lunedì 12 dicembre 2011

In Cucin@…ci sono anch’io!

Torno dopo una lunga assenza per un fine parzialmente egoistico, ossia promuovere l’uscita del libro che mi ha vista coinvolta insieme a tantissimi altri foodblogger italiani. So che non è carino ritornare solo per farmi pubblicità, ma vi prego di essere comprensivi…in fondo quale foodblogger non sarebbe orgoglioso di aver dato il proprio contributo alla stesura di un libro di ricette???

Il libro si chiama “In Cucin@”, Appunti e Ricette. E’ concepito un po’ come un diario di cucina, suddiviso per stagioni e per argomenti, e raccoglie le ricette di numerosi blogger di varie regioni italiane. Il merito di tutto ciò va a Silvana, alias Uvetta, del blog Uvaromatica, oltre che ovviamente alla casa editrice, Arsenale editore, che ha creduto nel suo progetto e ci ha dato l’opportunità di realizzare il libro. E visto che sto facendo una clamorosa pubblicità, permettetemi di dire che costa anche davvero poco e potrebbe essere un perfetto regalino di Natale!!! Potete trovarlo direttamente sul sito dell’Arsenale Editore, oppure nelle librerie (se non lo trovaste, potrete sempre richiederlo).

copertina

Ancora non riesco a credere di essere stata invitata a partecipare, specie considerando che nell’ultimo anno il mio blog è rimasto praticamente inattivo; per questo, voglio ringraziare pubblicamente Uvetta/Silvana per avermi coinvolta in questo progetto.

Che altro dire? Beh, se vi interessasse sapere che fine ho fatto, potrei dirvi che casa mia sembra un campo profughi, perché venerdì trasloco e che entro un paio di settimane una micro-moscerina arriverà a far compagnia a me ed a mio marito.
Ammiro profondamente le numerose foodblogger (come Anna, o Silvia – che, peraltro, ha delle novità interessanti in tema di libri-) che hanno continuato a cucinare e a scrivere nei mesi della gravidanza, o subito dopo la nascita del pargolo/a. Io proprio non ce l’ho fatta, benché abbia avuto una gravidanza splendida. Semplicemente, ho smesso di cucinare cose particolari, ho mangiato molto sano e, tra il lavoro, che ho abbandonato solo oggi, ed i lavori per la casa nuova, non ho proprio più avuto voglia di dedicarmi al blog.
Poiché voglio essere realista e credo a tutti coloro che mi dicono che i primi tre mesi siano una specie di tunnel in cui tutte le proprie forze ed attenzioni sono risucchiate dal nuovo arrivato, non faccio promesse sulla data del mio ritorno, ma…vi assicuro che tornerò. Fino ad allora, spero compriate il libro e, leggendolo, pensiate un pochino a me!!

Tanti auguri a tutti!

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mercoledì 29 giugno 2011

Crostatine ciliegie e mandorle

Ricetta tratta (con modifiche) da Sale & Pepe giugno 2011.

Questa ricettina è frutto della mia ultima settimana di rinnovato estro culinario…purtroppo già miseramente conclusa, ma che mi ha lasciato ancora un paio di ricette da mostrarvi.

La voglia di cucinare è di nuovo scarsina, troppo caldo, troppe cose da fare, troppa stanchezza. Eppure la sento che è lì, pronta a riemergere…
Sono nuovamente attratta da libri e riviste di cucina, e, ogni volta che apro il frigo, il mio lievito madre fa capolino dal suo barattolo come per dirmi “guarda come sono vivo e pimpante per ora, posso fare meraviglie se mi usi”!
Se il prossimo fine settimana riuscirò a ritagliarmi una mezza giornata, ho già in mente due ricette con il lievito madre che voglio assolutamente provare.

Ma torniamo alle crostatine. Le ho preparate per S. e S., ma (senza nulla togliere loro) in realtà desideravo solo una scusa per provarle, perché dopo aver visto l’originale sul numero di giugno di Sale & Pepe (si trattava, in effetti, di una crostata grande, anzi una pie, preparata con la pasta brisee….) non vedevo l’ora di provare questa versione monoporzione che mi era subito venuta in mente. Infatti, a prescindere dai cambiamenti che ho apportato alla ricetta, l’idea delle ciliegie che spuntavano dal reticolo della crostata mi aveva conquistato, e gli stampini in carta forno che vedete in foto giacevano nel mio armadietto da troppo tempo in attesa di essere usati!
A proposito, concedetemi una piccola parentesi su questi stampini: sono comodissimi! Io non sono brava con le frolle e prima di scoprirli odiavo fare le crostatine…nonostante imburrassi ogni singolo anfratto degli stampi metallici, mi si attaccavano sempre facendomi ammattire al momento di sformarle. Adesso, invece, preparare crostatine è un gioco da ragazzi. Gli stampi usa e getta li ho trovati in un unico negozio a Palermo (che, peraltro, in realtà vende elettrodomestici…), perciò se qualcuno di voi li avesse visti altrove me lo dica per favore, ho il terrore di esaurirne la scorta e non trovarli più!!!

crostatine ciliegie

Della ricetta originale ho mantenuto molto poco, essenzialmente l’aggiunzione delle mandorle nel ripieno, per il resto ho fatto un bel po’ di cambiamenti. Vi scrivo qui la mia versione, tanto sapete dove procurarvi l’originale!

Ingredienti per circa 6 crostatine da 10 cm di diametro

per la frolla:

250 g di farina 00
120 g di burro
120 g di zucchero
1 uovo e 1 tuorlo
1 pizzico di sale
1 pizzico di bicarbonato

per il ripieno

500 g di ciliegie nere
una manciata di mandorle tostate
due cucchiai di zucchero
una mela golden
un limone bio
marmellata di ciliegie (la mia fatta in casa)

Preparazione

Preparate la pasta frolla. Mettete in una ciotola la farina setacciata, il sale ed il bicarbonato. Aggiungete il burro a pezzetti e mescolate con le punte delle dita o con un mixer fino ad ottenere un composto bricioloso. Unite le uova e, dopo poco, lo zucchero; mescolate velocemente fino ad amalgamare tutti gli ingredienti. Avvolgete la pasta nella pellicola e mettetela in frigo per una mezz’ora.

Nel frattempo, preparate il ripieno. Lavate e snocciolate le ciliegie con l’apposito attrezzo, in modo da lasciarle intere (la mia cucina, al termine di questa operazione, sembrava la scena di un film horror…era tutta schizzata di rosso!!). Tritate grossolanamente nel mixer le mandorle con i due cucchiai di zucchero; dovrete ottenere una granella, non una farina. Lavate e sbucciate la mela e tagliatela a fettine molto sottili. Mescolate le ciliegie al composto di mandorle e zucchero.

Prendete la pasta dal frigo e dividetela in sei porzioni. Dividete ciascuna in due parti, una più grande, che servirà per il fondo delle crostatine, ed una più piccola, che vi servirà per la griglia.

Stendete le sei palline di impasto più grandi in sei dischi di circa mezzo cm di spessore ed usateli per foderare gli stampini. Disponete sul fondo di ogni crostatina un velo di marmellata di ciliegie. Mettetevi sopra alcune fettine di mela disposte a raggiera. Terminate con il composto di mandorle e ciliegie.

Usate le restanti porzioni di impasto per ricavare le griglie di ciascuna crostatina e disponetele man mano sulle crostatine stesse. Nel disporre il reticolo, abbiate cura di lasciare che alcune ciliegie rimangano proprio al centro dei “buchi” della griglia, creando l’effetto che vedete in foto.

Io ho preparato le crostatine una ad una, mettendole man mano in frigo mentre preparavo le altre. Se non fate anche voi così, lasciate le crostatine pronte in frigo per una ventina di minuti prima di infornarle.

Cuocetele in forno caldo a 180° per circa 20-30 minuti (dovete dar tempo alle ciliegie di cuocere un po’), fino a che il ripieno inizierà a “sobbollire” un po’ sotto la superficie. Se dovessero scurirsi troppo, copritele con un foglio di alluminio.

Sfornate e lasciate raffreddare su una griglia. Servite tiepide, magari accompagnandole con una pallina di gelato, o fredde.

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domenica 12 giugno 2011

Crescioni alle bietole

Ricetta tratta (e liberamente modificata) da Sale & Pepe di Giugno 2011.

Nonostante le settimane trascorse, comprensive di lungo ponte del 2 giugno, non sono riuscita a trovare il tempo per scrivere un post come si deve, nonostante abbia diverse ricettine nuove nuove da proporvi (finalmente pare che mi sia tornata la voglia di cucinare…ho preparato un sacco di cose buone in questi giorni!).

Stasera finalmente trovo cinque minuti per condividere con voi la mia ultima scoperta in fatto di piatti unici veloci-gustosi-sfiziosi!
Come ho scritto in cima al post, ho visto questi “crescioni” sull’ultimo numero di Sale & Pepe ed è stato amore a prima vista! Sfogliavo la rivista in studio, durante una breve pausa caffè, quando ho posato gli occhi su questa ricetta; è bastato un attimo per decidere che li avrei preparati per pranzo, benché avessi davvero poca mozzarella e non potessi uscire a comprarla.

Io non li avevo mai sentiti nominare, ma pare che i crescioni siano un piatto tipico in romagna, un’alternativa alla classica piada farcita a crudo. Si tratta di una sorta di calzoni, preparati però con la pasta delle piadine (e qui sta la genialità del piatto, la pasta delle piadine ha dei tempi di preparazione decisamente più brevi di quella dei calzoni, il che consente di prepararli in qualsiasi momento senza doverci pensare per tempo). I tradizionali crescioni sono farciti con erbe di campo, tra cui il crescione che dà loro il nome, e mozzarella o altro formaggio fondente. Io li ho fatti con biete (surgelate…ve l’ho detto che ho deciso di preparali proprio all’ultimo momento!), acciughe e mozzarella, ma mi riprometto di provarli con i salumi, con lo stracchino e gli spinaci, con le verdure grigliate e la scamorza affumicata… Insomma, è facile capire che si prestano ad infinite varianti e sono così buoni e facili che diventeranno un nuovo tormentone in casa mia!

