sabato 25 dicembre 2010

Buon Natale!

In attesa di raccontarvi cosa ho cucinato ieri sera (solo raccontarvi praticamente, perchè ho fotografato a stento metà delle portate, uffa!), vi auguro Buon Natale mostrandovi un pezzetto della mia tavola natalizia.
Poche volte mi è capitato di cucinare con tanto amore e di essere così fiera del risultato come ieri, non tanto per la riuscita dei piatti, ma per l’atmosfera che c’era a casa mia. E’ stato esattamente il Natale che desideravo.
Avrei voluto scrivere un augurio speciale, un po’ poetico magari, ma mi manca il talento letterario. Ed allora, quel che voglio e posso augurarvi dal profondo del cuore è che il vostro Natale ed il resto di queste feste siano stati e possano essere in futuro come il mio, caldo, familiare, sereno, felice.
Tanti auguri a tutti!


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domenica 28 novembre 2010

Fette Biscottate

Queste sono le ormai celeberrime fette biscottate di Paoletta.

Da quando le ho provate la prima volta, le preparo ogni settimana, cercando sempre di migliorarle. Si perchè, pur avendo un profumo ed un sapore di cui mi ero innamorata, erano troppo “croccanti”, anzi, in realtà il problema è che mancavano della friabilità propria delle fette biscottate industriali, che si sbriciolano al primo morso, pur essendo croccantissime. Le mie, invece, restavano un po’ troppo croccanti e poco friabili. Il che non ha impedito a me, alla mia famiglia e ai miei colleghi, di farne fuori 4 infornate, da sole, con la marmellata o, meglio ancora, inzuppate nel cappuccino bollente. Un delirio!
Perfezionarle è diventata una sfida: munita di carta, penna, cronometro, griglie e quant’altro, le ho provate e riprovate (tanto avevo un sacco di cavie più che liete di consumare i miei “esperimenti”).

Oggi mi sono venute strepitose, croccanti ma friabili, quasi quanto quelle che si comprano. Purtroppo, credo dipenda in parte dal mio forno che oggi, dopo essere stato messo a dura prova da un weekend di panificazione compulsiva, ha avuto diversi segni di schizofrenia, impiegando quasi due ore per cuocere un pane che richiedeva 45 minuti di cottura e biscottando le fette in quasi un’ora, senza per questo carbonizzarle (normalmente, ci metteva dai 20 ai 30 minuti…)!

Il forno impazzito ha mandato a monte tutti i miei meticolosi e scientifici studi, ma non posso fare a meno di presentarvi queste fette (anche se fotografate cinque minuti fa, con luce artificiale) e suggerirvi di PROVARLE!

EDIT: sapete che forse ho appena scoperto l’errore? Dopo averle fatte tipo sei volte, mi sono appena resa conto, mentre vi linkavo la ricetta di Paoletta, che stampandola avevo fatto saltare il punto 10 della sua esposizione: “far raffreddare le fette  tostate in forno semi aperto…”. Io le tiravo fuori subito. Che sia questo che fa la differenza? Qualcuno di voi ha provato a fare così?

fette_biscottate_s

Ingredienti (per circa 2 teglie di fette biscottate):

500 gr di farina 0
75 gr di zucchero
5 gr di sale
12 gr di lievito fresco
225 gr di acqua
1 albume (conservate il tuorlo per la spennellatura)
4 cucchiai di olio di semi
1 cucchiaino colmo di malto d'orzo

Per spennellare
1 tuorlo
3 cucchiai di latte

Preparazione

Ho fatto solo delle minime modifiche nel procedimento, ma è sostanzialmente lo stesso di Paoletta. Ma se è vero che questo blog è il mio diario di ricette, non potevo non scrivere anche qui la preparazione.

Sciogliete il lievito ed il malto in 200 g di acqua tiepida; lasciate riposare 5 minuti. Setacciate la farina nella ciotola dell’impastatrice, versateci il lievito sciolto ed avviate; aggiungete man mano i restanti 25 g di acqua, se vedete che la farina li richiede. Nel mio caso sono stati necessari altri 30 g di acqua per mantenere l’impasto mediamente morbido come suggeriva Paoletta.

Fermate l’impastatrice, mettete metà dell’albume e cospargetevi sopra un terzo dello zucchero. Ricominciate a lavorare ed aspettate che l’albume e lo zucchero si amalgamino all’impasto. Unite il resto dell’albume, il resto dello zucchero e, dopo un attimo, il sale. Terminate aggiungendo l’olio a filo. Impatate a lungo, per almeno 20 minuti, sostituendo la frusta a K con il gancio una volta aggiunti tutti gli ingredienti ed ottenuto una massa omogenea.
Noterete che l’impasto tenderà presto ad avvolgersi attorno al gancio, ma se lo toccherete vedrete che sarà ancora appiccicoso. Significa che dovete impastare ancora, ricordandovi di fermare la macchina e capovolgere spesso l’impasto. Non abbiate fretta!!! Il mio errore più grande è sempre stato la fretta, non avevo mai pazienza; appena vedevo avvolgersi la pasta sul gancio, smettevo di impastare!

Quando la pasta apparirà bella liscia, elastica e vellutata, fermate l’impastatrice, coprite la ciotola con pellicola (o con un canovaccio umido legato attorno alla ciotola), e lasciate riposare a temperatura ambiente per 30 minuti.

Dividete l’impasto in due pezzi (o tre, io due perchè l’ho poi cotto in due stampi da plum cake), sgonfiate e date forma arrotondata (cercando tipo di “rincalzare” la pasta verso sotto, lungo tutto il diametro della vostra pallottola). Lasciate riposare, coperto, 15 minuti.

Schiacciate i pezzi di pasta ed arrotolateli stretti formando dei filoncini, avendo cura di sigillare bene la chiusura; metteteli in due stampi da plum cake rivestiti di carta forno, pennellate con il tuorlo sbattuto con il latte e lasciate lievitare fino al raddoppio. Con la temperatura di casa mia, ci vorrà circa un’ora e mezza.

A lievitazione ultimata, spennellate di nuovo ed infornate in forno già caldo a 190°.

E veniamo ai tempi di cottura, che sono assolutamente soggettivi. Io ho fatto così: 30 minuti a 190°, coprendo dopo 20 minuti con carta stagnola, perchè i filoncini erano già di un bel marrone scuro.

Sfornate e fate raffreddare fuori dagli stampi. Avvolgete i filoncini ormai freddi in un telo di cotone e lasciateli riposare tutta la notte (ho provato anche a biscottarli direttamente, ma trovo che vengano meglio facendoli riposare) ad una temperatura di circa 20° (la mia cucina di notte, appunto!).

Affettate i filoni; io preferisco fette un po’ sottili, quindi mi mantengo sui 6 mm. Adagiate le fette su teglie coperte di carta forno ed infornate per la biscottatura, altra nota dolente. Il mio forno schizofrenico oggi ha fatto così: forno statico, già caldo, a 150° per dieci minuti, con 2 teglie. Dopo dieci minuti, ho invertito le teglie. Poi ho proprio girato tutte le fette una per una ed invertito nuovamente le teglie. Ho fatto partire in modalità ventilato e abbassato la temperatura a 140°, per 5 minuti; ho invertito le teglie e cotto altri 5 minuti; ho rigirato le fette una per una, invertito le teglie e cotto altri 10 minuti, invertendo un’altra volta le teglie dopo i primi 5 minuti.
Non tiratele fuori se sono ancora troppo pallide, o troppo morbide al centro, perchè diventerebbero gommose dopo appena un giorno. Devono asciugarsi benissimo.

A questo punto, ho sfornato e fatto raffreddare. La prossima volta proverò a farle raffreddare in forno con lo sportello semi-aperto.

Attenzione, danno dipendenza, forse più delle brioche perchè sono decisamente più facili!!!

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domenica 14 novembre 2010

Brioches siciliane 2.0

Vi accennavo nell’ultimo post del corso cui ho partecipato la settimana scorsa, quello di cucina e panificazione di Adriano e Paoletta. E’ stata un’esperienza fantastica, ho imparato un sacco di cose interessantissime e ho conosciuto tante persone che condividono il mio amore per la cucina.

Da quando sono tornata a casa, non vedevo l’ora di cimentarmi in un prodotto lievitato, per mettere in pratica i trucchi ed accertarmi di avere imparato davvero qualcosa! Però ero profondamente indecisa sulla scelta della ricetta: replicare una di quelle fatte al corso, rifare qualche vecchia ricetta applicando le nuove tecniche, o provare qualcosa di nuovo?
Sabato mattina la decisione era presa: brioches, naturalmente! Perché tutti sanno che sono la mia passione. Quelle di Paoletta in particolare, che sognavo di fare da tempo senza averne il coraggio. Ed ecco allora che setaccio le farine, preparo l’occorrente per il poolish e….noooo! Devo uscire a sbrigare un sacco di commissioni; poi pranzo dai suoceri e un salto da mia madre. Prima che possa tornare a dedicarmi alle mie agognate brioches, sono le sei del pomeriggio. Che fare allora, rinunciare (perchè la ricetta di Paoletta richiede una pausa di circa 12 ore tra il poolish e l’impasto)? Giammai! Morale della favola? Ho preso la mia vecchia ricetta delle brioches delle sorelle Simili, l’ho confrontata con quella di Paoletta, e le ho stravolte e modificate entrambe, anche in base a quello che avevamo sperimentato al corso.
Insomma, non sono bastati due giorni di intense lezioni di Adriano per imparare e capire che i lievitati richiedono precisione, proporzioni esatte e rispetto assoluto delle ricette.

