa 50 g nel mio caso)

Preparazione

Preriscaldate il forno a 170-175°. Sciogliete il cioccolato a bagnomaria, con l’acqua che sobbolle appena ed avendo cura di evitare che il vapore entri in contatto con il cioccolato (scegliete due pentolini che si incastrino bene uno sull’altro). Unitevi il burro morbido, meglio se lavorato precedentemente con una spatola, per ridurlo in crema. Unite anche la farina, setacciata. Nel frattempo, con un frullatore ad alta velocità, montate le uova con lo zucchero, fino ad ottenere una massa densa e chiara. Unitele infine al composto a base di cioccolato, mescolando con grande delicatezza al fine di non smontarle.

Imburrate ed infarinate uno stampo da 20 cm di diametro, versatevi metà del composto, copritelo con le fragoline (precedentemente lavate con cura, spruzzate con della grappa ed asciugate) e terminate con l’altra metà dell’impasto.

Cuocete a circa 170-175 gradi, con il forno semi aperto (basta una fessura, io ho usato un mestolo di legno per tenere leggermente aperto lo sportello) per 35 minuti. Al termine verificate la cottura con uno stecchino: dovrà uscire umido ma non troppo, segno che il cuore del dolce è ancora morbido, ma lo strato superiore è cotto.

Sfornate e lasciate raffreddare nello stampo. Sformatelo delicatamente e decorate con zucchero a velo e fragoline disposte a raggiera.

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domenica 1 marzo 2009

Cous cous al pesto di agrumi (di Filippo La Mantia)

Oggi vi propongo una ricetta d'autore, il piatto di un grande chef Filippo La Mantia, che ho scoperto per caso (il piatto, non lo chef!) e mi ha subito conquistato. Il pesto di agrumi, in tutte le sue diverse declinazioni, è davvero delizioso e questo piatto nel suo insieme è uno straordinario connubio di originalità e semplicità. L'ho servito ad una coppia di amici invitati a cena all'ultimo minuto, facendo un figurone con pochissima fatica (anche perchè ho scelto come dessert un'altra ricetta d'autore, di grande effetto e facile realizzazione...che vi mostrerò la prossima settimana)!
Dunque, non mi resta che ringraziare Filippo La Mantia, che ha scelto di condividere con noi questa ricetta nel suo bellissimo sito (da cui tornerò ad attingere molto presto....).

Rispetto alla ricetta dello chef, ho voluto fare un piccolo cambiamento: al posto delle sarde fritte, che lui abbinava al cous cous, ho utilizzato dei filetti di triglia. Il risultato è ugualmente buono e, se posso permettermi, la resa cromatica del piatto è migliore, perchè il rosso-arancio della triglia dà un tocco di colore in più al piatto. Un altro abbinamento interessante che ho provato, in un'occasione successiva, è con le polpettine di "neonata" fritte...provatelo se vi capita, è eccezionale. Sempre che troviate della "neonata" freschissima, che, come si dice da noi, "sa di mare"!

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Ingredienti (per 4 persone)

250 g di cous cous (secondo me è pochino per 4, sarebbe stato meglio se fossero stati 350 g)
4 triglie medio-piccole sfilettate
farina di semola di grano duro (in alternativa, farina 00) q.b.
sale, pepe

3 cucchiai di olio extravergine di oliva
olio per friggere

per il pesto di agrumi

2 arance
1 mazzetto di basilico
10 foglie di menta fresca (io ne ho messe il doppio)
100 g di mandorle bianche (io ho usato quelle tostate con la pelle e ne ho messe un po' meno)
1 pomodoro verde
1 pizzico di origano
50 g di capperi sotto sale
50 g di pinoli tostati
2 cucchiai di olio extravergine di oliva

Preparazione

Potete preparare il pesto anche con un certo anticipo e, se non fa troppo caldo in casa, conservarlo a temperatura ambiente, in modo che non raffreddi troppo il cous cous quando lo condirete. Ma mi raccomando, condite il cous cous solo all'ultimo istante, altrimenti assorbirà velocemente tutto il pesto e tenderà ad asciugarsi troppo.

Lavate accuratamente le foglie di basilico e di menta. Spellate il pomodoro, privatelo dei semi e tagliatelo a pezzi grossolani. Sbucciate le arance e tagliatele a spicchi. Tostate i pinoli in un padellino anti aderente, su fiamma bassa, facendo attenzione a non bruciarli. Quando saranno pronti, metteteli da parte, non vi serviranno per il pesto.

Mettete nel bicchiere del frullatore (o, se siete armati di buona volontà, nel mortaio) il basilico, la menta, le mandorle, il pomodoro, l'origano, le arance, l'olio ed i capperi (lo chef li risciacquava prima, per privarli del sale di conservazione; io invece li ho messi con tutto il sale, perchè perdono trovo che perdano gran parte del sapore sciacquandoli...per prudenza potete aggiungerli poco per volta, assaggiando il pesto per controllare se risulti troppo salato e, se così fosse, potete dissalare gli altri prima di unirli). Frullate (o pestate) brevemente il tutto, cercando di mantenere il composto grezzo.

