lunedì 21 marzo 2011

Le piccole cose: il pane “cafone” con lievito madre

Ho sempre voluto che in questo blog si parlasse solo e soltanto di cucina. Niente cronaca, niente politica, niente attualità. “Se questo blog deve essere il mio quaderno di ricette virtuale”, – mi dicevo- “non ha senso che ospiti argomenti diversi dalla cucina”. D’altro canto, quando mai, sfogliando un libro  di cucina, ci si trova a leggere di politica?

Ultimamente, però, mi riesce davvero difficile venir qui a parlare allegramente di cucina. Tra disastri naturali, catastrofi nucleari incombenti e guerre ormai davvero troppo vicine a casa mia, proprio non me la sentivo di parlare di cibo.
E così, per non tradire lo spirito del mio blog parlando di argomenti che esulano dalla cucina e dal cibo, ho taciuto.

Oggi, però, ho cambiato idea, perché credo che in tempi come questi sia più che mai necessario stringersi attorno i propri affetti e dedicarsi ai passatempi preferiti, coltivare la quotidianità (che mai appare così cara come quando la sentiamo minacciata), godere delle piccole cose. Come preparare il pane, ad esempio. Che regala un piacere semplice eppure unico. Benché a volte mi pesi, sotto sotto adoro accudire il mio lievito madre, nutrirlo e poi utilizzarlo per creare cose come questo pane, fragrante e genuino, da condividere con il mio amore.

Lo so che è solo una pagnotta e non c’è mica da commuoversi, eppure vi giuro che quando l’ho sfornata mi sono sentita come un’artista che abbia appena dato vita ad un capolavoro. Mi  sento come la mamma del Mulino Bianco, moglie e casalinga perfetta, sempre bellissima e sorridente, che prepara con amore la tavola per i propri cari. Con la rilevante differenza che io i prodotti non li tiro fuori da una confezione, ma li sforno con le mie mani!

pane_cafone_s

La ricetta proviene pari pari (salvo il dimezzamento delle dosi) dal mio ultimo libro-feticcio, la mia passione del momento, quello che sfoglio e consulto continuamente: La pasta madre, di Antonella Scialdone. Questo pane è senza ombra di dubbio il miglior pane che abbia fatto fino ad ora con il lievito naturale. Nel prepararlo, ho seguito il suggerimento che Antonella è stata così gentile da lasciarmi qui, che mi ha permesso di avere un delizioso pane appena sfornato per il pranzo della domenica, senza dovermi alzare all’alba.

Questo pane, o meglio, un pane simile a questo, faceva parte del menù di Natale, del quale temo non finirò di narrarvi prima del prossimo anno…

Ingredienti (per una pagnotta da circa 500 g)

90 g di farina manitoba
210 g di farina “0”
210 g di acqua
100 g di pasta madre rinfrescata
mezzo cucchiaino di malto d’orzo
7 g di sale

Preparazione

Io ho utilizzato l’impastatrice, ma si può tranquillamente impastare a mano, seguendo le dettagliate indicazioni fornite da Antonella Scialdone sul suo libro. Inoltre, io ho iniziato ad impastare nel tardo pomeriggio, ho messo in frigo dopo le pieghe e ho terminato il giorno dopo con la lievitazione e la cottura.

Mettete la pasta madre spezzettata nella ciotola dell’impastatrice, aggiungete l’acqua tiepida e con la frusta (a K) sbattete il tutto a velocità moderata fino a che il lievito si sia sciolto. Aggiungete il malto e date un’altra mescolata per farlo sciogliere. Unite la farina e dopo un attimo anche il sale, quindi impastate con il gancio a velocità 1 o 2 per circa 10 minuti. L’impasto prenderà corpo subito, ma non stancatevi di mescolare. Sostituite la frusta a K con il gancio ed impastate ancora per almeno altri 5 minuti, fino a che risulti liscio ed omogeneo. Il mio è rimasto leggermente appiccicoso, ma proprio un minimo.

Formate una palla, mettetela in una ciotola capiente (potete anche lasciarla in quella dell’impastatrice), coprite con pellicola trasparente e lasciate lievitare per due ore lontano da correnti d’aria. Sgonfiate l’impasto, formate un rettangolo e procedete con una serie di pieghe (portate la metà destra del rettangolo verso il centro, quindi prendete la parte sinistra e portate anch’essa verso il centro, sovrapponendola alla parte precedente; otterrete una sorta di salsicciotto a tre strati; appiattitelo poco, ruotatelo di 90° e ripetete l’operazione, ottenendo un panetto). Coprite con pellicola e lasciate riposare un’ora. Procedete con un’altra serie di pieghe, coprite e lasciate riposare un’altra ora.

A questo punto, saranno state circa le 22.00, io ho messo l’impasto in una ciotola cercando di non strapazzarlo troppo, ho coperto con pellicola e ho messo in frigo fino al giorno successivo, nella parte meno fredda. Al mattino, ho tirato fuori la pasta, l’ho tolta dalla ciotola e l’ho lasciata a temperatura ambiente per una mezz’ora. A questo punto ho seguito l’ultima parte del procedimento spiegato nel libro, come vi descrivo sotto.

Formate la pagnotta arrotondando l’impasto con le mani (è come se doveste rincalzare i lembi della vostra palla verso il basso), coprite, lasciate riposare per 30 minuti quindi arrotondate di nuovo. Mettete la pagnotta a lievitare in un cestino di vimini tondo coperto con un canovaccio infarinato, avendo cura di lasciare la chiusura in alto. Coprite ancora e lasciate lievitare per circa 3 ore e comunque fino al raddoppio.

Riscaldate il forno a 240°. Capovolgete la pagnotta (per me è l’operazione più difficile!) su una teglia, o sulla pietra refrattaria e cuocete in forno statico con il vapore (mettete un pentolino con dell’acqua sul fondo del forno per crearlo) per 10 minuti, poi abbassate il forno a 200° e cuocete per altri 30 minuti. Nel mio caso ne sono occorsi 40 perché diventasse ben dorato e suonasse “vuoto” quando picchettavo il fondo con un dito. Spegnete il forno, togliete il pentolino con l’acqua e lasciate in forno la pagnotta con lo sportello leggermente aperto per altri 10-15 minuti. Sfornate e lasciate raffreddare su una griglia.

Leggi la Ricetta...