Ho fatto ancora una volta di testa mia! Però sono stata fortunata…perché sono venute PERFETTE!!
Unico piccolissimo difetto è stato il “tuppo”, la pallina in cima, che tendeva a staccarsi e cadere durante la lievitazione e la cottura. Ma solo perchè la mia pigrizia mi ha impedito di utilizzare la tecnica di formatura imparata da Adriano al corso!

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Adesso vi racconto come le ho fatte, intanto guardate l’interno soffice come cotone (non avendo gelato a disposizione ci ho messo una confettura di arance fatta da mia madre…una delizia! Già pregusto la colazione di domani…).

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E ammirate com’è morbida, si scioglie in bocca…spero che la foto renda l’idea!

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Ingredienti (per circa 16 brioches da 75 g)

375 g di farina Manitoba Lo Conte
125 g di farina 00
50 g di zucchero
50 g di zucchero vanigliato*
100 g di strutto
5 g di sale
10 g di lievito di birra
200-220 ml di latte
10 g di miele
2 uova
buccia grattugiata di 1 limone

1 tuorlo e latte per spennellare

* lo zucchero vanigliato lo preparo in casa, chiudendo in un barattolo di zucchero semolato alcuni baccelli di vaniglia usati (cioè privati dei semini interni), precedentemente lavati ed asciugati accuratamente all’aria. Basta lasciarlo lì alcune settimane, più tempo sta, più diventa aromatico; quando ne uso un po’, aggiungo nel barattolo dell’altro zucchero e di tanto in tanto sostituisco i baccelli di vaniglia.

Preparazione

Assicuratevi di avere molto tempo e molta pazienza, perchè ci vorrà un saaaacco di tempo!

Setacciate bene le due farine e mescolatele in una ciotola. Grattugiate la scorza di limone in 150 ml di latte, poi scaldate bene il tutto fin quasi a farlo bollire. Lasciatelo raffreddare finchè sarà tiepido, quindi scioglieteci 6 g di lievito e 5 g (circa un cucchiaino) di miele. In una ciotolina, mescolate al latte aromatizzato (se volete potete filtrarlo prima per eliminare le zeste di limone, io non l’ho fatto) tanta farina quanta ne occorrerà per ottenere una cremina morbida. Paoletta, nella sua ricetta (che differisce per la quantità di lievito e per il fatto che il suo poolish riposa in frigo per 12 ore) ne utlizza 75 g, io ne ho usata di più, almeno 100 g (prelevati dal totale). Coprite e lasciate riposare a temperatura ambiente per circa 40 minuti. Nel frattempo, preparate gli altri ingredienti.

Scaldate i restanti 50 ml di latte e scioglieteci i 4 g di lievito ed il cucchiaino di miele. Mettete nella ciotola dell’impastatrice, con la frusta a K, la restante farina (ma tenetene da parte un po’,diciamo circa 50 g, da aggiungere dopo i liquidi e i grassi), il latte con il lievito ed unite il preimpasto. Avviate la macchina e mescolate i due composti.
Qui ho avuto un dubbio: l’impasto era troppo “secco”, aveva difficoltà ad amalgamarsi, così ho aggiunto circa altri 20 ml di latte freddo. In una ricetta Adriano suggeriva di aggiungere subito uno degli albumi previsti dall'a ricetta. La prossima volta ci provo anche io. In ogni caso, se dovete aggiungere altri ingredienti, dovete aver cura che il vostro impasto non sia troppo duro, altrimenti avrete difficoltà.
Dunque, dopo aver mescolato i due composti, fermate la macchina. Unite il primo uovo leggermente sbattuto e spargetevi sopra circa un terzo dello zucchero. Riazionate l’impastatrice, a bassa velocità. Quando l’uovo sarà amalgamato, unite il secondo sempre a macchina ferma e spargetevi sopra il resto dello zucchero ed il sale. Riprendete ad impastare, aggiungendo un po’ della farina tenuta da parte. A questo punto, l’impasto inizierà a diventare filamentoso (la cosa sul momento mi ha lasciata perplessa, ma alla fine è andato tutto bene, quindi…). Unite lo strutto freddo, a piccolissimi pezzi, seguito dal resto della farina rimasta, che metterete poco per volta. Vedrete che l’impasto inizierà ad acquisire struttura. Quando sembrerà completamente amalgamato, aumentate la velocità a 1.5. La pasta tenderà ancora ad attaccarsi alle pareti. Sostituite la frusta a K con il gancio e continuate ad impastare molto a lungo (15-20 minuti), fermando la macchina e capovolgendo spesso l’impasto. Proseguite fino a che la pasta si staccherà completamente dal fondo e dalle pareti della ciotola, perderà lucidità, diventando opaca e vellutata, e formerà il velo (tirando un pezzetto di pasta tra le dita, dal centro verso l’esterno, formerà appunto un “velo” senza strapparsi).

Mettete la pasta in una ciotola unta, copritela con pellicola e lasciatela puntare a temperatura ambiente per circa 30 minuti, poi mettetela in frigo a 6-7° per tutta la notte (sulla cui durata ho seri dubbi…diciamo che la ricetta delle sorelle Simili prevedeva 12 ore di riposo in frigo ed io così ho fatto, ma secondo me sarebbero state sufficienti 9-10 ore).

Al mattino, tirate fuori l’impasto e lasciatelo a temperatura ambiente per un’oretta. Quindi rovesciatelo sulla spianatoia, sgonfiatelo leggermente e fate le pieghe del secondo tipo con mano leggera. Coprite a campana e lasciate riposare 20 minuti.
Procedete adesso alla formatura. Prendete un pezzo di pasta da 60 g ed uno da 12-15 g per il “tuppo”, ovvero la pallina più piccola che sormonta le brioches. Procedete a formare le palline così: sgonfiate il pezzetto di impasto ed arrotolatelo dal basso verso l’alto premendo leggermente con i pollici; otterrete un “filoncino”. Giratelo di 90° in modo che sia in verticale di fronte a voi ed arrotolatelo come prima, premendo con i pollici. Otterrete un filoncino più corto. Mettetelo “in piedi” sul tavolo con l’apertura davanti (voi cioè non dovete vederla) e piegatelo a metà sempre verso avanti. Otterrete una pallina irregolare. Poggiate la mano sul piano di lavoro in modo da formare una specie di “caverna”, badando che il mignolo ed il pollice non si stacchino mai dalla superficie. Mettete al centro della mano la pallina e rotolatela sul piano di lavoro dall’esterno verso l’interno (in senso antiorario se usate la mano destra) fino a quando sentirete che farà più resistenza e sarà diventata ben compatta. Pizzicate la parte inferiore per chiuderla bene e mettetela sulla teglia coperta di carta forno. Fate lo stesso con il pezzo più piccolo di pasta. Con le dita infarinate, praticate una cavità, quasi un foro ben profondo sulla pallina più grande ed adagiatevi quella piccola premendo bene. Ripetete l’operazione fino alla fine dell’impasto. Disponete le brioches ben distanziate perché aumenteranno molto di volume sia durante la lievitazione che in cottura.

Spennellate le brioches con un tuorlo sbattuto con un po’ di latte e lasciatele lievitare fino al raddoppio. Spennellatele ancora con il tuorlo sbattuto con il latte ed infornatele a 190° (in forno già caldo) per circa 15-20 minuti, fino a completa doratura. Sfornate, fatele raffreddare e chiudetele in un sacchetto di plastica (di quelli per congelare). Così si mantengono morbide per almeno un giorno, ma se volete potete congelarne una parte. Quando vorrete consumarle, scongelatele rapidamente nel microonde e scaldatele per qualche istante. Ritornano come appena sfornate. Solo non tenetele più di un mese, perché poi secondo me cambiano un po’ sapore.

E’ un procedimento lungo, ma ne vale la pena ve lo assicuro! E penso che voi appassionati possiate capirmi. Gli altri invece… Ho portato un paio di brioches a mia madre; lei le ha assaggiate e le ha trovate buonissime, proprio come quelle del panificio. Allora mi ha chiesto la ricetta. Dopo averla sentita, mi guarda e dice: “ma ne valeva la pena? certo, sono buone, ma al panificio sotto casa sono buone uguale e non devi passare due giorni in cucina”. Triste

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giovedì 11 novembre 2010

Spaghetti con zucca e triglie

Questa è praticamente una “foto senza ricetta”, perchè la pasta in questione risale a più di un anno fa e, non avendo appuntato gli ingredienti, non ricordo, se non per sommi capi, come l’avessi preparata.
Anche la foto è una foto rubata, scattata all’ultimo istante, mentre stavo per servire la pasta, perché un assaggio clandestino mentre la saltavo mi aveva conquistato, inducendomi a fotografarla con l’intenzione di pubblicarla quanto prima. Da allora, però, sono passati mesi…per non dire anni.

Oggi, a dire il vero, avrei voluto parlarvi del meraviglioso corso cui ho partecipato, quello di Paoletta e del maestro Adriano, ma non avevo foto da mostrarvi (ero troppo impegnata a mettere le mani in pasta per scattarne) e non ho ancora replicato nessuna delle ricette fatte lì, per mostrarvi quanti progressi abbia fatto in tema di lievitazione e panificazione, così ho cambiato idea ed ho deciso di ripiegare su qualche ricetta dimenticata in archivio.

E dunque, mentre riordinavo l’archivio, è saltata fuori quest’immagine, che mi ha tentato più delle altre e mi è venuta voglia di pubblicarla. Peccato che non abbia trovato la ricetta! Ricordo la menta, perché la adoro sia con la zucca che con le triglie, ma poco altro. E nessuna dose precisa. Prometto di replicarla quanto prima, così posso colmarne le lacune. Nel frattempo, io vi ho suggerito l’abbinamento e mi sforzerò di risalire al procedimento utilizzato, ma starà a voi interpretarlo e perfezionarlo secondo il vostro gusto!