Per la pasta delle piadine io non ho seguito la ricetta di Sale & Pepe, ma mi sono affidata alla mia tradizionale, che ho usato per queste. Però ho seguito il suggerimento di dare due giri di pieghe all’impasto.

crescioni2

Ingredienti (per 4 o 5 crescioni)

per la pasta

250 g di farina 00
120 g di acqua tiepida
1 cucchiaino di lievito per torte salate
40 g di strutto
1 cucchiaio di olio e.v.o.
mezzo cucchiaino di sale
mezzo cucchiaino di miele

per il ripieno

300 g di foglie biete (surgelate nel mio caso)
1 mozzarella (circa 120 g)
2 filetti di acciuga sott’olio
olio, sale, pepe e noce moscata

Preparazione

Preparate prima le biete, lessandole in acqua bollente leggermente salata. Il tempo di cottura sarà diverso a seconda che usiate biete fresche o surgelate. Scolatele, lasciatele raffreddare e poi strizzatele bene tra le mani. Tritatele con il coltello, quindi conditele con un pizzico di pepe e una grattatina di noce moscata. Nella ricetta originale, le biete dopo essere state lessate venivano saltate in padella con aglio e olio; a voi la scelta.

Preparate adesso la pasta delle piadine. Io uso la planetaria, ma si può preparare tranquillamente a mano. Mescolate in una ciotola la farina, il sale, il lievito (ne esiste un tipo, di una nota marca, con la confezione gialla, pensato appositamente per piadine e torte salate) ed il miele. Unite man mano l’acqua tiepida, iniziando a lavorare (a mano o con l’impastatrice a bassa velocità). Quando la pasta si sarà amalgamata, unite l’olio e lo strutto (secondo me è sufficiente anche solo lo strutto, la prossima volta proverò a non mettere il cucchiaio d’olio) e continuate ad impastare fino a che avrete ottenuto una pasta liscia ed omogenea.
Volendo, potete sostituire lo strutto con olio o burro, ma otterrete una pasta più croccante.

Copritela e lasciatela riposare 10 minuti (ma anche no! se ho fretta non lo faccio…).

Stendete la sfoglia in  un rettangolo, quindi piegatela in tre parti (come un libro); stendetela nuovamente e piegatela ancora in tre. Lasciate riposare qualche minuto, quindi, dividetela in 4 o 5 parti uguali. Stendete ogni porzione di pasta in un disco non troppo sottile (i miei lo erano un po’ troppo). Distribuite su una metà del disco le biete, spezzettateci sopra mezzo filetto di acciuga e terminate con qualche cubetto di mozzarella. Chiudete i dischi a mezzaluna, ripiegando i bordi e sigillandoli bene con una forchetta. Proseguite nello stesso modo per le altre porzioni di pasta.

Cuocete i crescioni su una piastra di ghisa ben calda (o al limite anche in una padella antiaderente) circa 3 minuti per lato, fino a che saranno ben dorati fuori. Serviteli caldi.

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domenica 29 maggio 2011

Pizza al piatto con lievito madre

Ricetta di Antonella Scialdone, tratta dal libro “La pasta madre”.

Lo stato di abbandono del blog prosegue più o meno inalterato, anche se pochi irriducibili continuano a seguirmi affettuosamente (grazie!!), mentre io passo il mio tempo libero su internet tentando di scegliere gli elettrodomestici per la mia nuova cucina. Già, perché qui in casa di Moscerino ci sono un sacco di novità, tra cui una nuova casa in arrivo, comprensiva di una nuova (fa-vo-lo-sa) cucina, la cui configurazione, però, mi sta facendo sudare le proverbiali sette camicie, anche in virtù del fatto che i miei gusti in materia di arredamento divergono irrimediabilmente da quelli di mio marito (o i suoi dai miei??). Qui non si parla d’altro che di materiali, colori, piani di lavoro e, soprattutto, elettrodomestici.

Mentre questo progetto prende corpo (lentamente e faticosamente), io sogno il rinnovato estro culinario che (si spera) giungerà grazie alle tredici funzioni del mio forno.
In attesa di provare l’abbinamento tra la funzione “pizza sottile” ed il kit pietra refrattaria + pala per infornare, di cui il forno sarà provvisto, mi esercito nella preparazione di questa pizza, che, anche senza tutte le suddette dotazioni tecnologiche, ha ben poco da invidiare alle pizze di molte pizzerie!
Anche se richiede un po’ di tempo e di programmazione (ma non fatevi scoraggiare…), questa è la miglior pizza che abbia mai fatto; se avrete l’accortezza di stenderla per benino e di cuocerla a calore infernale (meglio ancora se con la pietra refrattaria) otterrete un risultato davvero molto simile alla pizza da pizzeria, non troppo spessa, leggera, soffice e croccante allo stesso tempo.
Per dovere di cronaca, confesso che la prima volta che l’ho preparata non mi è venuta affatto bene, facendomi fare una pessima figura con gli amici che avevo invitato ad assaggiarla; è venuta troppo dura, sembrava quasi una pizza surgelata! Adesso che ho più esperienza posso dire che l’insuccesso è dipeso dalla mia ancor scarsa confidenza con il lievito madre e con la pietra refrattaria, che usavo quella sera per la prima volta. Vi racconto questo perché, se mai non dovesse riuscirvi al primo tentativo, DOVETE riprovarla, promesso??

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Ingredienti (per 4 pizze da 25 cm di diametro)

Poolish

120 g di farina manitoba
160 g di acqua
120 g di pasta madre rinfrescata (per me circa 4 ore prima)

Impasto

40 g di farina manitoba
380 g di farina 0
180 g di acqua
14 g di sale
10 g di malto
22 g di olio extravergine d’oliva

Condimento (a piacere, nel nostro caso era così)

passata di pomodoro
mozzarella di bufala
prosciutto cotto
olio extravergine d’oliva
sale
origano

Preparazione

Noi l’abbiamo mangiata il sabato sera, il che significa che ho iniziato a prepararla il venerdì. Anche la foto è stata fatta di sera…e si vede…mi vien da chiedermi se quelli che pubblicano quelle splendide foto, bianche e luminosissime, di pizza, cosa fanno la cuociono per colazione????). Ma torniamo alla ricetta.

Ad ora di pranzo, rinfrescate il lievito. Alla sera, preparate il poolish. Mettete in una capace terrina (dovrà contenere anche l'impasto finale) la pasta madre, aggiungete l'acqua tiepida e mescolare con una forchetta fino a sciogliere bene il lievito, che deve essere tutto liquido e senza grumi (questa operazione la trovo difficilissima da fare a mano, per cui uso o la frusta a K del Ken o un frullino elettrico). Aggiungete i 120 g di farina e mescolate fino a raggiungere un composto omogeneo, che comunque risulterà molto molle. Coprite la terrina con pellicola trasparente e lasciate lievitare per tutta la notte (10-12 ore) a temperatura ambiente. Secondo me la mia ha lievitato troppo, a causa della temperatura della cucina, ma non sembra che questo abbia compromesso l'impasto finale.
La mattina dopo, aggiungete al poolish (io l'avevo fatto nella ciotola del kenwood, per cui l'ho lasciato là e ci ho aggiunto gli altri ingredienti) il malto, l'acqua tiepida (meno un cucchiaio), la farina, il sale. Iniziate ad impastare a bassa velocità (o a mano), quindi unite l'olio emulsionato con il cucchiaio d'acqua tenuto da parte (il libro consiglia di emulsionarlo con uno di quei piccoli frullini che si usano per fare la schiuma nel caffè o nel latte, avete presente?).
Appena sarà tutto amalgamato, passate sulla spianatoia, oppure seguitate ad impastare (io ho fatto tutto nel kenwood, ho dato solo un'impastatina finale a mano...considerate che resta una pasta molto, molto morbida) energicamente ed a lungo per almeno 10-15 minuti, finché l’impasto risulti liscio ed omogeneo.
Formate una palla, coprite con pellicola e lasciate lievitare al riparo da correnti d'aria per un'ora e mezza (se fa tanto caldo, ovviamente, riducete un po’ i tempi di lievitazione). Trascorso questo tempo, sgonfiate l'impasto, formate un rettangolo e fate una serie di pieghe di tipo uno: prendete il lato destro del rettangolo e portatelo verso il centro, poi prendete il sinistro portatelo verso il centro coprendo completamente il destro; girate di 90° e ripetete l’operazione; dovreste ottenere un panetto simile ad un libro.
Coprite e lasciate riposare un'altra ora, dopo di che spezzare l'impasto in 4 parti (io l’ho diviso solo in due ed ho fatto due pizze al piatto “maxi”), farne delle palline e chiuderle in contenitori ermetici, quindi riporle in frigorifero fino a un paio d'ore prima di usarle.
Nel pomeriggio, togliete i contenitori dal frigo e lasciate a temperatura ambiente per un paio d'ore. Ecco, poiché di pomeriggio sono uscita, ho potuto tirare fuori la pasta dal frigo appena un’ora prima di condirla e cuocerla, ma questo non ha affatto compromesso il risultato.
Nel frattempo, preparate i condimenti. Spezzate la bufala con le mani, cercando di strizzarla il più possibile. Spezzettate il prosciutto e fate rapprendere la salsa se dovesse risultare troppo liquida.
Preriscaldate il forno alla massima temperatura almeno un’ora prima di usarlo, con la pietra refrattaria dentro (io l’ho messa sul ripiano più alto).