Preparate il cous cous (quello rapido ovviamente!). Io uso sempre lo stesos metodo, a prescindere dalla marca del cous cous che uso. Versatelo in una ciotola, unitevi 3 cucchiai di olio di oliva e mescolate accuratamente per imbibire tutto il cous cous. Portate ad ebollizione una quantità di acqua pari al volume del cous cous (un bicchiere di acqua, per ogni bicchiere di cous cous) con un pizzico di sale; versatevi il cous cous mescolando fino a che l'acqua si sarà assorbita. Spegnete la fiamma, coprite e fate riposare per 2 minuti. Aggiungete 2 noci di burro e riprendete la cottura, a fiamma bassa, per altri 2 minuti, sgranando il cous cous con una forchetta. Togliete dal fuoco, coprite e fate riposare in caldo per una decina di minuti.

Infarinate i filetti di triglia. Io ho utilizzato la semola di grano duro, una farina che qui al sud si chiama "farina di rimacinato", dalla grana più grossa rispetto alla farina bianca, che dà una grande croccantezza alle fritture. Friggeteli in poco olio caldo (basteranno un paio di minuti), quindi asciugateli su carta assorbente e teneteli in caldo fino al momento di servire (prima è, meglio è!).

Condite il cous cous con il pesto di agrumi, unite i pinoli precedentemente tostati ed impiattate, disponendo sopra ogni porzione due filetti di triglia fritti.

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domenica 22 febbraio 2009

Chiacchiere...in extremis!

Siamo proprio alla fine del Carnevale, ma ho fatto in tempo a presentarvi le mie chiacchiere (o cenci o in qualunque altro modo le chiamiate voi!). Ad essere sinceri non sono le mie, ma quelle di mia madre, gentilmente preparate in vostro onore! Già perchè io volevo farvi vedere le mie chiacchiere, ma per vari motivi avevo difficoltà a prepararle (innanzi tutto sono un po' a dieta, e se le avessi fatte io ne avrei mangiate una tonnellata, in secondo luogo avevo appena restituito a mia madre la sfogliatrice e quindi avrei dovuto stenderle a mano...), così ho chiesto aiuto a lei!

Questa volta, forse influenzata dalla sottoscritta, mia madre si sentiva in vena di sperimentazioni, quindi ha cambiato la sua storica ricetta, dopo aver consultato una serie di testi, dal Talismano della Felicità, all'Artusi, a vari libri di cucina tradizionale toscana...
Il risultato è buono, ma un po' diverso dal solito, le chiacchiere sono venute più...croccanti, più biscottate direi. Comunque, io preferisco la vecchia versione, più friabile, che in cottura sviluppa delle enormi bolle, quindi ve le metto entrambe.

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Eccovi dunque "le tradizionali" (nonché mie preferite):

Ingredienti:

400 g di farina 00
4 o 5 cucchiai di zucchero
60 g di burro
2 uova
1 pizzico di sale
2 cucchiai di marsala (o vermouth, vin santo, grappa, acquavite...)
1 pizzichino di sale
scorza di un limone grattugiata

E queste sono le dosi per "le sperimentali" (di cui abbiamo provato un quantitativo ridotto)

240 g di farina 00
20 g di zucchero
2 uova
scorza di un limone grattugiata
un pizzico di sale
un pizzico di bicarbonato
1 cucchiaio di grappa

In entrambe le versioni

zucchero a velo e cannella per spolverizzare

Preparazione:

Mettete la farina a fontana sulla spianatoia, versatevi al centro lo zucchero e gli altri ingredienti, per ultime le uova; impastate a lungo e con energia, fino ad ottenere una pasta liscia ed elastica. Dividetela in varie parti e tiratele in sfoglie piuttosto sottili con la macchina per sfogliare le lasagne...o a mano se siete brave con il mattarello! Tagliatele in rombi irregolari o in strisce che poi annoderete prima di friggerle in abbondante olio caldo. Scolatele su carta assorbente e, una volta fredde, spolverizzatele con abbondante zucchero a velo mescolato ad un pizzico di cannella.

Nella mia famiglia, si una tagliarne una parte in rombi un po' più grossi che, una volta fritti, vengono abbinati a due a due e farciti con crema pasticcera: questa versione "ripiena" delle chiacchiere, le chiamiamo "sfrappole".

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sabato 14 febbraio 2009

Macine 2.0 e una sgradevole scoperta

Buon San Valentino a tutti!

Anche se vi ho augurato buon San Valentino, non vi propongo una ricetta "a tema". Vi mostro, invece, dei semplicissimi biscotti, che tra l'altro sono i preferiti di mio marito: le macine.