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Ingredienti (così ad occhio!):

200 g di spaghetti
un pezzo di zucca rossa (200 g di polpa?)
4 triglie di scoglio medie sfilettate (conservate le teste per il “fumetto”)
1 piccola cipolla
2 pomodori ramati privati della pelle e dei semi e tagliati in piccoli pezzi
oppure 6 pomodori secchi sott’olio
un mazzetto di menta fresca
1 manciata di mandorle tostate
olio extravergine, sale, pepe nero di mulinello

1 carota, 1 costa di sedano, 1 cipolla ed aromi vari per il fumetto

Preparazione…o quel che ne ricordo

Per prima cosa preparate un fumetto di pesce, nella solita maniera  veloce che prediligo. Mettete in una pentola una carota, una costa di sedano, una cipolla e le teste e lische delle triglie. Aggiungete due cucchiai d’olio e rosolate il tutto per un minuto, quindi aggiungete dell’acqua fredda, diciamo mezzo litro in questo caso, una manciata di sale grosso, pepe, semi di coriandolo pestati, o qualsiasi altra spezia vi piaccia. Portate a bollore e fate cuocere per 10 minuti. Tenete in caldo.

Mettete la pentola  per la pasta e, quando sarà giunta a bollore, salate e cuocete gli spaghetti. Nel frattempo, pulite la zucca e tagliatela a piccoli cubetti. Tritate finemente la cipolla. In una larga padella, versate un filo d’olio buono, unite la cipolla e la zucca e rosolate per due minuti, abbassate un poco la fiamma, salate leggermente e bagnate con il brodetto di pesce. Cuocete in questo modo per 10 minuti, la zucca dovrebbe essere quasi cotta (deve diventare poco meno di una crema, così da avvolgere gli spaghetti, come si vede nella foto!), quindi unite i filetti di triglia interi (non occorre tagliarli, si spezzeranno da soli cuocendo e mescolando), una parte della menta spezzettata con le mani, ed i pomodori (a me piace che conservino un sapore fresco, quindi li faccio cuocere poco; ma forse anche il pomodoro secco si sposerebbe bene);  cuocete ancora per due o tre minuti, mescolando. Scolate gli spaghetti al dente e fateli saltare nel condimento per un paio di minuti, regolate di sale, se occorre, date una bella spolverata di pepe macinato fresco e terminate con il resto della menta sempre spezzettata con le mani. Impiattate e servite.

Che ne dite, vi pare attendibile come procedimento? Sono quasi sicura di avere fatto così, perché è il procedimento che adotto quasi sempre quando abbino verdure e pesce. Ma se notate qualcosa di sbagliato, fatemelo sapere e correggeremo insieme la ricetta!

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mercoledì 3 novembre 2010

Pasta con “sparacelli” e calamari

Ricetta, ancora una volta, di Moscerino. Strano a dirsi, ma da una lunga fase priva di ispirazione, sono passata ad una fase letteralmente compulsiva, dove l’irrefrenabile pulsione creativa mi spinge a provare persino abbinamenti inediti, cosa che normalmente non faccio troppo spesso.

In questo caso, in particolare, desideravo accostare qualcosa di insolito con il pesce, ma non avevo un’idea precisa. Dal pescivendolo, la scelta è caduta sui calamari, che non compro quasi mai ed avevo voglia di utilizzare per un primo piatto. Poi è stata la volta del fruttivendolo; qui il panorama era piuttosto desolante, come può esserlo nella tardissima mattina di un giorno prefestivo, in cui tutti, chi più chi meno, hanno già fatto man bassa di primizie in vista dei grandi pranzi domenicali. Solitari in un angolo, però, ho scorto un paio di mazzi di sparacelli freschissimi che mi guardavano (ma sarà già stagione di sparacelli? Meglio non chiedermelo, vah…). E li ho portati a casa.

L’abbinamento era fatto e prometteva bene. Calamari e sparacelli. Mi aspettavo dalla loro unione e non sono rimasta delusa.

QUanto alla preparazione, ho fatto una semplice variante della classica pasta con gli sparacelli panormita, della quale vi ho già parlato qui. Per i non palermitani, gli sparacelli sono meglio noti come broccoletti; nel post che vi ho linkato, comunque, troverete una dettagliata descrizione di questa verdura. Ho apportato solo qualche modifica, in modo da esaltare il sapore dolce e delicato dei calamari. Le dosi sono un po’ approssimative perché non avevo in mente di postare la ricetta.
Vi suggerisco di utilizzare una pasta di ottima qualità, possibilmente ruvida e porosa, che avvolga il condimento. Io avevo dimenticato di comprarla ed ho ripiegato su un solitario pacco di bucatini senza infamia e senza lode che giacevano nella mia dispensa, i quali, però, alla prova dei fatti si sono rivelati irrimediabilmente scivolosi.

Prima della ricetta, una domanda: ma come si fa a fotografare decentemente la pasta, dovendola poi mangiare??? La pasta lunga, specialmente? Io non riesco mai ad arrotolarla come si deve, scivola da ogni parte, e se perdo tempo a scattare si asciuga!

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Ingredienti (per due persone dal sano appetito):

200 g di bucatini
1 calamaro, pulito e tagliato ad anelli molto sottili
1 mazzo di broccoletti (solo i fiori, conservate le foglie per una minestra magari)
una ventina di pomodorini
peperoncino
1 spicchio d’aglio
2 filetti di alici sott’olio
olio e.v.o.
sale

Preparazione

Pulite gli sparacelli e tagliate i fiori in piccoli pezzi. Lavateli abbondantemente. Portate a bollore una grande pentola d’acqua. Appena raggiunge il bollore, salate l’acqua e cuocete gli sparacelli per dieci minuti. Nel frattempo, scaldate in una padella un filo d’olio buono e fateci sciogliere i filetti di alici. Spegnete il fuoco. Unite poi lo spicchio d’aglio, i pomodorini tagliati a metà, un pezzetto di peperoncino ed i calamari. Quando gli sparacelli saranno cotti, prelevateli con un mestolo forato, lasciando la pentola sul fuoco (tra un attimo la userete per cuocere i bucatini), e versateli nella padella. Fate cuocere i bucatini nell’acqua di cottura degli sparacelli. Nel frattempo, soffriggete su fiamma vivace il condimento, schiacciando gli sparacelli con il dorso del cucchiaio di legno, in modo da ridurli quasi in crema. Aggiungete man mano un po’ di acqua di cottura della pasta. Scolate la pasta al dente e fatela saltare per qualche minuto nella padella con il condimento.
Adesso che ci penso, io metterei più calamari. Gli sparacelli hanno un sapore deciso che tende a soffocare quello dei calamari a meno di non bilanciare meglio le quantità.

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domenica 31 ottobre 2010

I fruttini di Martorana (o pasta di mandorle o pasta reale)

In principio furono “I Morti”. Prima di Halloween, delle streghe, delle zucche e di tutte le altre novità importate dall’America, in Sicilia si festeggiavano I Morti, il 2 novembre.
La Festa dei Morti altro non è che la festa cristiana dedicata alla commemorazione dei defunti, cui si connette una tradizione estremamente viva nella cultura siciliana, almeno fino a qualche anno fa, fatta di dolci tipici (fruttini di martorana, pupi di zucchero, ossa dei morti…), regali ai bambini, fiere, mercatini ed, infine, visite al cimitero. Le origini della festa probabilmente risalgono a prima del cristianesimo e discendono dai culti pagani dei defunti.
La tradizione popolare ha fatto dei “Morti” entità benevole che portano dolci e giocattoli ai bambini, a condizione che siano stati buoni. Ai “monelli” non viene portato nulla. O peggio, carbone.
Un po’ come accade a Natale, solo che la Festa dei Morti è venuta molto, ma molto prima.
In questa pagina, troverete una bellissima descrizione della festa, scritta da Giuseppe Pitrè, il più importante raccoglitore e studioso di tradizioni popolari siciliane.

Nella mia famiglia, i regali non arrivavano tutti gli anni, ma non sono mai mancati i fruttini di martorana (il cui nome deriva dai dolci di marzapane, a forma di frutta, che venivano preparati dalle suore del convento della Martorana), che mia madre preparava in casa, sotto il mio sguardo estatico.
E’ una tradizione cui sono molto legata, una delle cose che più ho amato condividere con mia madre durante l’infanzia; ogni anno mi sembrava una sorta di magia… Da quando mi sono sposata, non li avevo più preparati, ma quest’anno ho voluto rifarli, insieme a lei, ovviamente. E così, ho comprato tutti gli ingredienti, sono andata a casa sua, abbiamo tirato fuori le formine di gesso (mi dicono che adesso, per questioni di igiene, le stiano facendo di silicone…beh, mi dispiace, ma non mi convertirò mai al silicone! le formine di gesso sono una parte fondamentale della tradizione…) e ci siamo messe al lavoro.

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La ricetta di mia madre, tramandata dalla sua bisnonna, è talmente segreta che ho dovuto faticare per convincerla a lasciarmela pubblicare (e lo so che se adesso googlassi “pasta di mandorle ricetta” probabilmente ci troverei anche la mia, ma lasciatemi, anzi lasciateCI credere che sia ancora un segreto…). Si, perchè la nostra pasta reale (o pasta di mandorle) è completamente diversa, per ingredienti e preparazione, da quella diffusa in tutto il resto della città, preparata dai pasticceri e venduta un po’ dappertutto. La nostra prevede una lavorazione a caldo, che parte da uno sciroppo di zucchero, mentre la classica pasta reale viene lavorata a freddo, mescolando la farina di mandorle con glucosio, zucchero a velo, in alcuni casi albume d’uovo, ed aromi vari.  Inoltre, in casa mia la pasta viene lavorata poco, rinunciando, forse, alla perfezione estetica a vantaggio del gusto. Il risultato finale per me è totalmente diverso da qualsiasi altro mai assaggiato. La nostra pasta di mandorle è una pasta granulosa ed aromatica, molto dolce, certo, ma con un intenso sapore di mandorle; l’altra è liscia e compatta, eccessivamente “perfetta” (i maligni la associano al gesso, o al pongo…ma non io! io dico solo che è diversa…) e, secondo me, poco profumata. Ma si sa, i gusti son gusti ed ognuno è affezionato alla propria tradizione familiare!