Stendete ciascuna pallina e conditela a piacere. Stenderla non è facilissimo, perché è molto soffice ma estremamente elastica, quindi tende a “ritirarsi” non appena smettete di stenderla. Partite stendendo la pasta sulla spianatoia leggermente infarinata, premendo con le mani dal centro verso i bordi, badando a non schiacciare le bolle che si saranno formate. Data una prima stesura, sollevate il disco e tenetelo in mano, passandolo dall’una all’altra (non occorre ruotarlo come un pizzaiolo, basta farlo lentamente e delicatamente), in modo che la forza di gravità la faccia allungare. Poiché io non ho ancora la pala, e faccio scivolare la pizza sulla pietra refrattaria da una teglia rovesciata ed infarinata, ho preferito mettere solo la salsa in questa fase; quindi ho tirato fuori la pietra dal forno, ci ho fatto scivolare la pizza e molto velocemente (per farla raffreddare meno possibile) ho finito di condirla con: mozzarella, prosciutto, pizzico di sale e filo d’olio.
Terminato di condirla, infornatela per 4-5 minuti. Io ho attivato il forno ventilato e credo che sia stato questo a far riuscire perfettamente la cottura, rendendo la pizza croccante al punto giusto. Purtroppo, ogni forno ha una storia a sé e toccherà voi trovare il metodo ideale per il vostro.
Sfornate e servite immediatamente (oppure, condite velocemente la seconda pizza, infornatela ed iniziate a mangiare la prima, magari dividendola tra i commensali!).

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giovedì 19 maggio 2011

Patate a sfincione (take away!)

Oggi pubblico quella che considero probabilmente una delle peggiori foto mai apparse su questo sito pur mostrarvi quell’oggetto geniale che vedete sullo sfondo e di darvi la ricetta delle patate a sfincione, gentilmente preparate per voi…e per noi…dalla mia mamma.
L’oggetto è un nuovo prodotto, Pyrex 4 in 1 plus, che, da quando mi è giunto a casa, gentile omaggio della ditta produttrice, è balzato nella mia personale top ten delle “caccavelle” irrinunciabili. Perché? Adesso vi spiego.
Come già vi ho accennato, per adesso non ho affatto voglia di cucinare, seguo (non tanto per scelta etica, quanto per inguaribile pigrizia) una dieta decisamente salutare e salutista, composta essenzialmente da cibi alla griglia, lessi o al vapore. In mezzo a tanta (salutare, per carità!) monotonia, le uniche gradite variazioni giungono (nemmeno tanto di rado in verità…e per fortuna) dalla cucina di mia madre, che, afflitta dal perpetuo dubbio che io non mangi abbastanza mi chiama almeno un paio di volte a settimana per dirmi : “ti ho preparato qualcosina da mangiare, così non devi pensare a cucinare…vieni a prenderla?”, dove il “qualcosina” è invariabilmente qualcosa di ripieno, calorico e buonissimo, che, nelle giornate di sua massima ispirazione, include un pasto completo per almeno 4 persone, dall’antipasto al dolce!
E qui entra in gioco la teglia che vedete in foto. Da quando è arrivata ha soppiantato le precarie e decisamente non agevolmente trasportabili teglie di alluminio usa e getta (avete presente quelle che si accartocciano miseramente al più piccolo urto…). La cosa funziona così per noi: io le porto la suddetta teglia vuota e pulita, dentro la sua graziosa borsetta termica da trasporto, e lei me la rende poco dopo piena di ogni sorta di delizie (non so, una pasta al forno, uno sformato di riso, delle coscette di pollo alla cacciatora, delle sarde a beccafico…), con l’ulteriore comodità che la medesima teglia serve per cuocere le pietanze (in forno, o nel microonde), per trasportarle mantenendone la temperatura, nonché, all’occorrenza, per congelarle o conservarle in frigo. E’ perfetta anche per portarsi il pranzo a lavoro, per portare qualcosa a casa di amici, o per un pic-nic…. Insomma, davvero una gran comodità!
Questa volta, come vi dicevo, è tornata piena di “patate a sfincione”, un piatto tradizionale in casa mia (e credo tipicamente siculo) che dovete assolutamente provare se amate le patate.
patate a sfincione_s

Ingredienti (molto ad occhio per una pirofila 20x15 cm)
5 patate medio-grandi
2 cipolle bianche (in questo periodo ci son quelle fresche)
4 pomodori ramati maturi o alcuni pomodorini (ma vanno sbucciati eh!)
origano abbondante
olio, sale
pangrattato

Preparazione

Anche questa volta ho dovuto penare per estorcere a mia madre il segreto delle sue patate a sfincione, che sono le più buone che abbia mai mangiato…e giuro che non è perché le fa mia madre! Lei è davvero gelosa delle sue ricette e dei suoi trucchi e non concepisce l’idea di metterle in rete, alla portata di tutti.
Dunque, “il segreto per fare delle perfette patate a sfincione consiste nel mettere le patate appena tagliate in una ciotola piena di acqua fredda, lasciandole “a bagno” per un po’ in modo che perdano l’eccesso di amido”. Chiaro? 
Vi avverto, però, che a parte questo dettaglio questa è la ricetta del “quanto basta”, nel senso che non ci sono dosi precise, si va ad occhio e a gusto; diciamo che man mano che farete pratica troverete il vostro equilibrio ideale.
Dunque procedete così. Ungete leggermente con il dito il fondo della vostra pirofila (o del vostro Pyrex 4 in 1 plus). Sbucciate le patate e tagliatele a fettine spesse circa mezzo centimetro, o poco  meno (niente mandolina, insomma, tagliatele a mano, e non importa se non vengono proprio tutte uguali), immergendole man mano in una ciotola d’acqua. Tagliate la cipolla a fettine sottili. Lavate i pomodori, privateli della buccia e dei semi e tagliateli a pezzetti.
Iniziate a comporre la teglia, senza scolare le patate, ma prelevandole man mano dal contenitore con l’acqua (va bene se restano umide, verranno più morbide). Disponete sul fondo della pirofila uno strato di patate, cospargetevi sopra delle cipolle (non un intero strato, ma non siate nemmeno troppo avari) e qualche pezzetto di pomodoro (non troppo, altrimenti otterrete patate al sugo…in una teglia di queste dimensioni direi quattro-cinque pezzetti per strato). Salate leggermente, quindi terminate lo strato con una generosa spolverata di origano e un filo d’olio. Proseguite nello stesso modo (patate-cipolle-pomodoro-origano-sale-olio) fino ad esaurire gli ingredienti o fino ad aver realizzato quattro o cinque strati (se ne fate troppi, non verranno bene). Terminate cospargendo di pangrattato ed irrorando con un ultimo filo d’olio.
Infornate a 180° per almeno 20 minuti e comunque fino a completa doratura. Se infilzate uno stecchino nelle patate, dovrete sentirle tenere ma non sfatte. I tempi di cottura variano in funzione del tipo di teglia che usate (vetro, ceramica, metallo), della grandezza e del numero di strati.
Sfornate e lasciate raffreddare completamente. Servite fredde, ma non di frigo, a temperatura ambiente.

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venerdì 6 maggio 2011

Rotolo con crema pasticcera alla fragola

Per la serie: “a volte ritornano”, eccomi qui, a lottare strenuamente per tener vivo questo blog. Non so cosa mi sia preso (ed ormai sarete pure stufi di sentirmelo ripetere, visto che più o meno in tutti gli ultimi post vi ho propinato le mie sconsolate riflessioni sullo stato comatoso di questo povero sito), ma trovo sempre più difficile mantenere in piedi tutto questo (le foto, la luce, il piatto e, soprattutto, le ricette…).

Non è che non sia felice, ma non ho più voglia di cucinare per il blog. Sarà la mancanza di tempo, sarà che mi vedo ingrassata, ma ormai mi sono data senza ritegno (e senza troppi rimpianti) ad una cucina super light e super semplice, che praticamente contempla come unico metodo di cottura la piastra, per carne e pesce, e la bollitura o il vapore per verdure ed affini. Di dolci, poi, nemmeno l’ombra. Mi concedo soltanto le fette biscottate (che vi ho già proposto in ben tre versioni, qui, qui e qui) e la pizza il sabato sera. Capirete bene che c’è poco da pubblicare in una simile scelta di alimenti!

Intendiamoci, ogni tanto sfoglio sospirando i miei adorati libri di cucina e sogno di preparare le delizie che vedo…ma questi pensieri non si traducono più in azione! Anche ieri, mentre sfogliavo il libro di Cookaround, La cucina degli italiani, per cercare la ricetta della crema di oggi, contemplavo la selezione di dolci e pensavo a quanto sarebbe bello se qualcuno, in questo momento, cucinasse per me i canestrelli, o la torta alla ricotta, o magari una bella mousse. Ma nemmeno per un attimo mi ha sfiorato l’idea di fiondarmi in cucina a prepararmeli da sola!

Poi, però, ho letto queste parole, nel blog di un amico scrittore, in un post intitolato “Perché muore un blog” : “Un blog muore per inedia, di norma.
Qualcuno, gente di carattere, a un certo punto pone fine all'agonia staccando la spina con un colpo secco.
Altri, sentimentali dal cuore di marzapane, come il sottoscritto, non se la sentono di ricorrere all'eutanasia, e ne contemplano inerti lo stato comatoso per mesi o anni.
Perchè muore in blog? Per mille motivi diversi. (…)
”.

E mi è venuta voglia di dare un colpo di “defibrillatore” al mio blog, pubblicando una nuova ricetta. Perché quelle parole, così tremendamente calzanti anche al mio caso, mi hanno fatto male. Forse, dopo tutto, non sono ancora pronta a lasciarlo morire…ma ho bisogno anche del vostro aiuto!

Tanto per farvi un’idea della situazione del mio archivio: questa ricetta risale esattamente ad un anno fa. La crema proviene dal libro di cui sopra, l’idea di metterla in un rotolo di bisquit è, una volta tanto, esclusivamente mia.

Crema_paticcera_fragola_s

Ingredienti

per la pasta biscquit (la stessa che ho pubblicato qui)

100 g di farina
3 uova
90 g di zucchero
30 g di burro fuso

per la crema alla fragola

2 uova intere
latte q.b. per raggiungere mezzo litro
130 g di zucchero fine (Zefiro)
30 g di farina 00
4 vaschette di fragole (2 nella ricetta originale, ma a me sembravano poche)
3 cucchiai di zucchero semolato
2 cucchiai di sciroppo di fragole
1 limone non trattato

per farcire e decorare

2 cucchiai di rum
1 vaschetta di fragole
zucchero a velo per spolverizzare

Preparazione

Preriscaldate il forno a 180°. Sbattete a lungo (anche 10 minuti) con un le fruste elettriche o con la planetaria 2 uova e un tuorlo con lo zucchero, finchè saranno spumosi e sollevando le fruste il composto "scriverà" (cioè formerà dei nastri di pasta che tarderanno ad affondare). Incorporate la farina gradualmente, quindi il burro fuso freddo. Montate a neve l'albume con un pizzico di sale e unitelo delicatamente al composto con una spatola, avendo cura di non smontare l’impasto. Rivestite la placca del forno con carta forno, stendetevi l'impasto in uno strato uniforme ed infornate a 180° per 15 minuti. Per la precisione le ricette di questo composto, detto "pasta biscotto" prevedono tempi più brevi, tipo 8 minuti, ma nel mio forno dopo 8 minuti era ancora del tutto crudo. L'importante è che resti appena dorato e morbido, NON deve diventare croccante, a dispetto del nome.