Vi prego di leggere tutto il post, perchè devo anche segnalarvi un altro caso spiacevole di utilizzo indebito di materiale altrui (il mio...).

Ma per il momento, torniamo alla ricetta. Forse qualcuno ricorderà che avevo già provato a far le macine quando il mio blog era appena nato; è stata una delle prime ricette che ho pubblicato (le trovate qui) ed anche uno dei miei primi esperimenti con i biscotti, che allora, strano a dirsi, non amavo particolarmente! Chi avrebbe mai detto che in seguito sarei diventata una patita, che ha sfornato decine e decine di tipi di biscotti diversi e che si dedica alla loro preparazione anche per rilassarsi??
Comunque, quelle macine erano venute indubbiamente buone, ma secondo il mio esigentissimo marito  non erano abbastanza somiglianti alle originali...e per onestà devo riconoscere che non aveva tutti i torti! Così ho deciso di cercare una ricetta diversa e ho trovato questa, utilizzata dai Due in cucina; in realtà in rete è più diffusa una ricetta leggermente diversa e mi riservo di provarla come terzo esperimento...anche se devo ammettere che questa mi ha molto soddisfatto: la consistenza e il sapore sono proprio come quelle dei famosi biscotti! Forse dovrebbero essere solo un filino più..."compatte", meno friabili e per ottenere questo risultato proverò ad usare (come nell'altra ricetta che vi  citavo) 500 g di farina invece che 450.

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Non fatevi spaventare dalle quantità, si mantengono fresche per un'intera settimana, se le chiudete in una scatola ermetica.

Ingredienti (per 2 teglie di biscotti):

450 g di farina 00
50 g di fecola
200 g di burro
175 g di zucchero semolato
1 uovo
70 g di panna fresca
un baccello di vaniglia*
1 bustina di lievito
1 pizzico di sale

* la ricetta prevedeva l'uso dell'estratto di vaniglia, ma io ormai uso soltanto la vaniglia fresca)

Preparazione:

Mettete la farina, la fecola, lo zucchero, il lievito, i semi della vaniglia (prelevati incidendo il baccello  ed il sale nella ciotola dell'impastatrice con la frusta a "k"; unite il burro ed azionate l'apparecchio, a velocità 1, fino a che otterrete un composto "bricioloso" (in alternativa, ovviamente, mettete gli ingredienti in una ciotola ed impastate velocemente con la punta delle dita, strofinandole, in modo da ottenere le briociole). Aggiungete l'uovo e la panna ed impastate ancora fino ad ottenere una pasta soda. Avvolgetela nella pellicola e fatela riposare in frigo per un'oretta.

Preriscaldate il forno a 190-200°. Rivestite due piastre con carta forno. Stendete la pasta a circa 6-7 mm di spessore (gonfiandosi in cottura raggiungerà il tipico spessore delle vere macine, che si aggira intorno al centimetro) e ritagliate i biscotti. Io ho usato un tagliabiscotti rotondo da 4,5 cm di diametro e per ricavare il buco centrale, come già l'altra volta, ho usato un beccuccio del sac-a-poche capovolto. Dopo aver disposto i biscotti sulla teglia, se ne avete la possibilità, mettete la teglia in frigo per una ventina di minuti. Questa operazione aiuterà a mantenere la forma dei biscotti e specialmente la compattezza della superficie. Infornate i biscotti per circa 15 minuti, facendo attenzione a non farli scurire troppo sotto.

Adesso passiamo alle dolenti note.....mentre cercavo la ricetta delle macine, sono capitata su questa pagina di un sito chiamato "gustissimo.it" e ci ho trovato, a corredo della ricetta (non mia, è una ricetta per Bimby), LA MIA FOTO DELLE PRIME MACINE CHE HO PUBBLICATO, ossia questa che vedete sotto (diciamo che la zuppiera antica in cui sono messi i biscotti è riconoscibile oltre ogni possibile dubbio....):

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Ed ecco la pagina incriminata:

Cattura

"Ovviamente", nella foto che compare sul sito è stato tolta la firma "@Kersalemos", che da sempre appongo su tutte le mie foto e che, dopo il gran parlare che si è fatto sui plagi, ho sostituito con "©Kersalemos". Ora, a me non importa molto se altri usano le nostre immagini, vuol dire che le trovano belle, ed è gratificante. Però mi aspetterei, se non che mi si chieda il permesso, che almeno venissero inseriti i credits...e come minimo che non venissero rimosse le firme che valgono ad identificare la paternità delle immagini!! Vergogna.....

Vi consiglio di fare un giro sul sito per vedere se hanno sottratto qualcosa anche a voi. Io ho appena mandato una mail chiedendo l'inserimento dei credits o la cancellazione immediata dell'immagine.

 

 

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