Mentre facevo un tuffo nel passato, preparando questi dolcetti, ho tentato di fare qualche foto del procedimento (non sono delle belle foto, ma c’era una pessima luce, mia madre adora la luce soffusa e le abatjour!!!) . E spero, un giorno, di poter condividere questa tradizione con i miei figli, anche se il mondo di oggi è totalmente diverso e Halloween sta soppiantando, nel cuore dei più piccoli, la vetusta tradizione dei Morti.
Intanto, la condivido con voi.

Ingredienti

500 g di farina di mandorle
250 g di acqua
1 kg di zucchero
1 bacca di vaniglia/1 cucchiaino di estratto di vaniglia

formine di gesso
amido
coloranti alimentari in polvere
cacao amaro in polvere
pennelli

a piacere “lucido trasparente” per alimenti (io non lo uso)

Preparazione

Almeno dodici ore prima di iniziare, prendete un tegame basso e largo (tipo una risottiera) e versateci l’acqua, lo zucchero e i semi della vaniglia. Copritelo e lasciatelo riposare.
Tirate fuori le formine di gesso (che non devono mai essere conservate in un contenitore chiuso, hanno bisogno di prendere aria) e pulitele con un pennello o uno spazzolino morbido.

fruttini_color copia

Trascorso questo tempo, mettete la pentola sul fuoco e, mescolando continuamente, attendete che si formi lo sciroppo di zucchero “al piccolo filo”. Lo sciroppo sarà pronto quando, mettendone una goccia tra pollice ed indice, precedentemente bagnati di acqua fredda (attenti alle scottature!), formerà un “piccolo filo”. Il piccolo filo è il primo dei sei gradi di cottura dello zucchero, in merito alla quale trovate abbondanti e, certamente, più accurate informazioni in rete. Raggiunto il giusto grado di cottura dello sciroppo, aggiungete la farina di mandorle versandola a pioggia e mescolate continuamente e vigorosamente con un cucchiaio di legno. Appena terminate di versare la farina, calcolate 6-7 minuti di cottura, durante i quali dovrete sempre mescolare con energia, come se faceste la polenta! La pasta sarà pronta quando apparirà più compatta e sembrerà staccarsi più facilmente dalle pareti (non si staccherà mai completamente però). Togliete il tegame dal fuoco e versate la pasta di mandorle in piccoli mucchi su un tagliere di legno o marmo. Appena sarà tiepida, manipolatela delicatamente, ma senza esagerare; dovrete come compattarla tra le mani più volte, fino a quando la superficie esterna sarà liscia, ma dentro la pasta apparirà ancora granulosa.
Prendete un pezzetto di pasta e mettetela in una delle formine che avrete spolverato con amido o, in alternativa, ricoperto con pellicola trasparente. Tagliate l’eventuale eccesso con un coltellino affilato, schiacciatela con le mani arrotondandone la parte posteriore e, infine, rovesciate il vostro “fruttino” su un vassoio. Proseguite così fino ad esaurire la pasta, ma siate veloci perché tende ad asciugarsi in fretta, rendendo più difficoltosa la formatura.

passo_passo_s

Quando avrete terminato, lavate molto velocemente le vostre formine (la maggior parte delle persone sostengono che non debbano assolutamente essere lavate, ma quelle che vedete nella foto sopra hanno almeno quarant’anni e vengono lavate tutti gli anni…) con acqua appena tiepida, quindi asciugatele con un panno pulito e lasciatele all’aria almeno altre 24 ore prima di riporle in una cassetta o scatola priva di coperchio.

Dopo aver lasciato asciugare i fruttini per un giorno (su un vassoio coperto di alluminio), potrete colorarli. Preparate i coloranti in polvere, il cacao (che io uso come colore marrone, al posto del colorante), dell’acqua, dei piattini e dei pennelli. Mettete un pizzico di colorante in un piattino, unite una goccia d’acqua e diluitelo. Se avete utilizzato l’amido per formare i fruttini, spolveratelo via prima di colorarli. Colorate le varie parti dei fruttini, avendo cura di pulire i pennelli prima di cambiare colore, a meno che non desideriate ottenere delle sfumature mescolando i colori. Fate per ultimi i dettagli, come i puntini neri, le strisce, ecc, utilizzando un pennellino molto sottile.

Lasciate asciugare i fruttini alcune ore e, se desiderate, lucidateli con una vernice trasparente per alimenti. Noi non l’abbiamo mai fatto, perché il lucido evidenzia le imperfezioni!
Conservateli ben chiusi in un contenitore ermetico o una scatola di latta. Non occorre dire che sono ipercalorici, quindi consumateli con moderazione!

Se volete regalarli, confezionate i vostri fruttini in piccole cassette di legno, o cestini, panierini o quel che più vi aggrada, sul cui fondo adagerete un po’ di paglia per alimenti, trasparente o color legno. Qui da noi la scelta delle confezioni è ampia ed ogni famiglia ha il proprio stile. Io adoro queste piccole cassette di legno, che imitano quelle vere della frutta!

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lunedì 25 ottobre 2010

Algerini

No, tranquilli, non sto per parlarvi degli abitanti dell’Algeria, ma di biscotti!

Si, perché da noi a Palermo, con il nome “algerini” vengono indicati dei biscotti rotondi, dai bordi smerlati, fatti di una pasta “simile” alla frolla (eppure completamente diversa, quanto a sapore e consistenza) e ricoperti da una spessa coltre di zucchero a velo.
Per me sono il “comfort food” per eccellenza (…fa un po’ strano parlare di “comfort food” riferendosi ad un cibo deicsamente povero, popolare direi); si, insomma, per me sanno di casa, sanno di buono, sanno di domeniche dai nonni, sanno di cappotti irrimediabilmente imbiancati dalla loro polvere zuccherina, sanno di dita leccate furtivamente per gustare fino all’ultimo pizzico di dolcezza, sanno di infanzia e di semplicità. Come ha scritto qualcuna di voi, di recente, sono le “mie madeleines”.

algerini_s

Purtroppo, da foodblogger negligente quale spesso sono, non so narrarvi la storia di questi biscotti o l’origine del loro nome così particolare (se qualcuno ne sapesse più di me sarei lieta di approfondire..). Posso solo dirvi che, insieme ai biscotti regina, che ho pubblicato qui, sono tra i biscotti più diffusi nella mia città. Li potete trovare quotidianamente in qualsiasi panificio ed in moltissime pasticcerie.

Prepararli è facilissimo, piacciono praticamente a tutti e si mantengono fragranti davvero a lungo. Se ben conservati, in un vaso di vetro ermetico, o in una scatola di latta, ancora dopo una settimana sono ottimi (più a lungo non son mai durati, quindi non so dirvi…).
Confezionati in una graziosa scatola, diventano un simpatico dono da portare quando si va trovare un’amico/a (questa volta, li ho preparati per la neo mamma di una deliziosa bambina, F.). Sono ottimi da soli, o con il tè, il caffè, il latte o il cappuccino, spalmati di nutella o di marmellata (di limoni la mia preferita)…insomma sono dei biscotti ottimi in ogni occasione!
Vi ho fatto venire un po’ voglia di provarli?? Se si, eccovi la ricetta, che a me ha dato la mia preziosa collega P.

Un’ultima cosa: vi suggerisco di resistere alla tentazione di apportare modifiche agli ingredienti e di provarli nella versione originale, usando sia lo strutto che l’ammoniaca. Solo così otterrete il sapore e la consistenza “giusti”. Utilizzare il burro, o il lievito, cambierebbe completamente il risultato.

Ingredienti (per 3 teglie di biscotti):

500 g di farina 00
175 g di strutto
175 g di zucchero
5 g di ammoniaca
1 uovo
eventualmente: latte freddo q.b. per amalgamare gli ingredienti
vaniglia (una bacca)
la scorza di un limone

zucchero a velo per spolverizzarli

Preparazione

Preriscaldate il forno a 190°, statico. Mettete nella ciotola della planetaria (o del mixer/robot da cucina/food-processor/insomma chiamatelo come vi pare), con la frusta a K o a foglia, la farina, lo zucchero, i semi della vaniglia, la scorza di limone e lo strutto freddo. Azionate l’apparecchio ed amalgamate fino ad ottenere un composto “bricioloso”. Aggiungete l’uovo e l’ammoniaca, e mescolate di nuovo. Se non dovesse compattarsi, aggiungete a filo poco latte freddo (direi due cucchiai, ma dipende tutto dalle dimensioni dell’uovo), quanto basta per far amalgamare gli ingredienti, formando una specie di frolla, liscia ed omogenea.

A meno che fuori non ci siano 40° all’ombra, non sarà necessario neppure far riposare la pasta in frigo. E’ un impasto liscio, non appiccicoso e molto malleabile, davvero facile da lavorare.