Quando sarà tiepido, staccate delicatamente la carta forno, ponetelo su un canovaccio umido ed arrotolatelo stretto.

Frattanto, preparate la crema.  Frullate le fragole con i 3 cucchiai di zucchero semolato, mettetele in un pentolino e fatele bollire per una decina di minuti, con la scorza del limone (lasciata in grossi pezzi, in modo da poterla poi rimuovere). Togliete dal fuoco, versate in un recipiente graduato ed aggiungete tanto latte quanto ne occorrerà per arrivare a mezzo litro di composto. Unite lo sciroppo di fragole.

Montate le uova con lo zucchero ed un pizzico di sale fino ad ottenere una crema spumosa e bianca, aggiungete la farina setacciata, mescolando delicatamente dal basso verso l’alto. A questo punto, unite poco alla volta i due composti (uova montate e fragole e latte).

Mettete il tutto in un pentolino su fiamma bassissima e fate addensare mescolando continuamente con una frusta a fili, fino ad ottenere la consistenza di una crema pasticcera.Togliete la scorza di limone e mescolate fino a completo raffreddamento, oppure mettete la crema a raffreddare in un recipiente, ponendovi della pellicola trasparente direttamente a contatto con la crema (questo impedirà la formazione della fastidiosa “pellicina”).

Quando la crema sarà sufficientemente fredda, prendete la pasta bisquit, srotolatela sempre con l’aiuto del canovaccio, spruzzatela con il rum e stendetevi sopra la crema alla fragola. Tagliate le rimanenti fragole a pezzetti e distribuitele sopra la crema. Arrotolate di nuovo tutto e lasciate riposare il rotolo in frigo almeno due ore. Al momento di servire, spolverizzate con abbondante zucchero a velo.

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lunedì 21 marzo 2011

Le piccole cose: il pane “cafone” con lievito madre

Ho sempre voluto che in questo blog si parlasse solo e soltanto di cucina. Niente cronaca, niente politica, niente attualità. “Se questo blog deve essere il mio quaderno di ricette virtuale”, – mi dicevo- “non ha senso che ospiti argomenti diversi dalla cucina”. D’altro canto, quando mai, sfogliando un libro  di cucina, ci si trova a leggere di politica?

Ultimamente, però, mi riesce davvero difficile venir qui a parlare allegramente di cucina. Tra disastri naturali, catastrofi nucleari incombenti e guerre ormai davvero troppo vicine a casa mia, proprio non me la sentivo di parlare di cibo.
E così, per non tradire lo spirito del mio blog parlando di argomenti che esulano dalla cucina e dal cibo, ho taciuto.

Oggi, però, ho cambiato idea, perché credo che in tempi come questi sia più che mai necessario stringersi attorno i propri affetti e dedicarsi ai passatempi preferiti, coltivare la quotidianità (che mai appare così cara come quando la sentiamo minacciata), godere delle piccole cose. Come preparare il pane, ad esempio. Che regala un piacere semplice eppure unico. Benché a volte mi pesi, sotto sotto adoro accudire il mio lievito madre, nutrirlo e poi utilizzarlo per creare cose come questo pane, fragrante e genuino, da condividere con il mio amore.

Lo so che è solo una pagnotta e non c’è mica da commuoversi, eppure vi giuro che quando l’ho sfornata mi sono sentita come un’artista che abbia appena dato vita ad un capolavoro. Mi  sento come la mamma del Mulino Bianco, moglie e casalinga perfetta, sempre bellissima e sorridente, che prepara con amore la tavola per i propri cari. Con la rilevante differenza che io i prodotti non li tiro fuori da una confezione, ma li sforno con le mie mani!

pane_cafone_s

La ricetta proviene pari pari (salvo il dimezzamento delle dosi) dal mio ultimo libro-feticcio, la mia passione del momento, quello che sfoglio e consulto continuamente: La pasta madre, di Antonella Scialdone. Questo pane è senza ombra di dubbio il miglior pane che abbia fatto fino ad ora con il lievito naturale. Nel prepararlo, ho seguito il suggerimento che Antonella è stata così gentile da lasciarmi qui, che mi ha permesso di avere un delizioso pane appena sfornato per il pranzo della domenica, senza dovermi alzare all’alba.

Questo pane, o meglio, un pane simile a questo, faceva parte del menù di Natale, del quale temo non finirò di narrarvi prima del prossimo anno…

Ingredienti (per una pagnotta da circa 500 g)

90 g di farina manitoba
210 g di farina “0”
210 g di acqua
100 g di pasta madre rinfrescata
mezzo cucchiaino di malto d’orzo
7 g di sale

Preparazione

Io ho utilizzato l’impastatrice, ma si può tranquillamente impastare a mano, seguendo le dettagliate indicazioni fornite da Antonella Scialdone sul suo libro. Inoltre, io ho iniziato ad impastare nel tardo pomeriggio, ho messo in frigo dopo le pieghe e ho terminato il giorno dopo con la lievitazione e la cottura.

Mettete la pasta madre spezzettata nella ciotola dell’impastatrice, aggiungete l’acqua tiepida e con la frusta (a K) sbattete il tutto a velocità moderata fino a che il lievito si sia sciolto. Aggiungete il malto e date un’altra mescolata per farlo sciogliere. Unite la farina e dopo un attimo anche il sale, quindi impastate con il gancio a velocità 1 o 2 per circa 10 minuti. L’impasto prenderà corpo subito, ma non stancatevi di mescolare. Sostituite la frusta a K con il gancio ed impastate ancora per almeno altri 5 minuti, fino a che risulti liscio ed omogeneo. Il mio è rimasto leggermente appiccicoso, ma proprio un minimo.

Formate una palla, mettetela in una ciotola capiente (potete anche lasciarla in quella dell’impastatrice), coprite con pellicola trasparente e lasciate lievitare per due ore lontano da correnti d’aria. Sgonfiate l’impasto, formate un rettangolo e procedete con una serie di pieghe (portate la metà destra del rettangolo verso il centro, quindi prendete la parte sinistra e portate anch’essa verso il centro, sovrapponendola alla parte precedente; otterrete una sorta di salsicciotto a tre strati; appiattitelo poco, ruotatelo di 90° e ripetete l’operazione, ottenendo un panetto). Coprite con pellicola e lasciate riposare un’ora. Procedete con un’altra serie di pieghe, coprite e lasciate riposare un’altra ora.

A questo punto, saranno state circa le 22.00, io ho messo l’impasto in una ciotola cercando di non strapazzarlo troppo, ho coperto con pellicola e ho messo in frigo fino al giorno successivo, nella parte meno fredda. Al mattino, ho tirato fuori la pasta, l’ho tolta dalla ciotola e l’ho lasciata a temperatura ambiente per una mezz’ora. A questo punto ho seguito l’ultima parte del procedimento spiegato nel libro, come vi descrivo sotto.

Formate la pagnotta arrotondando l’impasto con le mani (è come se doveste rincalzare i lembi della vostra palla verso il basso), coprite, lasciate riposare per 30 minuti quindi arrotondate di nuovo. Mettete la pagnotta a lievitare in un cestino di vimini tondo coperto con un canovaccio infarinato, avendo cura di lasciare la chiusura in alto. Coprite ancora e lasciate lievitare per circa 3 ore e comunque fino al raddoppio.

Riscaldate il forno a 240°. Capovolgete la pagnotta (per me è l’operazione più difficile!) su una teglia, o sulla pietra refrattaria e cuocete in forno statico con il vapore (mettete un pentolino con dell’acqua sul fondo del forno per crearlo) per 10 minuti, poi abbassate il forno a 200° e cuocete per altri 30 minuti. Nel mio caso ne sono occorsi 40 perché diventasse ben dorato e suonasse “vuoto” quando picchettavo il fondo con un dito. Spegnete il forno, togliete il pentolino con l’acqua e lasciate in forno la pagnotta con lo sportello leggermente aperto per altri 10-15 minuti. Sfornate e lasciate raffreddare su una griglia.