Stendete la pasta (io la divido in 4 o 5 porzioni, trovo sia più facile poi ri-impastare i ritagli) ad uno spessore di circa mezzo centimetro, ma considerate che i biscotti crescono in cottura, quindi regolatevi secondo lo spessore che desiderate ottenere (l’esatto spessore degli algerini è oggetto di accesi dibattiti…diciamo non troppo sottili, altrimenti diventerebbero eccessivamente “biscottati”, ma neppure troppo spessi, perché resterebbero un po’ troppo morbidi; io propendo per una sana via di mezzo, mi piace che abbiano il bordo estremamente friabile ed il centro leggermente più morbido). Ritagliate i biscotti con un tagliapasta rotondo, con il bordo smerlato, del diametro di 4-5 centimetri. Disponete man mano i biscotti, leggermente distanziati, su una placca ricoperta di carta forno ed infornateli per circa 15 minuti, dovranno diventare dorati ma non troppo bruni (diciamo anche un po’ più chiari di quelli che vedete nella foto).

Raffreddando, i biscotti acquisteranno croccantezza, per cui non allarmatevi se all’inizio dovessero sembrarvi troppo morbidi. In ogni caso, mentre cuocete le successive teglie, potrete constatare la cottura di quelli sfornati precedentemente e, se dovessero essere troppo morbidi anche una volta freddi, potete infornarli nuovamente per qualche altro minuto.

Lasciate raffreddare completamente e cospargeteli di zucchero a velo. Senza parsimonia!

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mercoledì 20 ottobre 2010

Risotto con fiori di zucca, alici e mozzarella

Ricetta di…Moscerino!

L’altro giorno, avevo comprato tutto l’occorrente per dei succulenti fiori di zucca “alla romana”, ossia ripieni di alici e mozzarella e fritti in una soffice pastella. Non viene l’acquolina solo a sentirne parlare? Solo che poi, tornata a casa, mi sentivo davvero stanca; in più la mia bilancia mostra numeri mai raggiunti prima, il che, se ancora non mi manda nel panico, certamente desta qualche preoccupazione, così ho deciso di lasciar perdere la frittura. Mi restavano però quei fiori di zucca e non sapevo come cucinarli.
Poi, ho avuto un’illuminazione: perchè non convertire il ripieno in un condimento? Restava un solo dubbio: pasta normale, lasagne, o riso? Ho scartato la pasta perché temevo che il condimento non fosse abbastanza avvolgente, nonostante la mozzarella. Le lasagne le ho escluse, perché avrebbero richiesto della besciamella e non volevo che quest’ultima coprisse il sapore che avevo in mente. Dunque, è stato riso. Questo riso.
 
risotto_fiorizucca_alici_mozzarella_s
 
D’accordo, magari non sarà la scoperta del secolo, e scommetto che qualcun altro ci avrà pensato, ma lì per lì mi è parsa un’idea geniale. Ed è piacevole ogni tanto non dover dire “la ricetta originale è di…”.
E tra l’altro, per essere una ricetta improvvisata, era davvero buonissima. Mi dispiace solo non aver appuntato esattamente la quantità di fiori di zucca usati (ho contato i pistilli per cercare di determinarla a posteriori!!).
Suggerirei soltanto di aumentare la quantità di acciughe; ne ho messe poche per prudenza, ma avrebbero potuto sentirsi di più. Oppure, perchè non provare con la colatura di alici?
Come vedete, sono arsa da “sacro fuoco culinario”; altro che una ricetta al mese, ne ho pubblicate tre in meno di due settimane, ne ho trovate almeno altrettante in archivio che voglio assolutamente proporvi e cucino cose nuove in modo quasi compulsivo!!
Ma io sono fatta così. O sono iper entusiasta, o mollo del tutto. Non conosco le mezze misure. Ed infatti, mi ha stupito e compiaciuto constatare che, sebbene a fasi alterne, questo blog esiste da ormai tre anni (mi sono dimenticata il comple-blog...)! Non credevo avrei resistito tanto.
NOTA: Con questo risotto partecipo alla raccolta di Ricette con la zucca del blog “Non tollero il lattosio”.
 
Ingredienti (per 3 persone):

250 g di riso arborio
1 cipolla dorata piccola
30 (circa) fiori di zucca freschissimi
5 filetti di alici sott’olio (io ne metterei di più, se vi piacciono)
100 g (circa) di mozzarella fior di latte (quella artigianale però…mica quella “plasticosa” delle buste!)
mezzo bicchiere di vino bianco per sfumare
brodo vegetale q.b. (circa 1,5 lt)
olio etravergine d’oliva
sale
pepe nero di mulinello

Preparazione
 
Preparate il brodo (non stavate pensando di usare il dado, vero????). Io ne faccio uno piuttosto veloce, che poi ho scoperto essere simile a quello proposto su Gennarino, che chiamano “brodo vegetale rovesciato”. Vi scrivo la mia preparazione. Tagliate grossolanamente sedano, cipolla, carote ed, a seconda della disponibilità,  altre verdure veloci da pulire, io uso quasi sempre patate, zucchine e pomodori. Scaldate un cucchiaio d’olio extravergine di oliva in una pentola profonda, soffriggetevi velocemente le verdure (bastano una trentina di secondi), quindi aggiungete acqua quanta ne occorre, sale grosso ed erbe aromatiche a volontà: io, di solito, uso basilico, prezzemolo, rosmarino, salvia, alloro. Se volete, potete mettere anche un pezzetto piccolissimo di peperoncino o qualche grano di pepe, o arricchire con altre spezie, come coriandolo, semi di finocchio, cumino, etc. Ma vi sto complicando la vita vero? Doveva essere un brodo veloce, quindi non divaghiamo! Fate sobbollire per circa 15 minuti se vi occorre solo il brodo, da venti a trenta se volete utilizzare le verdure (passandole con un po’ del brodo prelevato dal totale, otterrete una deliziosa vellutata di verdure). Filtrate il brodo o, ancor meglio, se avete fretta, prelevatene un mestolo per volta e versatelo sul riso facendolo passare attraverso una schiumarola o un “ragno”, per trattenere le verdure e le spezie.
Passiamo al risotto. Lavate i fiori di zucca ed asciugateli delicatamente con della carta assorbente. Puliteli dai filamenti verdi esterni e togliete il pistillo centrale (quello giallo, con il polline, per intenderci). Tagliatene una metà a listarelle sottili e l’altra metà a metà (scusate la ripetizione) nel senso della lunghezza. Se volete, tenetene da parte un paio interi per la decorazione.
Tritate la cipolla. Mettete due cucchiai di olio extravergine in una casseruola bassa e larga; unite la cipolla, i filetti di acciughe e i fiori di zucca a listarelle e soffriggete il tutto per uno o due minuti; unite il riso e tostatelo bene mescolando continuamente (deve apparire “lucido”), sfumate con il vino (non è male nemmeno con la birra) e lasciatelo evaporare. Abbassate la fiamma ed Iniziate ad aggiungere il brodo bollente, un mestolo per volta. Abbassate la fiamma e proseguite la cottura mescolando sempre. Ci vorranno circa 15 minuti. Cinque minuti prima della fine, unite i fiori di zucca rimasti (quelli tagliati solo a metà) e regolate, se necessario, di sale (occhio, che dovrebbe essere già bello saporito, tra brodo ed acciughe). Quando il riso sarà cotto, spegnete la fiamma. Fuori dal fuoco, unite la mozzarella tagliata a dadini e mescolate per farla sciogliere. Servite caldo.

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lunedì 18 ottobre 2010

Chocolate Chips Muffin…Rosa

Appena prima che la giornata sia finita, pubblico anch’io una ricetta in tema rosa , improvvisata in fretta e furia per poter allungare di un altro pezzettino il nostro virtuale Nastro Rosa, dedicato alla omonima campagna per la "prevenzione" del tumore al seno, per contribuire a colorare di rosa il web, perché il mese della prevenzione non passi inosservato.
Perché la prevenzione salva la vita; perché la prevenzione è fatta di tante piccole cose: dal volersi più bene, cercando di seguire uno stile di vita sano, al sottoporsi a controlli regolari, perché “la diagnosi precoce è l’arma più efficace che le donne hanno per sconfiggere il tumore”.

E, permettetemi di andare un po’ fuori tema, questo vale per tutti i tumori. Quindi, mentre vi ricordate che ottobre è il mese della prevenzione per il tumore al seno, potreste anche segnarvi in agenda qualcun altro dei controlli raccomandati per la prevenzione delle malattie tumorali. Perché la diagnosi precoce può salvare molte vite, e perché –purtroppo- non è vero che queste cose capitano solo "agli “altri”.

Insomma, non pretendo di trovare, in dieci minuti, le parole adatte per un argomento cos'ì importante. Lascio questo compito a chi sa farlo meglio di me. Troverete tutto quel che occorre sapere sul sito Nastro Rosa e su quello della LILT (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori).

muffin_rosa_s

Sotto la panna colorata di rosa, ci sono dei semplicissimi muffin con gocce di cioccolato. La ricetta è tratta dal solito libro, da cui ho preso le ultime ricette di muffin. Mi soffermo sulla ricetta quel tanto che basta per dirvi che sono davvero sorprendenti. Diversi da tutti gli altri muffin con gocce di cioccolato che abbia mai preparato. Provare per credere.
La decorazione è quella che è, scusatemi, andavo di fretta. Volevo solo esserci anch’io.

Ingredienti (per 12 muffin grandi e magari anche di più):

Ingredienti secchi:

320 g di farina 00
150 g di zucchero
3 cucchiaini di lievito
1 cucchiaino di sale
150 g di gocce di cioccolato o di cioccolato fondente spezzettato
1 bacca di vaniglia

Ingredienti liquidi:

320 ml di panna fresca
175 ml di latte parzialmente scremato
50 ml di olio
1 uovo (albume e tuorlo separati)

Decorazione

panna fresca
zucchero a velo q.b.
colorante alimentare in polvere rosa
confettini di cioccolato rosa

Preparazione:

Preriscaldate il forno a 180°.