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domenica 27 febbraio 2011

Fette biscottate al cacao (con lievito madre)

Interrompo la mia maratona culinaria (è da ieri che sono chiusa in cucina, in preda ad uno dei miei raptus, che mi inducono a recuperare in due giorni tutto quello che non ho cucinato in una settimana intera!), per “rinfrescare”, oltre al mio lievito madre, il mio povero e trascuratissimo blog. Intendiamoci, non è che lo trascuri perché cucino troppo, semmai il contrario. Più trascuro il blog, con tutto quel che ci sta attorno (comprese le visite ai miei blog preferiti), meno mi vien voglia di cucinare.
Per fortuna, però, bastano due chiacchiere con un’amica, che mi racconta quello che ha preparato in questi giorni, per farmi venir voglia di mettermi in pari. E così, tra ieri ed oggi, ho cucinato un pane con il lievito madre, dei dolcetti al cacao e queste fette biscottate.
Le fette sono sempre quelle con lievito naturale tratte dal libro di cui vi ho già parlato: La pasta madre, di Antonella Scialdone (io lo adoro, è davvero ben fatto, tutto quel che ho provato fino ad ora mi è riuscito benissimo…il che non è poco, considerando che si tratta di preparazioni con lievito madre!). Solo che stavolta ho voluto provarle in versione bi-gusto. La ricetta orginale propone l’abbinamento con l’orzo (potete vederle qui, realizzate da Cristina), ma io non l’avevo in casa e così ho pensato di sostituirlo con il cacao. Anzi, a dire il vero, l’idea di usare il cacao è stata di Cristina. Ed è un’idea fantastica, perché ci sta benissimo!!! Peccato solo che non sia riuscita a schiacciare bene gli impasti prima di arrotolarli, ottenendo di conseguenza un disegno appena accennato sulle fette, invece della bella spirale che si vede nel libro. Uffa!
Scusate la foto un po’ buia, ma non ho saputo aspettare di avere una luce migliore per fotografarle: dovevo pubblicarle subito perché sono troooooppo buone!!! Già pregusto la colazione di domani, che sarà esattamente come la vedete qui sotto: caffè, fette biscottate al cacao e frutta fresca! Buona e sana, non vi pare?
fette biscottate al cacao_s_thumb[2]
Ingredienti:
470 g di farina 0
115 g di acqua
115 g di latte
150 g di pasta madre rinfrescata (per me la sera prima)
75 g di zucchero
5 g di sale
7 g di malto d’orzo
28 g di olio extravergine di oliva leggero (in mancanza, olio di semi di arachide)
2 cucchiai di cacao amaro in polvere

per spennellare: 1 uovo
4 cucchiai di latte

Preparazione
Se, come me, usate pasta madre rinfrescata la sera precedente, tiratela fuori dal frigo circa un’ora prima di usarla, affiché torni a temperatura ambiente.
Setacciate la farina. Mescolate insieme l’acqua ed il latte, unitene due cucchiai all’olio e poi scaldate leggermente (deve essere tiepido, non caldo e men che mai bollente) il resto. Spezzettate la pasta madre nella ciotola dell’impastatrice (o in una capiente ciotola, se impastate a mano), aggiungete l’acqua ed il latte tiepido (tenetene da parte un pochino, per quando unirete lo zucchero) e sciogliete bene il lievito con la frusta, con una forchetta o, infine con le mani, fino a quando sarà tutto liquido. Io, naturalmente, faccio tutto con l’impastatrice, ma gli impasti con il lievito madre secondo me sono piuttosto facili da impastare anche a mano.
Aggiungete, nell’ordine (ed arrestando la macchina mentre lo fate), il malto, la farina, un terzo dello zucchero (insieme ad un po’ del liquido tenuto da parte), poi il resto dello zucchero (insieme al rimanente liquido tenuto da parte) ed il sale. Fra un ingrediente e l’altro, continuate ad impastare; se il composto dovesse sembrarvi troppo denso quando unirete zucchero e sale con i liquidi tenuti da parte, potete unire qualche altra goccia d’acqua (ma proprio pochissima, se vedete che gli ingredienti non riescono ad amalgamarsi). Quando zucchero e sale saranno incorporati, emulsionate con l’aiuto di un piccolo frullino da caffè, come questo qui della Brandani, o con una forchetta o una frustina, l’olio e i due cucchiai di latte mescolati prima.
A questo punto, prendete un terzo dell’impasto ed aggiungetevi il cacao setacciato. Lavorate separatamente i due impasti (io ne ho lavorato uno con l’impastatrice ed uno a mano) fino a quando saranno entrambi elastici e lisci.
Formate due palle e lasciatele lievitare per circa tre ore, coprendole con pellicola trasparente. A questo punto, io ho spezzato ciascuna palla di pasta in due porzioni, ma secondo me è meglio lasciarle intere e dividere poi il rotolo alla fine. Quindi procedete così: sgonfiate ciascuna palla di pasta delicatamente (quella bianca e poi quella al cacao), formate un rettangolo e fate una serie di pieghe del primo tipo in questo modo: prendete il lato destro del rettangolo e portatelo verso il centro, poi prendete il sinistro e fate lo stesso, coprendo completamente gli altri due (dovreste ottenere un rettangolo allungato di tre strati); girate di 90° e ripetete l’operazione; dovreste ottenere un panetto simile ad un libro. Ripetete l’operazione con l’altra metà della pasta. Copritele con pellicola e fate riposare un’ora (sempre al riparo da correnti d’aria ed in ambiente tiepido).
Prendete l’impasto bianco, stendetelo in un rettangolo di circq 30X45 cm; prendete, poi, l’impasto al cacao e stendetelo in un rettangolo di crica 28X45 cm (mi raccomando, stendeteli bene; io non ci sono riuscita e, quindi, ho ottenuto dei rettangoli più piccoli che hanno creato meno spire all’interno, a discapito dell’effetto finale!). Poggiate il rettangolo al cioccolato su quello bianco e, partendo dal lato più lungo, arrotolate stretto, premendo bene ad ogni giro e sigillando bene alla fine il filoncino. Spezzatelo a metà con la spatola ed adagiate i due filoncini, ponendo la chiusura in basso, in due stampi da plum cake rivestiti di carta forno.
Spennellate i filoncini con una miscela di uovo sbattuto e latte e coprite gli stampi con un canovaccio.
Lasciate lievitare per altre 3-4 ore (i miei hanno impiegato meno di tre ore per riempire gli stampi, ma il tempo dipende dalla temperatura dell’ambiente), spennellateli nuovamente con l’uovo ed il latte ed infornateli in forno già caldo a 175° per 30 minuti (i tempi di cottura, ovviamente, variano da forno a forno!).
Sfornate e lasciate raffreddare i due filoncini. Affettateli a fette spesse circa un centimentro (oggi le mie sono più spesse, perchè erano davvero troppo soffici per essere tagliate più sottili), che adagerete in due teglie rivestite di carta forno. Procedete con la biscottatura. Oggi, per la fretta, le ho biscottate a 200° per dieci minuti circa, invece che a 150° per un’ora. Ricordate che devono asciugarsi benissimo anche all’interno, altrimenti non si conserveranno a lungo.

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domenica 13 febbraio 2011

Carciofi “in piedi”

Questi carciofi vengono dritti dritti dalla cucina di mia madre. E dato che sono davvero buonissimi, ho pensato di pubblicarli, benché abbia postato una nuova ricetta soltanto ieri.

Noi (o forse dovrei dire lei?) li abbiamo sempre chiamati “carciofi in piedi”, perché di fatto vengono disposti “in piedi” l’uno vicino all’altro nel tegame, durante la cottura, ma a Palermo credo siano più noti come carciofi imbottiti, o carciofi alla villanella.
Sono adatti sia come antipasto che come ricco contorno e qui nella mia città (ed in genere in Sicilia) sono davvero molto diffusi.

carciofi_in_piedi_s

Come spesso accade con i piatti poveri della tradizione locale, ogni città, per non dire ogni famiglia, ha la propria versione, che apporta varianti più o meno significative alla preparazione di base. 

In questa versione, ad esempio, manca un ingrediente che quasi tutti usano: il formaggio. Di solito, infatti, al ripieno viene aggiunto del caciocavallo fresco, o del primosale; un formaggio dal sapore deciso (che io non amo, ragion per cui a casa mia non si usa). Inoltre, noi li facciamo “in bianco”, mentre molti aggiungono un pizzico di salsa di pomodoro, sia al ripieno, sia in cottura. In compenso, oggi mia madre ci ha messo qualche pezzetto di mortadella, che, non l’avrei mai detto, ma ci sta una meraviglia!

Insomma, questa volta noi li abbiamo ok, ok…le li ha fatti così.

Ingredienti

5 carciofi con le spine
6 cucchiai colmi di pangrattato
1 mazzetto di prezzemolo
1 cucchiaino di parmigiano grattugiato
2 spicchi di
aglio rosso di Nubia (va bene anche l’aglio comune, purchè non sia cinese)
4 filetti di acciughe sott’olio
1 rametto di timo
1 fettina di mortadella (facoltativa)
1 fetta di mozzarella fior di latte (sostituibile con del caciocavallo o del primosale)
olio extravergine di oliva
1 o 2 patate (se necessarie)

Preparazione

Preparate una capiente ciotola piena d’acqua acidulata con il succo di un limone, che lascerete immerso nella ciotola dopo averlo spremuto. Munitevi di guanti in lattice, oppure strofinatevi energicamente le mani con un limone, al fine di evitare che si anneriscano durante la pulizia dei carciofi. Private i carciofi delle foglie più esterne, poi, quando raggiungerete quelle più tenere, tagliateli a circa due terzi dalla base, eliminando le spine e la parte terminale (e più dura) delle foglie. In questa pagina trovate illustrata, con tanto di foto passo passo, la tecnica di pulizia dei carciofi con le spine, ma badate di fermatevi al punto n.6, perchè per questa ricetta non occorre nè rimuovere la base delle foglie, né, ovviamente, tagliare i carciofi!. Per i più esigenti, è possibile anche rimuovere, con delle forbici da cucina, le piccolissime spine che rimangono nel cuore del carciofo, attaccate alle foglioline più interne. Ma sappiate che non è indispensabile.
Tenendo il carciofo con entrambe le mani, allargate un po’ le foglie, usando i pollici, in modo da scostarle leggermente una dall’altra (servirà a far entrare meglio il ripieno), quindi immergetelo nell’acqua e limone. Ripetete l’operazione con gli altri carciofi.
Se avete a disposizione anche i gambi, “sbucciateli”, con il coltello o il pelapatate, eliminando la parte esterna e dura, fino a che troverete l’interno più chiaro e tenero. Uniteli ai carciofi immersi nella ciotola di acqua acidulata.

Preparate il ripieno. In un padellino antiaderente, sciogliete su fuoco bassissimo i filetti di acciuga; unite il pangrattato e fatelo brustolire, mescolando continuamente, per pochi minuti, diciamo due o tre; non deve tostarsi del tutto, soltanto dorare appena. Versate il pangrattato tostato in una ciotola ed unitevi il prezzemolo tritato, il timo, un po’ di parmigiano (anche più di un cucchiaino se piace), l’aglio tritato finissimo (deve quasi sciogliersi in cottura), la mozzarella (o uno dei formaggi che vi ho suggerito sopra) a dadini e la mortadella a pezzetti (che, però, come vi dicevo prima, è un’aggiunta estemporanea, non fa parte della ricetta originale). Amalgamate il composto con abbondante olio d’oliva.