Mescolate insieme la farina, lo zucchero, il lievito, il sale ed i semini della bacca di vaniglia, che raschierete con la punta di un colellino affilato, dopo aver inciso la bacca nel senso della lunghezza.

Montate l’albume a neve.

Mescolate insieme gli ingredienti liquidi, compreso il tuorlo; uniteli adesso agli ingredienti secchi. Aggiungete l’albume a neve ed infine le gocce di cioccolato. L’impasto apparirà molto liquido, ma è normale.

Dividete la pasta negli stampi ed infornate per 20-25 minuti, fino a quando i muffin saranno gonfi e ben dorati. Verificate la cottura con uno stecchino, sfornate e lasciate raffreddare.

Un solo appunto: a me “esplodono “ quasi sempre! Gonfiano in modo spropositato e si spaccano in superficie, il che li rende poco adatti ad essere decorati; per ovviare al problema, ho tagliato una parte della calotta prima di decorarli (che ho poi assaggiato, giusto per verificare che fossero venuti bene!).

Per la decorazione, ho semplicemente aggiunto un pizzico di colorante rosso alla panna, poi l’ho montata con un po’ di zucchero a velo ed usata per ricoprire i dolcetti. Ho rigato la superficie con la  mia nuova penna per decorare, di cui vi ho parlato l’altra volta, ed aggiunto al volo un paio di confettini colorati. Se avete più tempo ed un buon rapporto con la tasca da pasticcere, potreste decorarli con un bel ciuffo di panna utilizzando una bocchetta a stella. Semplice, ma sempre elegante.

Adesso vado, che devo ancora lavare i piatti Triste.

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sabato 16 ottobre 2010

Chocolate Thumbprints (by Martha Stewart)

Meglio noti come “i biscotti al cioccolato più buoni del mondo”. La ricetta di Martha Stewart la trovate qui. La ricetta con le dosi convertite la trovate un po’ ovunque.

Chocolate_Thumbprints

Come noterete, mi sono lasciata convincere da voi che valga la pena anche riproporre una ricetta già vista. Ho molto apprezzato tutti coloro che hanno scritto che un blog non è fatto solo dalle ricette, più o meno nuove, ma anche e soprattutto da chi le descrive, aggiungendoci qualcosa di personale.

Questo mi ha fatto riflettere sul mio modo di scrivere. Quando condivido le ricette su questo spazio, o commento le vostre, mi sembra di tornare bambina, anzi diciamo adolescente. E’ tutto un continuo entusiasmarmi, mettere puntini di sospensione e punti esclamativi, “andare in brodo di giuggiole” per questa o quella ricetta...insomma, sarà la “sindrome da diario segreto” (adoravo tenerli, e metterci tutto il dovuto corredo di cuoricini, puntini, disegnini, ecc.), ma quando rileggo i miei scritti a distanza di tempo penso che, agli occhi degli altri, io debba sembrare una sciocchina. E mi vergnogno come una ladra.
Eppure, Moscerino è fatta così. Non nego che io, nella vita reale, sia un po’ così, però diciamo che, ordinariamente, sono ben più controllata. Insomma Moscerino è un alter ego; sono io e non sono io. E’ la Me che non deve preoccuparsi di come possa apparire agli occhi degli altri, la Me che può concedersi di restare sempre un po’ bambina (chiari sintomi di “sindrome di Peter Pan”?). Per questo, però, finisco per tenere Moscerino ben separata dalla vera me. Il che significa, principalmente, non parlare quasi mai del mio blog. Raramente tra le mie frequentazioni dico di averne uno, o invito a visitarlo. Arrossisco solo all’idea che certe persone, che mi vedono così seria e posata, leggano quello che scrive la mia “altra me”.
Di recente, però, è capitato che la mia collega P. abbia indicato il mio blog ad un’altra persona, la quale, poi, gliene ne ha parlato in toni lusinghieri. Dovrei essere felice. Ma, sotto sotto, spero di non conoscere mai quella persona!

Dite che sono pazza?? Beh, può darsi…del resto non lo siamo un po’ tutti noi food bloggers? Chi di noi non è stato oggetto degli sguardi attoniti dei vicini di casa mentre, muniti di cavalletto, macchina fotografica, specchi, diffusori, tovagliette, cartoncini, piatti, posate, ci contorcevamo sul balcone, o davanti alla finestra, nel tentativo di catturare l’immagine perfetta di…un biscotto? (Di fronte casa mia, per ora, ci sono dei lavori di ristrutturazione…non vi dico come mi guardino gli operai…e ricordo ancora lo sguardo di mia zia, mentre mio padre tentava di spiegarle in che consistesse il mio blog…povera donna, si sta ancora chiedendo perchè debba mostrare su internet, a perfetti estranei, quello che ho cucinato).

Va beh, adesso che vi ho bersagliato con i miei pensieri sconclusionati, torniamo a parlare di cucina. Questi biscottini,direi piuttosto pasticcini, sono un tripudio di cioccolato che avrete visto un po’ ovunque in rete. Ma desideravo da troppo tempo prepararli. E finalmente mi sono decisa, soprattutto per poter provare un nuovo gadget da cucina, regalatomi dalla mia collega P., una “penna per decorare”. Si tratta di un piccolo contenitore in silicone con beccucci intercambiabili, decisamente più comodo della tasca da pasticcere per piccole quantità (avete mai provato a mettere tipo due cucchiai di crema in un sac à poche?), e più pratico del famigerato conetto di carta forno per chi, come me, ha scarsa manualità. In questo caso, l’ho utilizzata per riempire di crema i biscottini senza sbavature. Ma non vedo l’ora di provarla per vere e proprie decorazioni. Credo sia ufficialmente divenuto il mio attrezzo preferito!

Ingredienti (per circa 30 biscotti):

per i biscotti

120 g di farina 00
60 g di cacao amaro in polvere
1 cucchiaino di sale di Cervia
115 g di burro morbido
130 g di zucchero
1 tuorlo
1 cucchiaio di panna fresca

zucchero q.b. per rotolarvi i biscotti

per la ganache

40 ml di panna fresca
40 ml di miele
60 g di cioccolato fondente al 70% *
30 g di burro

* io ho utilizzato 30 g di cioccolato e 30 g di massa di cacao 100% della Cuorenero. La massa di cacao, molto amara ma profumatissima, conferisce più carattere alla crema, contrastando la dolcezza del biscotto.

Preparazione

Con delle fruste elettriche, sbattete il burro con lo zucchero, fino ad ottenere una crema morbida; unite il tuorlo e la panna e mescolate bene. Aggiungete adesso la farina, che avrete precedentemente mescolato con il cacao ed il sale, e mescolate bene fino ad amalgamare il tutto. Compattate, se occorre, il composto con le mani e ponete in frigo a raffreddare per una mezz’ora, coperto da pellicola trasparente.

Preriscaldate il forno a 175°. Prelevate il composto dal frigo; preparate una ciotola con dello zucchero semolato, in cui rotolerete i biscotti. Prelevate un cucchiaino di composto, rotolatelo velocemente tra le mani (possibilmente fredde) fino a formare una pallina, rotolatela, rotolatela nello zucchero e adagiatela sulla placca coperta di carta forno. Schiacciate lievemente la pallina e praticatevi un foro nel centro con il manico di un cucchiaio di legno. Proseguite così fino ad esaurimento dell’impasto, avendo cura di distanziare i biscotti l’uno dall’altro. Se potete, mettete la teglia in frigo per una decina di minuti prima di cuocere i biscotti, così manterranno meglio la forma.

Cuocete per 10-15 minuti. Io li ho cotti per 15 minuti, perché volevo che diventassero un po’ più consistenti e croccanti. Sfornateli e lasciateli raffreddare per una decina di minuti senza toccarli (sono molto fragili).

Nel fratttempo, preparate la ganache. Mettete in un pentolino su fuoco basso la panna ed il miele. Quando saranno caldi, ma non bollenti, unite il cioccolato spezzettato e spegnete il fuoco. Mescolate bene, quindi, unite il burro e mescolate ancora, fino ad ottenere una crema liscia e lucida.

Quando la crema sarà tiepida, riempite l’incavo dei i biscotti.

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domenica 10 ottobre 2010

Muffin al limone e semi di papavero

Quando ho preso in mano la macchina per fotografare questi muffin a stento ricordavo come si facesse. Molti mesi sono passati dall’ultima volta che ho fotografato del cibo. Ma è bastato poco per riprendere confidenza con gli sfondi, le tovagliette, il set e tutti gli altri dettagli che occorrno a noi food bloggers per immortalare le nostre ricette.E confesso di essermi proprio divertita.

In molti siete passati da qui sperando di trovare una nuova ricetta, chiedendo a gran voce il mio ritorno. Vi ringrazio per l’affetto. E ringrazio anche coloro che, passando da qui per la prima volta, hanno espresso apprezzamento per il mio blog, promettendo di diventarne sostenitori. Mi dispiace aver deluso le vostre aspettative e non aver ricambiato le vostre gentili visite.

La verità è che mi manca l’ispirazione. La gravità della crisi l’ho compresa solo recentemente quando, dovendo preparare una torta di compleanno, ho scoperto di non avere NESSUNA IDEA. Io che, di solito, avevo liste infinite di dolci da provare! Non solo non ne trovavo nessuna degna di essere fotografata, addirittura non me ne veniva in mente nessuna che mi venisse voglia di preparare!

Mi sembra che sia tutto già visto, già cucinato, già fotografato, meglio di quanto potrei fare io. Insomma, c’è davvero bisogno di un ennesimo sito che riproponga, con maggiori o minori personalizzazioni, ricette che comunque si trovano in altri blog, o libri o ricettari vari? Eppure…già, eppure. Eppure quelle pubblicate qui sono, in qualche modo, anche le mie ricette. Io le ho scelte, preparate con amore, fotografate, commentate. Questo non le rende un po’ mie? E questo sito cos’è se non il mio personale ricettario virtuale? Le nostre madri e le nostre nonne avevano i loro quaderni. Io ho il mio blog. E quando lo “sfoglio” mi meraviglio sempre pensando a cosa sono stata capace di fare, a quanti progressi abbia fatto. Queste mi sembrano ottime ragioni per andare avanti, perciò cercherò di essere più diligente d’ora in avanti.

Che ne dite se iniziamo con una ricetta al mese? Vorrei fare alla settimana, ma non credo di farcela. Devo rimettermi in pari perchè, vedete, sono caduta in una sorta di circolo vizioso. Meno tempo dedicato alla cucina ed al blog equivale a meno tempo speso nella consultazione di blog (i vostri ovviamente, oltre a quelli più blasonati), libri o riviste di cucina da cui trarre nuove idee, il che equivale a minore ispirazione, che riduce ulteriormente la qualità e quantità del tempo dedicato alla cucina. Insomma, una ricetta al mese mi pare un programma fattibile per il momento. Spero di incrementare il ritmo presto.

Intanto, cominciamo con quella di oggi. Ancora muffin, tratti dallo stesso libro dell’ultima volta, “Muffin”, per l’appunto. Questi sono molto molto limonosi. Perfetti per me. E i pezzetti di pera che ci sono dentro, con la loro dolcezza, creano un inatteso contrasto. Sono deliziosi. Vorrei solo poterli fare più spesso, ma mio marito non apprezza i dolci al limone ed io fatico a consumarli prima che diventino cattivi. Dovrei trovare volontari disposti ad aiutarmi a finirli!

Muffin_limone_s

Ingredienti per 6/7 muffins:

160 g di farina 00
1 cucchiaio di semi di papavero
mezzo cucchiaino di sale
1 cucchiaino e mezzo di lievito
la scorza grattugiata di 1 limone grande
75 g di zucchero
65 g di burro
1 uovo (albume e tuorlo separati)
il succo di 1 limone grande (20 ml nella ricetta)
1 vasetto di yogurt bianco cremoso (105 ml di yogurt greco nella ricetta originale)
100 g di pera pelata e tagliata a pezzetti

Per la glassa e la decorazione:

30 g di zucchero a velo
2 cucchiai di succo di limone
semi di papavero q.b.

Preparazione.

Rispetto al solito procedimento per la realizzazione dei muffin (ingredienti secchi da una parte, liquidi dall’altra, ed una mescolata veloce per unire il tutto), quello previsto per questi è più laborioso. All’inizio mi aveva lasciato perplessa, ed avevo fatto dei cambiamenti. Sbagliavo. Il procedimento originale è perfetto, perciò fatemi un favore: provatelo.

Preriscaldate il forno a 190°. Mescolate in una ciotola la farina, i semi di papavero (li trovate nelle erboristerie o nei negozi di prodotti per pasticceria), il lievito, il sale e la scorza di limone grattugiata.

Montate a neve l’albume. Mescolate lo yogurt con il succo di limone. Secondo la ricetta, dovreste ottenere in tutto circa 125 ml. Io questa volta ho utilizzato un vasetto da 125 g di yogurt cremoso e il succo di un limone. Tagliate la pera a pezzetti non più grandi di una mandorla.

Con un frullatore o una frusta a mano, sbattete il burro con lo zucchero, fino ad ottenere una crema soffice. Unite il tuorlo al composto di burro e zucchero e mescolate ancora. Unite il composto di yogurt e succo di limone ed infine l’albume a neve. Incorporate adesso gli ingredienti secchi, senza lavorare troppo la pasta. Aggiungete per ultima la pera.

Suddividete il composto negli stampini ed infornate subito. Cuocete i muffin per circa 20 minuti, fino a che saranno gonfi e dorati ed uno stecchino infilzato nel centro ne uscirà asciutto.

Lasciate intiepidire i muffin e, nel frattempo, preparate la glassa, mescolando energicamente con un cucchiaio lo zucchero a velo con il succo di limone. Dovreste ottenere una glassa morbida, non troppo densa. Eventualmente aggiungete qualche altra goccia di succo di limone. Ricoprite i muffin ancora tiepidi con la glassa e spolverizzate con un pizzico di semi di papavero.

Leggi la Ricetta...

giovedì 18 marzo 2010

Bob’s Muffins alla pera

Chi è Bob? Bob è l’autore di un libriccino delizioso: “Muffin, originali ed autentici” edito da Biblioteca Culinaria, che mi ha letteralmente conquistata. Ho già provato quattro ricette e sono una migliore dell’altra.

So che molti di voi già conosceranno questo libro, e so che ricette di muffins ce ne sono a iosa in rete, specie dopo il contest di Pan di panna, ma i muffins di Bob meritano una menzione speciale, per quei pochi che non li conoscessero!

Inoltre, potrei dirvi che questi muffins alla pera sono in assoluto i più buoni del mondo, ma rischierei di apparire presuntuosa, quindi mi limiterò a dire che sono i migliori che abbia mai provato!

E adesso, prima di precipitarvi ad acquistare il libro, date un’occhiata alla foto, e alla ricetta, così per farvi un’idea! :D
La dose che riporto è per 6 muffins, metà di quella pubblicata nel libro. Inoltre, ho aggiunto delle mandorle tritate all’impasto, riducendo i fiocchi di cereali (che a loro volta sostituiscono i fiocchi d’avena previsti dalla ricetta…non so voi, ma non sono una fan dei fiocchi d’avena!).

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Ingredienti per 6 muffins:

Ingredienti secchi:

120 g di farina 00
25 g di cereali al cioccolato
“Special K” nel mio caso (fiocchi d’avena nella ricetta originale)
10 g di mandorle tritate grossolanamente (mia aggiunzione)
1 cucchiaino e mezzo di lievito
45 g di zucchero
mezzo cucchiaino di cannella in polvere
mezzo cucchiaino di sale
zucchero di canna per spolverizzare i muffins

Ingredienti liquidi:

75 ml di latte parzialmente scremato
55 ml di olio di semi d’arachide
(girasole nella ricetta originale)
1 uovo
100 g di mela pelata e grattugiata
90 g di pera a pezzetti

Preparazione.

Preriscaldate il forno a 200°. Mescolate tutti gli ingredienti secchi. Aggiungete la mela grattugiata e la pera, tagliata a pezzetti grandi quanto una mandorla. Mescolate gli ingredienti liquidi (eccettuata la frutta) in un’altra ciotola, sbattendoli leggermente con una frusta a mano. Riunite le due preparazioni senza lavorare troppo la pasta. Suddividete la pasta negli stampi e spolverizzate la superficie di ogni muffin con un pizzico di zucchero di canna.

Infornateli  e fateli cuocere per 20-25 minuti, fino a quando sarabbo gonfi e ben dorati. Verificate la cottura con uno stecchino o con la lama di un coltello: quando, dopo averli infilzati al centro dei muffins, usciranno puliti, vorrà dire che sono pronti.

Semplicissimi non è vero?

Sfornate e lasciateli raffreddare. Conservateli in un contenitore ben chiuso; resteranno morbidi per alcuni giorni.

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domenica 7 marzo 2010

“Paella” Express

Questa volta la lunga assenza non è dovuta a pigrizia o scarsa ispirazione, ma ad un problema tecnico; il mio adorato gioiellino rosa (leggasi il mio pc portatile) è rimasto all’assistenza per quasi una settimana…e temo che dovrà tornarci, perchè non siamo riusciti a risolvere il problema. Potremmo dire che…”ha il respiro affannoso” (la ventola non funziona a dovere) e mi sa che dovranno spedirlo alla casa produttrice per farla sostituire! Sigh! Perciò, credo che non potrò pubblicare per un po’…

Ma andiamo alla ricetta. Le virgolette nel titolo direi siano d’obbligo, perchè pur non conoscendo la ricetta della vera paella, credo che questa sia una versione piuttosto semplificata….e soprattutto preparata senza l’apposita “paellera”, ossia il tegame largo e basso con i doppi manici che utilizzano in Spagna. Mi sono dovuta accontentare di una larga padella in alluminio con rivestimento antiaderente. La ricetta originale, che ho leggermente modificato, proviene dal libro “Riso!” edito da Guido Tommasi (libro favoloso, lo adoro!!!).

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La ricetta prevedeva l’utilizzo di un riso definito “tondo”; io ho utilizzato un riso bianco tondo tipo “balilla” preso al NaturaSi, ma ritengo che un classico arborio possa andare bene ugualmente.