Prendete i carciofi e preparate un pentolino o casseruola che li contenga di misura. Eventualmente, riempite gli spazi tra uno e l’altro con delle patate sbucciate e tagliate a metà (cuocendo insieme ai carciofi, ne acquisteranno tutto il sapore, diventando deliziose). Prendete un carciofo, strizzatelo leggermente, allargate nuovamente le foglie e riempitelo con un po’ del composto, premendo bene con le dita in modo da farlo penetrare. Adagiate il carciofo nella pentola e proseguite con gli altri. Se vi avanzasse del composto, distribuitelo sopra i carciofi alla fine. Infilate gli eventuali gambi negli spazi vuoti. Versate nella pentola acqua sufficiente a coprire i carciofi fino ad un dito sotto al bordo, condite con un bel filo d’olio (in questa ricetta non bisogna essere parsimoniosi con l’olio, ed occorre sceglierne uno robusto, dal sapore intenso, ma non acre) ed un pizzico di sale.

Cuocete su fiamma bassissima, per i primi 5 minuti con il coperchio, poi proseguite per altri dieci minuti circa tenendo il coperchio un po’ aperto con un mestolo di legno, in modo da agevolare la fuoriuscita del vapore, mantenendo, però, la giusta umidità nel recipiente. Saggiate la cottura con una forchetta, deve affondare agevolmente fino al fondo del carciofo. Abbiate cura di non far asciugare tutto il sughetto.

Gustateli tiepidi o anche a temperatura ambiente.



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sabato 12 febbraio 2011

Cestini di polpette speziate

Ecco finalmente il secondo piatto preparato per la cena della Vigilia di Natale. Chi non ha seguito i post precedenti, penserà che io sia rimasta indietro di un paio di mesi, ma chi mi segue saprà che sto pubblicando, seppur lentamente, le ricette delle pietanze preparate la vigilia di Natale.

Come per i ravioli, anche queste polpette sono state ripreparate la settimana scorsa appositamente per immortalarle e poterle pubblicare! Rispetto alla versione della Vigilia, però, ci sono alcune differenze: qui mancano la marmellata di cipolle di Tropea, che è fondamentale per la buona riuscita della ricetta, e le polpette di pesce spada ai pistacchi, che spero di potervi mostrare presto (non appena le rifarò!).
Dovendole rifare, ho approfittato dell’occasione per perfezionare la ricetta. In particolare, questa volta i semi di papavero li ho uniti nell’impasto delle polpette, anziché spargerli sui cestini, e ho optato per una cottura in forno, che ha reso le polpette assai più leggere.

Questi cestini, che avevo già preparato tantissimo tempo fa, agli albori della mia passione culinaria (li trovate qui, sebbene quasi mi vergogni di quelle vecchie immagini), li ho visti su un vecchio numero di Cucina Italiana.

cestino_polpette_s

A proposito di riviste di cucina… (vi tocca un post-pistolotto bello lungo…ogni tanto concedetemelo!). Giorni fa, ho preparato due ricette tratte da una rivista di cucina (non quella indicata sopra); nessuna delle due è riuscita come mi aspettavo, o come promettevano le belle immagini patinate. Non che le ricette fossero del tutto inattendibili, o magari sbagliate, ma necessitavano di piccoli (o grandi) aggiustamenti che solo una certa esperienza in cucina mi ha permesso di intuire. Fossi stata una principiante, non credo sarei riuscita a capire cosa fare.

E questo mi ha fatto riflettere sull’utilità dei food blog. In genere, le ricette tratte da un blog sono piuttosto affidabili e lo sono perché, spesso, sono state già testate o modificate dall’autore del blog, che ha provveduto ad operare quei piccoli aggiustamenti di cui sovente abbisognano le ricette. E poi un blog garantisce un costante rapporto con l’autore, cui si possono fare domande, esprimere dubbi o, persino, dare suggerimenti su come migliorare la preparazione. L’autore di un blog non teme di rivelare le difficoltà che ha avuto, i tentativi falliti, l’ingrediente “x” che gli ha dato un buon risultato, o quello che, invece, si è rivelato inadatto alla preparazione. I food blog parlano di cucina in un modo nuovo, eppure antico. Hanno reinventato quello che una volta era il passaparola tra le mamme, le nonne, le vicine di casa. Sono come la fusione dei quaderni di famiglia di migliaia (milioni?) di persone. Raccolgono esperienze individuali, che diventano collettive grazie alla rete, rendendo quelle stesse ricette, che troviamo sui libri e sulle riviste di cucina, “vive”. Penso sia questa una delle ragioni del successo dei food blog; e penso sia uno dei pregi della multimedialità.

Certo, il lato negativo è che diventa sempre più difficile rintracciare le versioni originali, ci sono talmente tante stratificazioni intorno ad una ricetta, che si fatica a capire come fosse in origine…ma questa è un’altra questione. E ve la risparmio, che per oggi ho sentenziato anche troppo, per i miei standard! Occhiolino

E, dunque, finalmente, torniamo alla ricetta.

Ingredienti (per 8 persone):

2 rotoli di pasta sfoglia
2 cucchiai di semi di papavero
2 uova
400 g di polpa macinata di vitello
400 g di polpa macinata di maiale
100 g di speck
4 fette di pane a cassetta
latte q.b.
sale, pepe, kummel, zenzero
salvia, alloro
mezzo bicchiere di vino bianco

a piacere, uovo per spennellare i cestini (io non l’ho usato)

Preparazione

Vi riporto il procedimento seguito quest’ultima volta, con la cottura in forno, che trovo migliore, ma se preferite cuocerle in padella trovate il procedimento qui.

Preparate i cestini di sfoglia. Ritagliate, con una rotella tagliapasta, 8 dischi di sfoglia di dimensioni adatte ai vostri stampi per crostatina (i miei erano di 10 cm di diametro, in carta forno usa e getta….una gran comodità!). Adagiate i dischi negli stampi, bucherellateli con i rebbi di una forchetta e copriteli con un pezzetto di carta forno e delle biglie di ceramica (o pesi, o fagioli, o quel che vi pare), affinché non si gonfino troppo. Io, a Natale, avevo fatto queste operazioni un giorno prima, lasciando in frigo gli stampini pronti per essere infornati.
Cuoceteli in forno già caldo a 200° per circa 10-15 minuti, avendo cura di rimuovere i pesi circa 5 minuti prima del termine della cottura, per far dorare bene anche il fondo dei cestini. Sfornateli e teneteli da parte.

Ammollate il pane a cassetta privato della crosta nel latte per circa 10 minuti. In una ciotola capiente mescolate la carne, le uova, lo speck tagliato molto finemente, il sale, il pepe, le spezie (kummel o cumino nero e lo zenzero, meglio se fresco), i semi di papavero e le erbe aromatiche tritate finemente. Mescolate il composto e poi formate delle piccole polpette, da circa 20 g ciascuna. Adagiatele in una pirofila spennellata d’olio, versatevi sopra un po’ di vino bianco (non devono esserne coperte, basta poco) e cuocetele in forno già caldo a 190-200°per circa 15 minuti, girandole a metà cottura.

Componete i piatti: disponete sul fondo un po’ di insalata (per Natale la mia era lattuga, finocchi tagliati sottilissimi ed arance), adagiatevi il cestino, riempitelo con 8 polpettine e terminate con una generosa cucchiaiata di marmellata di cipolle. Servite immediatamente.

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domenica 30 gennaio 2011

Fette Biscottate con Lievito Madre

Interrompo la serie di post dedicati alla mia cena della Vigilia (di questo passo sarà Pasqua prima che io finisca di pubblicare le ricette di Natale…), per pubblicare queste fette biscottate.
Da quando ho iniziato a farle in casa, sono diventate la mia passione, le preparo tutte le settimane e spariscono in un baleno. Dopo essermi specializzata nella ricetta con il lievito di birra (la trovate qui), ho deciso di provare ad usare il lievito madre. Soprattutto perché, con tutta la fatica che mi costa tenerlo, curarlo e rinfrescarlo, devo pur trovare qualcosa da farci, non vi pare??
Il pane non sempre riesco a farlo, perchè i lunghissimi tempi di lievitazione non mi consentono quasi mai di sfornarlo in tempo utile per la cena. Crackers e grissini sono buonissimi, ma non riesco a conservarli tanto a lungo (a voi quanto durano?), e non li consumo abbastanza spesso. Così la scelta è caduta sulle fette biscottate.
Le fette biscottate, ormai, sono divenute la mia colazione preferita, hanno pochissimi grassi, poco zucchero e, almeno in questa ricetta, non contengono nemmeno uova. Quindi, sono perfette, oltre che per la colazione, anche come snack per ogni momento della giornata. Con questa ricetta, poi, ho ottenuto una consistenza ideale, croccante e friabile, esattamente uguale a quella delle fette biscottate industriali!
Per la ricetta mi sono affidata al mio nuovo libro “La Pasta Madre”, di Antonella Scialdone, una blogger (il suo sito è PAPPA-REALE.net) veramente esperta in materia di lievitazione naturale (la ricetta originale prevedeva l’orzo in metà impasto, ma io non l’ho usato).
Unica nota negativa? I tempi!!! Come in tutte le preparazioni con il lievito madre, purtroppo. Perciò, armatevi di pazienza e cercate di incastrare i vostri impegni tra una lievitazione e l’altra. Domenica scorsa ho iniziato alle 11 del mattino e ho sfornato i filoncini attorno all’ora di cena. Poi, incapace di attendere le 12 ore di riposo previste prima della biscottatura, le ho affettate e biscottate verso le 22,00, terminando quasi a mezzanotte.
Oggi (ho iniziato ad impastarle alle 10, con il lievito rifrescato ieri sera) dovrei infornarle verso le 17.30, ma ho un battesimo alle 16 e davvero non so come fare!
Fette biscottate_LM_s
Ingredienti
470 g di farina 0
115 g di acqua
115 g di latte
150 g di pasta madre rinfrescata (per me la sera prima)
75 g di zucchero
5 g di sale
7 g di malto d’orzo
28 g di olio extravergine di oliva leggero (in mancanza, olio di semi di arachide)