Ingredienti (per 4 persone circa):

400 g di riso tondo balilla
400 g di gamberetti (con il guscio)
200 g di petto di pollo a cubetti (piccoli)
200 g di filetto di maiale a cubetti (piccoli)
1 cipolla lunga*
1 peperone rosso*
1 calamaro medio tagliato ad anelli*
100 g (??) di pisellini*
1 limone (scorza e succo)*
1 l di brodo di pollo (io ho usato un fumetto di pesce fatto utilizzando le teste dei gamberi)
4 pomodori tondi
2 spicchi d’aglio
1 bustina di zafferano (preferibilmente a fili)
1 pizzico di paprika
olio evo, sale, pepe nero di mulinello

* ingredienti non presenti nella ricetta originale

Preparazione:

Preparate (o scaldate) il brodo o fumetto di pesce. Lavate i gamberi e privateli della testa (che userete per il fumetto, altrimenti lasciateli interi); lavate ed asciugate il calamaro. Lavate i pomodori, spellateli, privateli dei semi e tagliateli a cubetti. Lavate anche le verdure. Tagliate la cipolla ad anelli ed il peperone a cubetti. Prendete una larga padella (o meglio, se l’avete, una paellera), scaldatevi due cucchiai d’olio e rosolatevi gli spicchi d’aglio interi e la cipolla. Aggiungete il pollo e il maiale e rosolateli bene per due-tre minuti, quindi aggiungete anche i pisellini, il peperone ed il calamaro ad anelli. Soffriggeteli per cinque minuti a fuoco medio, quindi unite il riso, tostatelo bene ed aggiungete circa metà del brodo caldo. Unite i pomodori a pezzi, la paprika, lo zafferano e un pizzico di sale, mescolate, abbassate la fiamma e coprite (se non usate la paellera). Lasciate cuocere circa dieci minuti, quindi mescolate, unite il restante brodo (attenti però al grado di cottura del riso, sappiatevi regolare con la quantità di brodo) e proseguite la cottura per altri cinque minuti, circa. Unite, infine, i gamberi e terminate la cottura (dovrebbero volerci meno di cinque minuti). Spegnete il fuoco, aggiungete la scorza grattugiata del limone ed un po’ di succo, terminate con una generosa macinata di pepe nero. Impiattate e servite ben caldo.

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domenica 21 febbraio 2010

Bomboloni con la “crema gialla”

Bentrovati! FInalmente, dopo tanto tempo, torno a fare capolino da queste pagine virtuali. Grazie a tutti i miei vecchi e nuovi “fans” (che volete, mi sarò montata la testa!) per i bellisimi commenti e le “minacce” (visto Benedetta? Sono tornata, prima che tu venissi a prendermi! eh eh eh”), e scusate se sono stata assente così a lungo. Diciamo che ultimamente mi sono dedicata ad altri progetti e ho cucinato pochissimo (ho persino servito agli amici che passavano da casa per cena cose che gli avevo già preparato in passato…praticamente una bestemmia per ogni food blogger che si rispetti…”ché alle cene bisogna sempre sperimentare cosine nuove e lasciare tutti a bocca aperta!”). In compenso ho cenato un sacco fuori…e ho scoperto (o ri-scoperto) qualche localino davvero interessante, chussà, magari uno di questi giorni ve ne parlo..hai visto mai passaste da (o abitaste a) Palermo.

Ho fatto questi bomboloni (o krapfen, o iris, perchè mica ho capito bene come si distinguono, con le uova, senza le uova, con la patata…)per soddisfare due richieste di mio marito. La prima era: “Mi fai i bomboloni? Li hai fatti solo una volta e sono così buoooniiii….”; e la seconda era: “Torni a pubblicare qualcosa? Non voglio che abbandoni il blog!”.
In effetti, questi bomboloni li avevo fatti quando avevo appena aperto il blog, ma poi, non ricordo come o perché, avevo perso le foto e non li avevo mai pubblicati. Mi ero ripromessa di rifarli, ma nel frattempo sono passati due anni, perché dolci fritti (e fritture in generale) non ne faccio praticamente mai.

Ma, finalmente, eccoli qui. La ricetta proviene da una vecchia collana uscita in edicola anni fa, chiamata “Finalmente Dolci”, ma ho cambiato il procedimento, adottando i trucchi imparati con l’esperienza sugli impasti lievitati (tipo tenere il lievito separato dalle uova, queste dallo zucchero, unire i grassi all’ultimo, ecc). Si tratta sempre di un impasto diretto, ma il risultato sarà migliore di quello che otterreste mettendo tutti gli ingredienti insieme come suggeriva la ricetta originale.
Una parte li ho farciti con la crema, una parte li ho lasciati vuoti ed alcuni li ho fatti a forma di ciambellina, per riutilizzare i ritagli senza lavorare troppo l’impasto.

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La crema merita una piccola premessa. Giorni fa chiacchieravo con mia madre di cucina e, non so come, siamo finite a parlare di creme; così le ho raccontato di aver visto una crema (quella, ormai celebre, di Paoletta) preparata con le uova intere. A quel punto lei si volta verso di me e, rivolgendomi uno sguardo carico di disapprovazione e di orgoglio ferito, mi dice: “E allora? E’ una vita che  io faccio la crema con le uova intere! E’ quella che noi a casa chiamiamo “crema gialla”, per distinguerla dalla classica crema pasticcera”.

E, d’improvviso, mi ricordo! E’ vero! Lei ha sempre usato le uova intere o, al massimo, un uovo intero ed un tuorlo. Già perchè lei non ama gli sprechi, ma non è mai stata il tipo che, per consumare gli albumi avanzati da qualche altra ricetta, come appunto la crema pasticcera, si metteva a sfornar meringhe o torte degli angeli o roba così. Lei aveva le sue ricette tradizionali. Punto. E quindi nella crema le uova si mettono tutte intere, al limite puoi mettere un tuorlo in più perchè “tanto a cena faccio la frittata e con un albume in più viene più leggera”, oppure perché “quello lo tengo da parte così vi faccio due (ma propio due eh, giusto per sfizio) carciofi fritti con la mia pastella speciale, solo con l’albume”!

Pertanto, quando ho deciso di farcire i bomboloni con la crema, non potevo che scegliere la sua! Non foss’altro che per riparare al torto che le avevo fatto! Sapete una cosa? La sua “crema gialla” è proprio squisita! Il gusto è più…”leggero”, non so come spiegarvelo, dovete provarla!

Ingredienti:

per i bomboloni

100 g di farina 00
100 g di farina manitoba
20 g di lievito di birra fresco
80-100 ml di latte (dipende dalla capacità di assorbimento della farina)
30 g di zucchero
mezzo cucchiaino di miele
la scorza di mezzo limone
32 g di burro fuso freddo
2 tuorli
mezzo cucchiaino di sale

per la “crema gialla”

500 ml di latte
1 uovo intero
1 tuorlo
90 g di zucchero
40 g di farina
1 bacca di vaniglia

zucchero semolato per spolverizzare

Preparazione:

Sciogliete il mezzo cucchaino di miele nel latte tiepido, quindi scioglieteci anche il lievito di birra e lasciate riposare il tutto per 5 minuti circa. Mescolate le farine e mettetele nell’impastatrice (o in una ciotola capiente, se impastate a mano) insieme ad un cucchiaino di zucchero prelevato dal totale. Unite il lievito sciolto nel latte ed avviate l’apparecchio a bassa velocità (min o 1 per il Kenwood). Quando il liquido sarà assorbito unite i due tuorli e lavorate finchè non saranno quasi totalmente assorbiti, quindi unite lo zucchero rimanente e, dopo qualche istante, il sale e la scorza di limone grattugiata. Lavorate finchè l’impasto non avrà cominciato ad acquistare consistenza ed elasticità, quindi unite “a filo” il burro fuso ormai freddo. L’impasto sembrerà “sciogliersi” e perdere struttura, ma non allarmatevi, è una cosa temporanea. Lavorate a lungo, fino a quando la pasta apparirà liscia, molto lucida ed elastica. La mia era rimasta un filino appiccicosa, si staccava dalle pareti della ciotola ma non dal fondo, però non ho voluto aggiungere farina e credo di aver fatto bene.

Terminata la lavorazione, sbattete un paio di volte con energia la pasta sulla spianatoia leggermente infarinata, quindi mettetela a lievitare per almeno un’ora e mezza (in inverno meglio 2) in un luogo tiepido e riparato da correnti d’aria, coprendola con un canovaccio umido.

Nel frattempo, preparate la crema. In un pentolino sbattete bene l’uovo ed il tuorlo con lo zucchero. Unite la farina setacciata, sempre sbattendo con una frusta a mano. Scaldate il latte con i semi della bacca di vaniglia, ma senza farlo bollire (se dovesse bollire, dovrete eliminare la pellicola che si formerà in superficie versando il latte attraverso un colino a maglie fitte). Versate il latte a filo sul composto di uova zucchero e farina, mescolando bene con la frusta per evitare la formazione di grumi. Ponete la crema su fuoco bassissimo e cuocetela, mescolando continuamente, finchè non inizierà a sobbollire appena. Toglietela subito dal fuoco e lasciatela raffreddare coperta da un foglio di pellicola posto a contatto diretto con la crema. Questo eviterà che si formi l’antipatica “pellicina” in superficie.

Sgonfiate la pasta e fate un giro di pieghe del tipo 2. Fate riposare altri 20-30 minuti, sempre coprendo con un canovaccio umido e tenendo al riparo da correnti d’aria.

A questo punto, stendete la pasta ad uno spessore di circa 2 cm e con un coppapasta rotondo (il mio era da 5 cm di diametro perchè volevo dei mini-bomboloni) ricavatene dei dischetti. Lavorate velocemente i ritagli, o utilizzateli per farne delle ciambelline. Disponete man mano i bomboloni in un vassoio spolverato di farina e poneteli a lievitare coperti per un’altra ora o fino al raddoppio. A metà lievitazione, io li ho capovolti, per far gonfiare uniformemente le due parti.

Scaldate l’olio di semi (meglio di arachide) a 170° (io ho utilizzato la friggitrice). Friggete i bomboloni, pochi per volta, girandoli da entrambe le parti. Dovranno essere ben dorati.

Metteteli ad asciugare su un piatto coperto di carta assorbente o carta per fritti, ma vi assicuro che non assorbiranno per niente olio. I miei erano così leggeri ed asciutti che è stato difficile farvi aderire bene lo zucchero dopo!!!

Rotolateli nello zucchero semolato e lasciateli raffreddare, quindi farciteli con la crema, utilizzando una siringa o una tasca da pasticcere.

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