per spennellare: 1 uovo
4 cucchiai di latte

Preparazione
Se, come me, usate pasta madre rinfrescata la sera precedente, tiratela fuori dal frigo circa un’ora prima di usarla, affiché torni a temperatura ambiente.
Setacciate la farina. Mescolate insieme l’acqua ed il latte, unitene due cucchiai all’olio e poi scaldate leggermente (deve essere tiepido, non caldo e men che mai bollente) il resto. Spezzettate la pasta madre nella ciotola dell’impastatrice (o in una capiente ciotola, se impastate a mano), aggiungete l’acqua ed il latte tiepido (tenetene da parte un pochino, per quando unirete lo zucchero) e sciogliete bene il lievito con la frusta, con una forchetta o, infine con le mani, fino a quando sarà tutto liquido. Io, naturalmente, faccio tutto con l’impastatrice, ma gli impasti con il lievito madre secondo me sono piuttosto facili da impastare anche a mano.
Aggiungete, nell’ordine (ed arrestando la macchina mentre lo fate), il malto, la farina, un terzo dello zucchero (insieme ad un po’ del liquido tenuto da parte), poi il resto dello zucchero (insieme al rimanente liquido tenuto da parte) ed il sale. Fra un ingrediente e l’altro, continuate ad impastare; se il composto dovesse sembrarvi troppo denso quando unirete zucchero e sale con i liquidi tenuti da parte, potete unire qualche altra goccia d’acqua (ma proprio pochissima, se vedete che gli ingredienti non riescono ad amalgamarsi). Quando zucchero e sale saranno incorporati, emulsionate con l’aiuto di un piccolo frullino da caffè, come questo qui della Brandani, o con una forchetta o una frustina, l’olio e i due cucchiai di latte mescolati prima. Uniteli molto lentamente all’impasto e continuate  a lavorare fino a che sarà bello liscio, elastico ed omogeneo. Ci vorranno circa 15 minuti.
Raccogliete la pasta a palla, mettetela in una grande ciotola (potete anche rimetterla in quella usata per impastare), copritela con pellicola trasparente e lasciatela lievitare tre ore al riparo da correnti d’aria.
Spezzate la pasta in due porzioni, sgonfiate ciascuna delicatamente, formate un rettangolo e fate una serie di pieghe del primo tipo in questo modo: prendete il lato destro del rettangolo e portatelo verso il centro, poi prendete il sinistro e fate lo stesso, coprendo completamente gli altri due (dovreste ottenere un rettangolo allungato di tre strati); girate di 90° e ripetete l’operazione; dovreste ottenere un panetto simile ad un libro. Ripetete l’operazione con l’altra metà della pasta. Copritele con pellicola e fate riposare un’ora (sempre al riparo da correnti d’aria ed in ambiente tiepido).
Sgonfiate di nuovo le porzioni, una alla volta, formando un rettangolo che arrotolerete dal lato più lungo, verso di voi (partite cioè dal lato più lontano ed arrotolate verso di voi), schiacciando con i pollici ad ogni giro. Otterrete un salsicciotto, che adagerete in uno stampo da plum cake rivestito di carta forno o imburrato. Fate lo stesso con la seconda porzione di pasta. Spennellate i filoncini con una miscela di uovo sbattuto e latte e coprite gli stampi con un canovaccio.
Lasciate lievitare i due filoncini per altre 4 ore (la pasta deve crescere fino a riempire tutto lo stampo), spennellateli nuovamente con l’uovo ed il latte ed infornateli in forno già caldo a 175° per 30 minuti (i tempi di cottura, ovviamente, variano da forno a forno!).
Sfornate e lasciate raffreddare i due filoncini.
A questo punto, la ricetta prevede un riposo dei filoni cotti di dodici ore. Io ho semplicemente atteso che si raffreddassero completamente, poi li ho affettati (con qualche difficoltà confesso, perchè erano soffici come brioches) a fette spesse circa un centimetro (o poco più) ed ho biscottato le fette (poste su teglie coperte di carta forno) a 150°per circa un’ora. 
AGGIORNAMENTO: per via del battesimo di cui parlavo sopra, questa volta ho biscottato le fette la mattina successiva e devo dire che sono venute meno friabili, un po' troppo croccanti e durette, quindi ritengo sia meglio biscottarle subito dopo il raffreddamento.
 Mi sono venute un po’ più di due teglie, quindi ne ho infornate prima due e poi una sola e mi sono accorta (bella scoperta, lo so…ma non ci avevo pensato!) che la teglia singola ci mette molto meno, credo appena 40 minuti, quindi regolatevi di congeguenza. Lasciatele raffreddare completamente e conservatele in una scatola di latta o un contenitore ermetico.
Questa settimana le ho provate inzuppate in una bella tazza di latte…deliziose!

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domenica 23 gennaio 2011

Ravioloni ripieni di bieta e scamorza con crema di ricotta

Dopo tanta attesa, pubblico il primo piatto che ho servito alla cena della vigilia.

Sappiate che c’è una ragione se ci ho messo così tanto. Ricordate che, nel post dedicato al menù, vi ho detto di aver fatto pochissime foto, di cui non ero per nulla soddisfatta? Ebbene, per non essere costretta a pubblicare foto che non mi soddisfaceva appieno, ho deciso di rifare i piatti cucinati quella sera. Non è detto che rifaccia proprio tutto, ma intanto oggi a pranzo abbiamo mangiato di nuovo questi ravioli..e non è stato un gran sacrificio!

Con l’occasione, ho fatto qualche modifica, variando il ripieno (scamorza affumicata invece che bianca), le quantità (ho aggiunto più scamorza) e la forma (delle grandi mezzelune, invece che dei ravioli tondi, di circa 5 cm di diametro).
Ancora non sono perfettamente soddisfatta della quantità di scamorza; la ricetta originale ne prevede 100 g su 400 di bieta, io ne ho usati la prima volta il doppio, oggi ho usato tanta bieta quanta scamorza, ma proverò ad aumentarla ancora, per avere un ripieno più “filante”.

L’idea di questi ravioli proviene dal libro “Cookaround, la cucina degli italiani”, Castelvecchi editore, e precisamente dalle Caramelle ripiene di bieta e scamorza che ci sono a pagina 90. Io ho utilizzato quel ripieno, che mi è parso subito buono, originale ed anche semplice, ma ho modificato sia la pasta, sia le proporzioni del contenuto.

Ecco quindi la mia versione, che tiene conto anche delle varianti apportate oggi.

ravioli_1_s

Ingredienti (per 8 persone, circa 70 ravioloni da 5 cm di diametro)

per la sfoglia

350 g di farina 00
150 g di semola di rimacinato
4 uova
2,5 g di sale
4 cucchiai d’acqua (eventuali)

per il ripieno

500 g di bieta lessata (pesata dopo averla ben strizzata)
400-500 g di scamorza affumicata (o bianca)
1 uovo
sale
pepe
noce moscata

per il condimento

600 g di ricotta di pecora freschissima
sale
pepe
noce moscata
olio extravergine d’oliva

Preparazione

Iniziate con le biete. Non so dirvi quante ne occorrano crude per ottenere 500 g di biete lessate e strizzate benissimo. Credo almeno 10 mazzi (da noi si vendono a mazzi…). Io le ho dovute comprare e cuocere almeno 2 volte ed una parte me le ha preparate mia madre.
Lavate bene la verdura, pulitela e lessatela in abbondante acqua bollente salata per circa 10 minuti, poi scolatela e, una volta fredda, strizzatela tra le mani più volte, in modo da eliminare tutta l’acqua. A questo punto, pesatela.
Tagliate a grossi pezzi la scamorza. La prima volta ho usato una scamorza bianca, piuttosto soda. Oggi, invece, ho usato una scamorza di bufala delicatamente affumicata; trovo che ci stia decisamente meglio, conferendo carattere al piatto, senza però risultare invadente o predominare troppo gli altri sapori.
Per avere un ripieno ben omogeneo, io ho scelto di usare il frullatore, ma potete tranquillamente mescolare tutto a mano. Mettete in una ciotola, o nel mixer, le biete lessate, la scamorza ed un uovo. Mescolate il tutto, aggiungendo poco sale, pepe ed una abbondante grattata di noce moscata.

Passate adesso alla pasta. Fate una fontana con le farine mixate, versateci le uova ed iniziate a mescolare (io ho usato il Kenwood, con il gancio), quindi aggiungete il sale; se necessario, unite uno alla volta, qualche cucchiaio di acqua, quanto basta per far compattare l’impasto. Lavorate a lungo, a mano o con il robot, fino ad ottenere una pasta liscia ed omogenea, ma NON appiccicosa. E’ importante non eccedere con l’acqua, perchè vi occorre una pasta ben soda, non troppo morbida, altrimenti potrebbe rompersi in cottura. Copritela con pellicola trasparente e fatela riposare per circa 30 minuti.

Stendete la sfoglia (io ho utilizzato la sfogliatrice del Kenwood e ho tirato la sfoglia fino al n° 8 la prima volta, al n° 7 per le mezze lune di oggi, che essendo più grandi necessitavano, secondo me, di un maggiore spessore), distribuitevi il ripieno (un cucchiaino per i ravioli piccoli), coprite con un’altra sfoglia di pasta e tagliate i ravioli con l’apposito stampino (questo qui). A Natale, a furia di fare ravioli, ho spezzato lo stampo!
Oggi, invece, ho fatto delle grandi mezze lune, usando questo stampo (ovviamente dovrete procedere in modo diverso, tagliando dei quadrati di pasta, collocandoli nello stampo, distribuendo il ripieno su una metà e poi chiudendoli pressando).

Collocate i ravioli su un vassoio ben infarinato, senza sovrapporli.

A questo punto, se volete, potete congelarli, lasciandoli ben distesi e separati fino al completo congelamento; una volta induriti, potrete anche trasferirli in un sacchetto di plastica per congelare, senza rischiare che si attacchino. Al momento di usarli, basterà metterli nell’acqua bollente ancora congelati e lasciarli cuocere qualche minuto in più (non ho tempi da indicarvi, vale l’assaggio!)

Cuocete i ravioli in abbondante acqua bollente salata, avendo cura di metterne pochi alla volta; impiegheranno un paio di minuti. Mettete la ricotta in una ciotola, aggiungete un’idea di sale e pepe, ed un goccio d’olio; mescolate energicamente la ricotta con una forchetta, aggiungendo man mano acqua bollente prelevata dalla pentola della pasta fino a trasformare la ricotta in una crema liscia. Se volete, potete emulsionarla con una frusta a mano. Scolate i ravioli con un “ragno” o con un mestolo forato e conditeli con la ricotta, mescolando delicatamente per non romperli. Impiattate, spolverate con un’altra grattatina di noce moscata e servite ben caldi.

Questa qui sotto è l’unica foto che avevo scattato la prima volta ai ravioli mentre li preparavo. Un po’ triste, vero? E’ molto meglio vederli in versione definitiva, cotti e conditi con la loro golosa crema candida!

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domenica 9 gennaio 2011

Panini semidolci (Sorelle Simili)

Ecco finalmente la prima ricetta del mio menù di Natale.
Sono certa che molti di voi già conosceranno questi strepitosi e versatili panini, così semplici da essere veramente alla portata di tutti, anche di chi non ha un’impastatrice. La pasta diventa liscia e vellutata in men che non si dica, è davvero un piacere lavorarla ed i panini, seguendo i consigli dati dalle sorelle Simili nel loro libro Pane e roba dolce (un vero must have per qualsiasi appassionato di lievitati), si conservano benissimo e possono essere preparati con largo anticipo.

Come forse avrete letto, io li ho farciti con tre diversi ripieni: zucchine grigliate e tonno affumicato; ricotta, pomodori secchi e marmellata di cipolle; speck, scamorza affumicata e radicchio al forno.

panini_semidolci_s

Ma andiamo con ordine. Intanto vi do la ricetta, poi vi dico come li ho conservati.
Ah, un’ultima cosa, io ho fatto delle pezzature medio-grandi, da 50 grammi, ma forse avrei potuto farli anche più piccoli, diciamo da 30 grammi, ottenendo proprio dei piccoli panini da mangiare in un sol boccone.

Ingredienti (per circa 16 panini da 50 g):

500 g di farina 00 di forza *
200 g di acqua circa
37 g di lievito di birra
75 g di burro
25 g di strutto
7,5 g di sale
50 g di zucchero

* poiché la 00 che si trova nei supermercati non è una farina di forza, io ho usato una farina 0 biologica

Preparazione e conservazione

Setacciate la farina e disponetela a fontana nella ciotola dell’impastatrice o sul piano di lavoro. Sciogliete il lievito in 150 g di acqua tiepida  e tenete il resto a portata di mano. Versate il lievito sulla farina ed  iniziate ad impastare, appena si sarà amalgamata smettete di impastare, unite un terzo dello zucchero e versate una parte dell’acqua che avevate conservato; impastate di nuovo fino ad incorporare lo zucchero, quindi fermatevi ed unite il resto dello zucchero e un’altra parte dell’acqua, tenendone soltanto un cucchiaio. Impastate ancora brevemente per far assorbire lo zucchero. A questo punto, unite il sale sciolto nell’ultimo cucchiaio di acqua e continuate a lavorare. Infine, unite il burro e lo strutto poco alla volta, a piccoli fiocchi, lavorando bene per farli assorbire. Quando avrete finito di amalgamarli, la pasta sarà già soffice e liscia (bata meno di un quarto d’ora di lavorazione circa, ma ovviamente dovrete lavorarla fino a quando non sarà bella liscia e vellutata). Lavorate ancora un po’, fino ad ottenere una pasta soffice ma non appiccicosa, ovvero fino a che si formerà “il velo”, ossia quando prendendo un pezzetto di pasta, tirandolo tra le dita procedendo dal centro verso i bordi, vedrete che non si spezzerà ma si tenderà sempre di più formando un sottilissimo velo.

Coprite la pasta a campana (oppure coprite la ciotola con pellicola) e lasciate riposare, al riparo da correnti d’aria, per circa un’ora. Sgonfiate appena l’impasto, e schiacciatelo senza lavorarlo troppo, quindi arrotolatelo con i pollici formando un filone.

Dividete il filone in tanti pezzi di uguale peso (io ho usato la bilancia) e procedete a formare i panini: sgonfiate ogni pezzetto di impasto fino a formare una specie di rettangolo, arrotolatelo dall’alto verso il basso premendo leggermente con i pollici mentre arrotolate; otterrete un “filoncino”. Giratelo di 90° in modo che sia in verticale di fronte a voi ed arrotolatelo come prima, premendo con i pollici. Otterrete un filoncino più corto. Mettetelo “in piedi” sul tavolo con l’apertura davanti (voi cioè non dovete vederla) e piegatelo a metà sempre verso avanti. Otterrete una pallina irregolare. Poggiate la mano sul piano di lavoro in modo da formare una specie di “caverna”, badando che il mignolo ed il pollice non si stacchino mai dalla superficie. Mettete al centro della mano la pallina e rotolatela sul piano di lavoro dall’esterno verso l’interno (in senso antiorario se usate la mano destra) fino a quando sentirete che farà più resistenza e sarà diventata ben compatta. In alternativa, per stringere bene la pallina potete rotolarla energicamente sul piano di lavoro sotto il palmo della mano, senza però spostare la mano (facendo come dei cerchi sul posto, per intenderci), allentando la pressione man mano che la sentirete diventare più soda.
Le sorelle Simili nel loro libro scrivono che “la pallina deve risultare ben liscia nella parte superiore (quella, per intenderci, che è stata a contatto diretto con la vostra mano) con un buchino in quella inferiore”. Pizzicate la parte inferiore della pallina per chiuderla bene e mettetela sulla teglia coperta di carta forno. Procedete nello stesso modo per tutte le palline di impasto e disponetele ben distanziate sulla teglia. Spennellatele con un uovo sbattuto lasciatele lievitare per circa 60 minuti. Devono più che raddopppiare. Preriscaldate il forno a 210° e cuocetele per circa 12-15 minuti (i tempi cambiano da forno a forno ovviamente). La parte superiore deve risultare ben dorata, ma sotto e lateralmente non devono colorirsi troppo. Otterrete dei panini soffici quasi come brioches, profumati e deliziosi. Lasciateli raffreddare completamente su una griglia.

Per la conservazione, ho seguito i consigli delle sorelle Simili, secondo cui questi panini “si conservano benissimo nel congelatore e non è vitale scaldarli quando ne escono, basta solamente dar loro il tempo di tornare a temperatura ambiente”. Infatti, io li ho congelati e poi, la sera della cena, li ho tirati fuori dal freezer verso le 6; attorno alle 8 erano già scongelati e pronti per essere farciti, senza bisogno di passarli al microonde.

Li ho serviti sul piatto da portata, indicando i vari tipi di ripieni in etichette simili a quelle della foto, solo in versione natalizia, ovviamente!

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lunedì 3 gennaio 2011

Il Menù di Natale

Prima che finiscano le feste, come promesso, vi racconto il menù della Vigilia.
Premetto che a casa nostra non ci sono tradizioni da osservare a proposito delle pietanze natalizie, quindi ho potuto scegliere liberamente cosa cucinare.

Volevo un menù semplice eppure particolare, senza piatti troppo elaborati ma che comunque riservasse delle sorprese. Per evitare di trovarmi il 24 a dover cucinare un mucchio di cose, riducendomi distrutta a fine serata, ho scelto pietanze che potevo preparare con largo anticipo e poi surgelare, riservando per l’ultimo momento soltanto la cottura o la farcitura.

Il menù della vigilia di Natale, rigorosamente annotato sul mio libro degli ospiti, è stato questo:

libro_degli_ospiti copia

Panini semidolci delle sorelle Simili farciti con:

1. Tonno affumicato e zucchine grigliate
2. Speck, scamorza affumicata e radicchio al forno
3. Ricotta, pomodori secchi e marmellata di cipolle

Ravioli ripieni di biete e scamorza, conditi con ricotta fresca

Cestini di polpette speziate, con marmellata di cipolle

Pane fatto in casa con lievito madre

Insalata di lattuga, finocchi ed arance

Cassata al forno (cioè, crostata di ricotta, per i non siciliani!).

Di tutto quello che ho elencato, non ho fotografato quasi nulla, e dire che avevo fatto tutto in anticipo! Davvero non so come mai, ero così presa dalla preparazione ed organizzazione che mi sono proprio dimenticata delle foto.
Di quel che ho casualmente fotografato, pubblicherò la ricetta, anche se si tratta di foto che non mi soddisfano e che, in casi diversi, non avrei pubblicato, foto scattate sulla tavola già imbandita, con poca luce, senza cura, ben diverse dalle foto che mi piace pubblicare su questo spazio. Faccio un’eccezione perchè rappresentano per me il ricordo di una serata speciale e voglio condividerle con voi.
Del resto..non so, vedremo.

Quanto alla tempistica, io mi sono organizzata così:

I panini, i ravioli ed il pane sono stati preparati una settimana prima (in giorni diversi) e poi congelati. L’unica cosa che ne ha risentito è stato il pane, ma trattandosi di un prodotto a lunghissima lievitazione non avrei potuto prepararlo il giorno stesso.
Un  paio di giorni prima, mi pare il 22, ho fatto la marmellata di cipolle, che poi ho coservato in frigo in vasetti di vetro.
il 23 ho ritagliato la pasta sfoglia (preparata in precedenza anche quella) e l’ho messa negli stampini, già pronta per essere infornata il giorno successivo.
La mattina del 24 ho preparato la cassata al forno, ma la crema era pronta già dal giorno precedente (anche in questo caso, vi fornirò maggiori dettagli quando pubblicherò la ricetta).
Nel pomeriggio ho tirato fuori i panini dal congelatore e li ho lasciati rinvenire a temperatura ambiente. In un paio d’ore erano scongelati e li ho farciti.
Le polpette, sia di carne che di pesce, le ho preparate il 24 e le ho cotte al momento di servirle, ma forse avrei potuto cuocerle qualche ora prima.

Ecco tutto. Presto inizierò a postare le ricette, nel frattempo auguro a tutti buon anno!

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